Anche i “tempi morti” dei lavoratori vanno retribuiti
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Argomento: Normative di interesse sanitario


Due recenti sentenze della Cassazione hanno stabilito che nel computo dell’ orario lavorativo va considerato anche quello necessario per recarsi al lavoro, a cui si aggiunge quello necessario per indossare gli indumenti di lavoro. Ma queste norme non valgono per tutti i casi



 Quando il lavoratore e’ obbligato a spostamenti “funzionali alla prestazione” (ovvero resi necessari per lo svolgimento dell’ attivita’ lavorativa), va considerato lavorativo anche il tempo dello spostamento.
La sentenza 17511/2010 della sezione Lavoro della Cassazione ha preso in esame il caso di un dipendente (obbligato a presentarsi presso la sede dell'azienda) destinato di volta in volta in diverse località per svolgere la sua attività lavorativa. Questi spostamenti prolungano di fatto l’ orario di lavoro, e di questo si dovra’ tener conto sia sotto l’ aspetto retributivo, sia per quanto riguarda i limiti di durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro imposti dall'art. 2107 del codice civile.

 
La seconda sentenza (la n. 19358/2010)  e’ intervenuta dopo un lungo procedimento giudiziario che aveva visto i lavoratori soccombenti in primo grado, poi vittoriosi in appello, finiti poi in Cassazione per il ricorso dell’ Azienda.

I Fatti: prima di iniziare l’ attivita’ lavorativa i lavoratori dell’ azienda in oggetto dovevano usare un tesserino magnetico per entrare in azienda, poi percorrevano un tratto di circa cento metri per accedere allo spogliatoio, li’ dovevano indossare la tuta ed effettuare una seconda timbratura del tesserino prima dell'inizio del lavoro. In questo modo i lavoratori mettevano a disposizione dell’ azienda del tempo aggiuntivo, e ne chiedevano la retribuzione.

La Cassazione, respingendo il ricorso dell’ azienda, ha stabilito che anche canbiarsi d'abito comporta una "spesa di energie messe a disposizione del datore di lavoro" e che  "nel rapporto di lavoro deve distinguersi una fase finale, che soddisfa direttamente l'interesse del datore di lavoro, e una fase preparatoria, relativa a prestazioni o attivita' accessorie e strumentali, da eseguire nell'ambito della disciplina d'impresa ed autonomamente esigibili dal datore di lavoro, il quale ad esempio puo' rifiutare la prestazione finale in difetto di quella preparatoria". Di conseguenza  "al tempo impiegato dal lavoratore per indossare gli abiti da lavoro deve corrispondere una retribuzione aggiuntiva".

Daniele Zamperini







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