Principio attivo o nome commerciale? La parola del Consiglio di Stato
Data:
Argomento: Normative di interesse sanitario


Una recentissima sentenza del Consiglio di Stato (Sez. III, 27 ottobre 2011, n. 5790) chiarisce in modo definitivo un aspetto (quello della prescrizione farmaceutica per principio attivo) che ha destato innumerevoli polemiche in passato.
Solo il medico puo’ decidere se prescrivere per principio attivo o per nome commerciale.
Daniele Zamperini

I Fatti: 
Una casa farmaceutica impugnava alcune norme pugliesi sulla distribuzione diretta di farmaci. Le norme impugnate imponevano ai medici ospedalieri e specialisti di indicare esclusivamente il principio attivo da somministrare, invece dei nomi commerciali dei farmaci. Sarebbe stato poi il farmacista a scegliere, tra i medicinali contenenti il principio attivo, quello da dispensare al paziente.

Ma la pronuncia del Consiglio di Stato assume una valenza piu’ ampia, interessando tutte le categorie mediche.

La Corte inquadrava dapprima i principi generali della questione affermando la prevalenza delle norme nazionali su eventuali normative regionali: “la individuazione dei limiti e dei criteri che devono guidare il medico nella scelta del farmaco che meglio risponda alle esigenze terapeutiche del singolo caso, non può che appartenere ai principi fondamentali da stabilire con legge statale trattandosi di uno dei casi in cui occorre assicurare uniformità di trattamento nei diritti a livello nazionale.. ”.
Una volta stabilito questo principio il Consiglio di Stato si rifa’ espressamente al decreto-legge n. 159 del 2007, convertito in legge n. 222 del 2007, art. 5, comma 5-quater (“Nella prescrizione dei farmaci equivalenti il medico indica in ricetta o il nome della specialità medicinale o il nome del generico”).

Questa disposizione, secondo il Consiglio di Stato, “stigmatizza un principio già esistente nell’ordinamento evidenziando la discrezionalità del medico nella scelta del farmaco più indicato per il proprio paziente e consentendo la prescrizione di un principio attivo qualora il medico in scienza e coscienza lo ritenga del tutto sostituibile tra farmaci equivalenti”.

Ne consegue che “il medico non può essere obbligato a indicare nella prescrizione esclusivamente il nome del principio attivo e quindi non può essere rimessa al farmacista la scelta concreta del farmaco da somministrare, non avendo questo ultimo né la competenza tecnica, né la conoscenza del quadro clinico dell’assistito”.

 La Corte sottolineava poi l’ inutilita’ della norma in quanto la regione non conseguiva  alcun vantaggio dal fatto che il farmaco generico sia preferito a quello “griffato”: infatti in base alla legislazione vigente il rimborso del costo dei farmaci equivalenti a carico del servizio sanitario è sempre lo stesso, ed è legalmente predeterminato; per di più, questo costo è sopportato dalla struttura pubblica all’atto dell’acquisto, prima che il farmaco sia dispensato.
 
Daniele Zamperini





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