La storia naturale dell' insonnia
Data:
Argomento: Medicina Clinica


L'insonnia tende a diventare un disturbo persistente in circa la metà dei pazienti che sperimentano questo disturbo.
In questo studio è stata esaminata la storia naturale dell'insonnia per un periodo di tre anni.

Sono stati selezionati 388 soggetti (età media 44,8 anni, 61% donne) che al baseline presentavano un'anamnesi positiva per insonnia. Essi hanno completato un questionario ad hoc ogni anno per tre anni.
Ad ogni controllo i partecipanti venivano classificati come appartenenti ad uno dei seguenti gruppi: individui con sindrome da insonnia, individui con sintomi di insonnia e individui con un buon sonno.
Il 74% dei soggetti ha riferito di soffrire di insonnia per almeno un anno ed il 46% presentava insonnia per tutti e tre gli anni di follow up.
I fattori di rischio maggiori per la persistenza del disturbo erano una insonnia grave al baseline, il sesso femminile e l'età anziana.
Il 27% di quelli che dichiaravano una remissione hanno presentato una ricaduta.
Gli autori concludono che l'insonnia è spesso una condizione persistente, soprattutto quando vengono soddisfatti i criteri per la diagnosi di disordine da insonnia.
 
Fonte:
Arch Intern Med. 2009 Mar 9;169:447-453.
 
Commento di Renato Rossi
I risultati di questo studio non stupiscono sicuramente i medici di famiglia in quanto ogni giorno essi vengono consultati da pazienti che soffrono di insonnia cronica, anche di anni.
Detto questo rimane da stabilire quale sia la strategia migliore per impedire che il disturbo persista e tenda a cronicizzare.
Per prima cosa vanno individuate ed eliminate le possibili cause di insonnia.
 
 Esistono per esempio numerosi farmaci che possono causarla: ormoni tiroidei, calcioantagonisti, contraccettivi orali, betastimolanti, antidepressivi , diuretici, antiparkinsoniani, metilxantine.
Da considerare anche l'insonnia da rebound per sospensione brusca di ipnotici.
In alcuni casi l'insonnia è secondaria ad una patologia ben individuabile per cui la sua cura può portare ad un miglioramento del sonno: scompenso cardiaco, lombalgia, ipertrofia prostatica, varie sindromi dolorose, ipertitoidismo, etc.
 
In alcuni casi è possibile migliorare la qualità del sonno migliorandone l'igiene: non dormire durante il giorno, non coricarsi troppo presto, non usare un letto scomodo, eliminare le condizioni non favorevoli della camera da letto (troppo calda o troppo fredda), l' abuso di alcol o caffeina, i ambiamenti di orari, i pasti abbondanti prima di coricarsi, etc.
 
Molto importanti sono le cause psicologiche: ansia, depressione, problematiche familiari, economiche, lavorative, lutto, divorzio, altri eventi stressanti. Gli anziani in particolare possono avere molti motivi di preoccupazione o di ansia: solitudine, problemi economici, malattie mediche o mentali, paura di ammalarsi, etc.
La terapia cognitivo-comportamentale consiste in una serie di tecniche che portano a controllare gli stimoli che influenzano il sonno (per esempio svegliarsi sempre alla stessa ora, alzarsi dal letto se non si riesce a prender sonno dopo un lasso di tempo prestabilito, non dormire di giorno), a migliorare l'educazione all'igiene del sonno (per esempio non bere alcolici, non mangiare troppo o non fare attività fisica prima di coricarsi), ad imparare il rilassamento muscolare (contrazione e rilassamento dei muscoli in sequenza).
Essa può essere eseguita sia in gruppo che sul singolo e di solito prevede l'intervento di personale specializzato e ci sono numerosi studi che ne hanno dimostrato l'efficacia, ma è difficile da mettere in pratica nel mondo reale, anche per una scarsità diffusa di professionisti dedicati.
In effetti proporre una terapia cognitivo-comportamentale, specialmente al paziente anziano che ha scarsi mezzi di locomozione, si scontra con varie difficoltà, in primis la mancanza di adeguate strutture con personale specializzato per questo tipo di trattamento che richiede una forte motivazione, la disponibilità di tempo e l'accettazione che i risultati possono vedersi dopo alcune settimane.
Il rimedio più semplice è il ricorso ad un ipnotico, anche perchè il paziente richiede una soluzione veloce che lo liberi subito dal problema.
Nelle insonnie transitorie la somministrazione di un ipnotico è spesso efficace e risolutiva. L’unica avvertenza è quella di rivalutare il paziente dopo breve tempo (15-20 giorni) per una sospensione programmata del farmaco.
Nell’insonnia cronica ed in quella dell’ anziano la terapia farmacologia ha un’efficacia minore, spesso i pazienti richiedono un farmaco alternativo, perché non rispondono più all’ipnotico che stanno assumendo.
L’efficacia delle benzodiazepine è stata dimostrata in studi clinici per periodi fino a 4 settimane, mentre la durata consigliata del trattamento è fino a 28 settimane.
Tuttavia nella pratica clinica si assiste ad un uso cronico: studi retrospettivi hanno dimostrato un’efficacia soggettiva anche di anni.
Per ridurre il rischio di tachifilassi e dipendenza si possono adottare alcuni accorgimenti: usare i dosaggi più bassi efficaci, scegliere ipnotici a breve emivita e senza metaboliti, rivedere periodicamente la necessità del trattamento e proporre periodi di sospensione, sospendere i farmaci gradualmente, consigliare somministrazioni intermittenti (3-4 giorni alla settimana).
Nello stesso tempo la terapia ipnotica negli anziani con insonnia è efficace ma l'effetto sembra modesto a scapito di effetti collaterali che possono annullarne i benefici: bisogna trattare 16 pazienti con un sedativo perchè uno abbia un miglioramento della qualità del sonno, ma basta trattarne 6 perchè uno abbia un effetto collaterale (torpore, astenia, incubi, nausea e disturbi gastrointestinali).
 





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