Il Consiglio di Stato ha stabilito, in una recente decisione ( n. 38997/09) che gli obiettori di coscienza non possono entrare in servizio come vigili urbani.
Questo qualora il regolamento comunale preveda per gli addetti alla polizia municipale (come spesso accade) un servizio armato. E questo anche se non tutti i servizi contemplino il porto dell’ arma.
I fatti:
Un obiettore di coscienza (che aveva effettuato il servizio civile alternativo in luogo di quello militare) aveva vinto il concorso per il posto di vigile urbano in un comune italiano. Il secondo classificato aveva pero’ impugnato la graduatoria sostenendo che l’uomo essendo stato un obiettore di coscienza, non poteva essere idoneo a tale attivita’.
Questa tesi è stata poi accolta dal Consiglio di Stato che, nelle motivazioni ha affermato che “in presenza di un regolamento comunale che imponga come normale il servizio armato degli addetti alla polizia municipale, l’obiettore di coscienza incorre nella preclusione di cui all’art. 15 della legge n. 230 del 1998”.
I Magistrati hanno aggiunto che “pur rientrando nella discrezionalità dell'Ente locale l'individuazione dei servizi di polizia municipale che vanno svolti in forma armata, vi è un obbligo per tutti gli addetti in possesso della qualifica di pubblica sicurezza di portare le armi in dotazione durante l'espletamento del servizio allorché il Prefetto ne faccia motivata richiesta”.
Ne e’ poi scaturita una dichiarazione generale:
“Ne consegue che, dovendo il vigile agente di pubblica sicurezza. portare le armi ove addetto a servizi da svolgere in forma armata, per specifica deliberazione comunale o per esplicita richiesta del prefetto, non può acquisire detta qualifica il soggetto in capo al quale sussiste, in base agli artt. 9 L. n. 772/72 e 15 L. n. 230/98, una totale e permanente preclusione all'utilizzo delle armi,” come appunto l’obiettore di coscienza.
La decisione del Consiglio di Stato, in base alla formulazione citata, sembra che possa avere influenza generale, ben oltre il caso specifico.