Chiede un medico di famiglia
Un paziente mi ha chiesto di certificare, a scopo lavorativo, di essere stato affetto da uno stato morboso insorto gia’ alcuni giorni prima della visita, altrimenti rischia che non gli vengano pagati i giorni di malattia. Pero’ quando e’ venuto da me era ormai guarito ed era tornato al lavoro. Cosa faccio? Vorrei aiutare il paziente ma cosa rischio se accetto di predatare il certificato?
La questione e’ delicata. Il medico puo’ fare qualcosa, ma con molta cautela e attenzione. E' necessario esaminare preventivamente i diversi aspetti della questione:
- Il certificare (da certum facere) implica che il medico da' certezza legale a cio' che scrive; in altre parole e' sottinteso il concetto che " garantisco che cio' che dichiaro corrisponde a verita'".
Per questo motivo la legge impone regole molto severe, tra cui quella della "data certa" della stesura della certificazione e dell' evento che si certifica.
Il certificato deve quindi riportare, in ogni caso, la data del giorno stesso in cui viene stilato. Il rischio, mettendo una data falsa e’ notevole: si puo’ essere addirittura incriminati per falso ideologico.
Qualora la certificazione si riferisca a patologie avvenute in epoca diversa, cio' quindi deve essere chiaramente ed inequivocabilmente dichiarato.
In casi come quelli esposti nella domanda e' stato pacificamente riconosciuto (gia’ in epoca precedente) che il medico puo' indicare nel certificato l' inizio di una malattia in data precedente alla visita, purche' gli elementi obiettivi presenti al momento della visita gli consentano di affermarlo in scienza e coscienza. Puo' essere dichiarato l' inizio precedente di una malattia ancora in atto, come pure si potrebbe certificare, in certi casi, un inizio risalente a diversi giorni prima di una malattia ormai in risoluzione o addirittura risolta.
Ad esempio, si puo’ certificare l' inizio di una varicella risalente a diversi giorni prima qualora si riscontri, visitando il paziente, la presenza di eruzione ormai crostosa compatibile con quanto dichiarato.
Il certificato pero’ deve sempre riportare la data del giorno della visita.
Quindi si puo’ fare, ma solo rispettando le norme legali e deontologiche. E’ bene percio’ che in casi simili il medico esplichi nel certificato gli elementi che gli abbiano consentito questa ricostruzione.
Il problema e’ ovviamente piu’ complicato allorche' al medico si presenti un paziente gia' completamente guarito.
Non si pone alcun problema allorche’ il paziente presenti elementi probatori che risolvano la situazione giustificando l’ insorgenza di uno stato morboso precedente (come per esempio, una cartella clinica, una radiografia, un certificato di Pronto Soccorso).
Stilare una certificazione basata invece solo sulla parola del paziente non e' lecita ne' consentita, in quanto mancante degli elementi che consentano, appunto, di "dare certezza" a quanto scritto: come puo' un medico certificare una la presenza di una pregressa malattia se nel momento in cui visita il paziente questi ne e' guarito senza postumi visibili? Come potrebbe rispondere ad una simile contestazione da parte dell’ Autorita’?
Un escamotage molto usato e' quello di stilare una pseudo-certificazione riportante (in data attuale) la dizione "il paziente dichiara di essere stato malato il giorno ...".
Tale dichiarazione non ha effettivo valore probatorio in quanto priva del riscontro scientifico obiettivo che ne farebbe un vero certificato: si tratterebbe solo di una "raccolta di testimonianza" (viene certificata la dichiarazione del paziente, e non l' effettiva condizione di malattia).
Questa procedura, pur non costituendo reato, potrebbe esulare a stretto rigore dalla potesta' certificativa del medico per cui gli Enti spesso ne hanno ribadito l' invalidita’ (magari accettandoli solo "pro bono pacis" o perche’ risalenti a un periodo ravvicinato). Pero’ gli Enti potrebbero lecitamente opporre un rifiuto o avanzare delle contestazioni per cui sarebbe importante che il medico non si fosse esposto riportando affermazioni non sostenibili.
Trattandosi percio' di prassi un po’ “forzata”, e' opinione dello scrivente che non vada incoraggiata, ma che i pazienti vadano istruiti ed indirizzati, ogni volta possibile, alla pratica regolare: farsi visitare durante la malattia, e non dopo; nel caso di festivita', dalla Continuita' Assistenziale che (nel momento in cui si scrive) puo' certificare fino a tre giorni di malattia.
Daniele Zamperini
RIFERIMENTI:
In caso di discussioni o contestazioni, e’ possibile rifarsi a quanto riportato all’ art 16 della legge istitutiva dell’Ordine (art. 16 “Il medico può certificare lo stato di salute o di malattia, anche pregressa, dei propri assistiti, nonché le conseguenze di questa sulle capacità lavorative, fisiche e psichiche, nei limiti e con le modalità previste dalla legge”).
Cio’ e’ stato poi ribadito dal codice deontologico dei medici, approvato nel 2014, ( art 40: “Il medico può certificare lo stato di salute o di malattia, anche pregressa, dei propri assistiti, nonché le conseguenze di questa sulle capacità lavorative, fisiche e psichiche, nei limiti e con le modalità previste dalla legge e dalle norme deontologiche”).
https://www1.ordinemediciroma.it/