E' importante ridurre il livello di omocisteina nel sangue?
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Argomento: Medicina Clinica


Secondo uno studio non randomizzato la terapia con acido folico sarebbe in grado di ridurre la mortalità nei pazienti con coronaropatia iniziale e iperomociteinemia, La riduzione non sembra utile nei soggetti con omocisteinemia normale.
I risultati tuttavia vanno interpretati con cautela.

In questo studio sono stati reclutati 492 pazienti con malattia coronarica iniziale. Ai partecipanti venne misurata, al baseline, l'omocisteina plasmatica (l'iperomocisteinemia veniva definita per valori superiori a 15 µmol/L).
I pazienti sono stati trattati con acido folico (dosi >= 400 microg/die), mentre vitamine addizionali (vitamina B12 e B6) venivano somministrate a discrezione del medico.
Non c'erano differenze tra i pazienti trattati (n = 140) e non trattati per quanto riguarda l'età, il sesso e la prevalenza di fattori di rischio coronarico.Il 9% morì durante il follow up di 115 mesi.
Il trattamento risultò associato ad una riduzione della mortalità nei pazienti con iperomocisteinemia (4% versus 32%, p < 0,0001), ma non in quelli con valori normali di omocisteinemia (5% versus 7%, p > 0,05).
Gli autori concludono che i pazienti con coronaropatia dovrebbero essere screenati per iperomocisteinemia ed eventualmente trattati. Tuttavia dato che lo studio era limitato a soggetti con cardiopatia ischemica il valore delle terapia con vitamine in tutti i soggetti con iperomocisteinemia non può essere determinato.  
Fonte

Mager A, Orvin K, Koren-Morag N, et al. Impact of homocysteine-lowering vitamin therapy on long-term outcome of patients with coronary artery disease. Am J Cardiol 2009; 104:745-749.
 
Commento di Renato Rossi
 
Come si spiegano i risultati di questo studio con quelli, contrastanti, di numerosi RCT che non hanno evidenziato alcun beneficio della terapia vitaminica in prevenzione cardiovascolare sia primaria che secondaria? Gli autori ritengono che questo possa dipendere dal fatto che gli studi precedenti sono stati effettuati in popolazioni anglosassoni, mentre il loro lavoro ha riguardato israeliani. Il fattore genetico potrebbe quindi giocare un ruolo primario.
Inoltre lo studio di Mager e collaboratori ha un follow up più prolungato degli RCT negativi ed ha impiegato dosi relativamente più elevate di acido folico.
Dal canto nostro riteniamo che i risultati debbano essere presi con cautela in quanto non si tratta di uno studio randomizzato, per cui sono sempre possibili vari tipi di bias di selezione.
 





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