E’ di pochi giorni fa la notizia del rifiuto da parte della citta’ di Seattle di intitolare un giardino alla citta’ italiana di Perugia, con cui e’ gemellata.
La motivazione del rifiuto sarebbe costituita dalla condanna da parte del Tribunale di Perugia della Giovane Amanda Knox, per il ben noto omicidio di Meredith Kercher.
Ma che c'entra?
Viene da chiedersi, in primo luogo, cosa possano saperne i cittadini di Seattle dei dettagli giuridici in base ai quali i magistrati italiani sono giunti al verdetto. Quasi nulla, riteniamo.
In secondo luogo, perche’ sarebbe stato chiesto addirittura l’ intervento della diplomazia americana (e della Clinton in persona) in favore di Amanda: forse che gli assassini, se americani, devono godere di un regime di favore?
La reazione americana, in effetti, appare improntata essenzialmente ad un viscerale atteggiamento di spocchiosa superiorita’: i cittadini americani, se commettono reati all’ estero, non possono essere giudicati e puniti come tutti gli altri.
Ne abbiamo recenti e tristi ricordi: dal pilota americano Richard Ashby che per una bravata ha causato il disastro di Cermis del 1998 (19 morti per la caduta della funivia, il pilota degradato e condannato a pochi mesi di carcere, contro cui ha addirittura posto appello con motivazioni risibili) al marine Mario Lozano, che uccise in Irak il funzionario italiano Nicola Calipari.
Circa quest’ ultimo caso, va ricordato (cosa che molti ignorano) che l’ inchiesta della magistratura italiana non pote’ essere completata per “mancanza di giurisdizione”. Vale a dire che esisterebbe una consuetudine avente forza di legge che garantirebbe l’immunità funzionale dalla giurisdizione interna dello Stato straniero (cioe’ dell’ Italia) nei confronti del funzionario statale americano (il soldato USA Lozano) che abbia agito “iure imperii” (cioè esercitando poteri autoritativi). Questa immunita’ verrebbe meno soltanto in presenza di una “grave violazione” del diritto internazionale umanitario (ossia al verificarsi di un crimine di guerra o di un crimine contro l’umanità).*
In altre parole: “Cives americanus sum” e anche in caso di delitto posso essere giudicato solo dai miei indulgenti connazionali!
E non esiste reciprocita’: nel 2006 (statistiche Ministero degli Esteri) gli USA risultano essere il Paese extraeuropeo a piu’ alto richio di carcere per gli italiani, e certamente verso di essi non vengono invocati i criteri di aprioristica indulgenza richiesti per gli americani all’ estero.
“Cives Romanus Sum!” dicevano con altrettanta arroganza i Romani al tempo dell’ Impero. Sono un cittadino Romano, e quindi al di sopra delle leggi locali!
C’era pero’ qualche differenza: si trattava di un Impero, forma di governo assolutista, ben lontana dagli ideali di democrazia che ispirerebbero (condizionale d’obbligo) il Governo e la popolazione americana. Senza contare che lo stesso Imperatore, nella persona di Caracalla, estese gia’ nel 212 d.c. la cittadinanza romana a tutti i sudditi liberi dell’ Impero. “Cives romanus sum” divenne prerogativa di tutti.
Ma questa lezione non e’ percepita dai cittadini americani, chiusi nella propria visione del mondo, l’ unica (a loro parere) degna di rispetto, e questo non ci sembra proprio il modo migliore per essere apprezzati dagli altri!
Potrebbero rifletterci sopra, quando si chiedono perche' tanti ce l' abbiano con loro!
Monti
* fonte: Wikipedia
Daniele Zamperini - Pina Onotri