Mi era antipatico, ora lo adoro. Come mai? Il "convincimento istintivo"
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Argomento: Pensieri e opinioni professionali


 


La recente campagna elettorale (e le successive discussioni post-elettorali) hanno rimesso in evidenza il ruolo fondamentale della comunicazione telematica e delle tecniche utilizzate. E’ balzato in evidenza come ci siano stati personaggi eletti o, al contrario, respinti senza una reale motivazione obiettiva, sulla base di un “comune sentire” spesso slegato da elementi politici fondati.
Ma come mai? Riesaminiamo le tecniche di “convincimento istintivo”,


Parte 1: attirare la simpatia “istintiva”
Questo aspetto e’ stato indagato gia’ da diversi anni dai cultori delle neuroscienze, anche se a rendersene conto sono stati essenzialmente solo i furbastri della comunicazione. 
Il nocciolo della questione, banalmente, e’ che insistere sempre, alla fine convince
I primi studi sono stati pubblicati su Cortex diversi anni fa:
in pratica i ricercatori hanno documentato che l'esposizione continua, ripetuta, protratta nel tempo ad uno stimolo (visivo, uditivo o altro) finisce per creare una sorta di “assuefazione”, ne fa aumentare il gradimento e ne comporta alla fine l’ accettazione.

Cio’ si puo’ comunemente osservare, in modo particolare, in riferimento ad attori o presentatori televisivi che, anche se inizialmentde antipatici o addirittra odiosi, finiscono per diventare accettabili o addirittura gradevoli anche se, allo spettatore perplesso, cio’ non appare giustificato da cambiamenti di atteggiamento o del modo di presentarsi. 
Insomma: guardare e riguardare una cosa (indipendentemente dal canale utilizzato, non solo visivo ma anche uditivo o altro) induce il soggetto passivo a superare le sue resistenze e ad accettarla e a gradirla sempre di più.
Gli studiosi battezzarono questo effetto di “gradimento per abitudine” Structural More Exposure Effect (SMEE). 

Un aspetto molto interessante e’ che questo fenomeno e’ “universale”, indipendente dalla cultura e dall’ intelligenza del soggetto passivo: e’ stato riscontrato sperimentalmente sia in soggetti sani che in quelli affetti dalle piu’ svariate patologie mentali o nervose. Quasi sempre nel corso delle sperimentazioni  i soggetti non ricordavano assolutamente di essere stato ripetutamente esposto allo stimolo. E non importava che lo stimolo fosse palese o meno: l’ affetto si riscontrava anche in caso di stimolo subliminale.

I processi coinvolti in questo fenomeno sembrerebbero perciò essere indipendenti dal riconoscimento esplicito dello stimolo, ma indurre i loro effetti ad un livello più profondo e quindi meno controllabile dai filtri censori della mente cosciente.
Personalmente pero’ avverto invece che il sommarsi continuo di stimoli invadenti e contrastanti stia causando attualmente una crescita di consapevolezza che sta interessando, magari non ancora completamente,  strati crescenti di cittadini.
Attenzione, percio’!!!


Parte 2: essere quelli che “hanno sempre ragione”.
A volte ci chiediamo come mai certi professionisti della polemica riescano, nel corso dei dibattiti, a portare avanti certe tesi evidentemente fasulle e ad imporsi su interlocutori anche piu’ preparati. 
Cio’ dipende in buona parte non sulla fondatezza delle tesi, ma piuttosto sulla personalita’ e sulla tecnica verbale dei partecipanti.
Anche questo aspetto e’ stato studiato da anni; vale la pena di riconsiderare quanto pubblicato alcuni anni fa su Neuroimage.

Alcuni ricercatori studiarono l’attivita’ cerebrale mediante studi di neuroimmagine effettuati con RMN.
Sottoposero percio’ ai soggetti passivi una serie di quesiti attinenti vari settori (logica pura, aspetti emotivi ecc.) studiando le modalita’ di attivazione cerebrale nei diversi casi.
Furono cosi’ individuate diverse aree cerebrali che si attivavano, in tempi diversi, a seconda della tipologia di problema presentato: quando l’ attenzione dell’ interessato veniva interessata da problemi logici venivano attivate alcune aree cerebrali, altre invece si attivavano in caso di coinvolgimento empatico o emotivo.

L’ aspetto fondamentale che ci interessa e’ che spesso l’ attivazione di alcune aree inibiva invece altre aree diverse, bloccandole.
In particolare l’ attivazione dell’ area emotiva bloccava di riflesso l’ attivita’ dell’ area logica.
Di conseguenza le due aree non si attivavano mai in contemporanea.

Questo ci spiega cio’ che si puo’ osservare nel corso dei continui dibattiti televisivi: possiamo cosi’ capire come mai, alcuni soggetti, molto competenti su alcuni settori, oltretutto bravi ed esaurienti nell’ esprimersi in condizione “neutra” (per esempio durante esposizione dell’ argomanto ad una platea o in altre occasioni ove non ci sia contraddittorio) vengano invece sviliti e inibiti (addirittura ridicolizzati) nel corso di dibattiti con soggetti polemici, straparlanti e troppo vivaci.

Questo perche’, nel caso di un interlocutore aggressivo, questi puo’ investire emotivamente il soggetto, spostando il discorso dagli  aspetti tecnici ad aspetti sociali o comunicativi; cosi’ si blocca l’ area “logica” del cervello rendendo impossibile una trattazione lucida del problema anche a persone molto competenti e preparate.

Penso, ad esempio, al successo di molti conduttori televisivi usi ad invitare appositamente oratori “di rottura” o ad interrompere aggressivamente l’ ospite sgradito. Tutti ricorderanno alcuni polemisti professionisti, capaci con tecniche verbali diverse (dall’ obiezione campata in aria, tanto per mandare l’ altro in confusione, fino al vero e proprio insulto o al “parlare sopra”) di apparire sempre vincitori. 

E’ bene rendersi conto di questi “trucchi” in modo da poter applicare delle tecniche difensive. La mia preferita e’ quella, semplicissima, di cambiare semplicemente canale televisivo, oppure mi propongo dall’ inizio di applicare una grossa tara e una rivalutazione “a freddo” alle affermazioni di coloro che vedo usare queste tecniche manipolatorie.

Questo perche’, per i partecipanti alle discussioni, la difesa non e’ facile: pochi partecipanti sanno escludere gli interventi altrui dalla propria area di coscienza. 
I soggetti ormai esperti possono sviluppare una serie di strategie personalizzate: proseguire meccanicamente il discorso senza “sentire” quanto viene detto da altri; evitare di guardare in faccia gli interlocutori ed esprimere i concetti guardando magari il soffitto, la telecamera o tenendo gli occhi chiusi e cosi’ via, a seconda della personalita’ degli interessati. 
Pochi sono capaci di effettuare rapidissimi passaggi da un’ area di pensiero all’ altra utlizzando piccoli accorgimenti verbali per prendere tempo (ad esempio una serie di frasi fatte e pronte alla bisogna) ma si tratta di capacita’ certamente non usuali.

In conclusione, percio’, e’ importante che, nel valutare una persona, lo spettatore non si fermi alla prima impressione (quella istintiva) ma effettui un rapido e autonomo riepilogo, valutandone a mente fredda i contenuti.

P.S. Un gradevolissimo approfondimento sulle tecniche verbali della retorica "vincente" si puo' trovare nel film "Quasi nemici- L'importante e' avere ragione". I films francesi di solito non rientrano nelle mie preferenze, pero'... 

Buona lettura!

Daniele Zamperini


Fonti:
-Cortex 2002,38,77-86
-Neuroimage 66(1), 385-401,2013
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5913 
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=474







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