Anche la RMN puo' comportare rischi, se con mezzo di contrasto
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Argomento: Medicina Clinica


Alcuni mezzi di contrasto (MdC) impiegati nella risonanza magnetica nucleare (MRI o RMN) sono risultati associati, in alcuni casi, ad un aumento della mortalità.

I MdC a base di gadolinio sono stati correlati ad insorgenza di fibrosi sistemica nefrogenica (NSF). La NSF, osservata per la prima volta nel 1997 solo in pazienti con insufficienza renale, è caratterizzata da gonfiore e ispessimento della cute con impedimento dei movimenti delle
articolazioni; nei casi più gravi i pazienti non sono più in grado di camminare.
Può colpire anche fegato, polmoni, muscoli e cuore; nel 5% dei casi, progredisce rapidamente e aumenta la mortalità da comorbidità.
Non esistono trattamenti efficaci per la NSF; il miglioramento della funzionalità renale sembra rallentare o arrestare la malattia ed in molti casi sembra determinare la graduale
reversibilità del processo.
L’FDA ha ricevuto 57 report di NSF da MdC di cui 43 con gadodiamide (Omniscan®), 6 con gadopentato (Magnevist®), 2 con gadoversetamide (Optimark®, non in commercio in Italia).
Oltre ad avere modificato il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto a fine 2006, l’Agenzia USA raccomanda che i MdC per MRI, specialmente ad alte dosi, dovrebbero essere utilizzati solo se veramente necessari nei pazienti con insufficienza renale grave.
I soggetti con insufficienza renale sono ad alto rischio di sviluppare NSF a causa della loro limitata funzionalità escretrice: in condizioni di normale funzionalità renale, l’emivita del gadolinio è di 90 minuti, quindi, ogni 12 ore il 98% del MdC viene eliminato; in un paziente in dialisi, l’emivita del gadolinio aumenta a 54 ore.
L’American College of Radiology quest’anno pubblicherà un aggiornamento delle sue linee guida nelle quali una sezione sarà dedicata alla correlazione tra NSF e MdC a base di gadolinio.
Fonte: 2007; 297: 252-3. www.farmacovigilanza.org
 (tratto da www.pillole.org)





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