L' analisi dell' errore come strumento di miglioramento professionale
Data: Argomento: Pensieri e opinioni professionali
Impariamo dai nostri errori: quante cose ci può insegnare l’analisi di un comune errore diagnostico.
Gli errori diagnostici negli Stati Uniti costituiscono il 14% del totale degli errori(1) e sono contestati nel 24% delle richieste di risarcimento. Nel Regno Unito non sono disponibili dati precisi ma le importanti ricerche di Reason e Nolan hanno evidenziato come accanto agli errori individuali, ancora più importanti siano gli errori di sistema, per i quali l’approccio deve essere per forza di cose sistemico(2,3). Negli Stati Uniti ed in particolare in Canada oltre a questo approccio si è sviluppata una approfondita analisi delle componenti cognitive dell’errore umano(4,5), che ha permesso di individuare distorsioni (bias) spesso inconsapevoli, nei processi cognitivi che favoriscono l’errore. Un recente articolo di Clinical Medicine (6) esamina un caso clinico abbastanza comune, gestito da diverse figure professionali, ove si possono individuare ed analizzare diversi tipi di errore compiuti a vari livelli: lo riassumo commentandolo perché ritengo che possa insegnarci molto, tanto sul piano individuale, quanto in particolare sui problema della interazione tra le figure sanitarie e la continuità delle cure. Una donna di 78 anni, diabetica, affetta da cardiopatia ischemica fibrillante, ipotiroidea in trattamento, operata in passato per nefrolitiasi, lamenta pollachiuria disuria e stipsi e viene trattata dal medico di famiglia con cotrimoxazolo. Quattro giorni dopo l’inizio della terapia insorge dolore ai quadranti inferiori dell’addome per il quale viene ricoverata in ambiente chirurgico:non è presente febbre, si rilevava modesta tensione addominale. Gli esami evidenziavano 20330 Globuli bianchi (85%neutrofili), Emoglobina=11.8 Creatinina=224 umol/L Urine=tracce di sangue e proteine, non leucociti. Viene posta diagnosi di infezione urinaria con insufficienza renale e trasferita in medicina,ove il medico di guardia conferma la diagnosi e prescrive amoxicillina+clavulanico; in seconda giornata perviene la urinocoltura che è negativa. Il programma diagnostico-terapeutico non subisce modifiche se si eccettua la richiesta di una Tac addome che il radiologo rifiuta di effettuare data la presenza di insufficienza renale, anche se dopo adeguata idratazione la funzionalità renale era considerevolmente migliorata. In quarta giornata una infermiera registra un calo pressorio (105/80: pressione precedente=155/100) ma non allerta il medico. Uno specializzando anziano visita la paziente ma non modifica l’iter diagnostico-terapeutico. Nel pomeriggio insorge uno stato collassiale: una Rx diretta addominale evidenzia gas libero in addome. La paziente muore nell’arco di poche ore. L’esame autoptico evidenza una perforazione di un diverticolo colico nella pelvi. Esame del Caso Clinico con gli strumenti della Psicologia Cognitiva Reason ha più volte affermato che la nostra propensione agli errori è il prezzo che dobbiamo pagare per la considerevole capacità del nostro cervello di pensare ed agire intuitivamente (8). Nel caso in esame si possono individuare alcuni errori cognitivi caratteristici. Il primo medico che visitò la paziente adottò la “Euristica della Disponibilità” : la paziente presentava pollachiuria e disuria quindi la diagnosi era “infezione urinaria”. Il medico del reparto cui fu trasferita la paziente fu influenzato dall’ “Effetto di Cornice” e rimase “Ancorato” alla prima ipotesi anche quando pervenne il risultato negativo della urino coltura. Il radiologo rifiutò di effettuare la Tac manifestando uno stile di “Pensiero Verticale” rigido e ripetitivo ( contrasta con il “Pensiero Laterale” flessibile e creativo): il radiologo avrebbe dovuto quanto meno porsi la domanda: cosa posso consigliare in sostituzione alla Tac?? I medici del reparto manifestarono una sorprendente “Tendenza alla Inerzia” in base al principio della “non-maleficienza”. L’ultimo medico che visitò la paziente che iniziava a presentare una moderata ipotensione incorse in alcuni errori già citati ( cornice, ancoraggio, pensiero verticale) ma soprattutto, in presenza di un dato nuovo, nella “Incapacità di estrarre i dati significativi” e di rielaborarli costruendo una ipotesi alternativa. Limiti cognitivi che possono condurre all’errore, evidenziati nel caso descritto · Euristica della disponibilità(Availabilty):è la tendenza a giudicare come più probabile la ipotesi diagnostica che più facilmente si prospetta perché più semplice o più frequente · Effetto Cornice ( Framing Effect): la modalità in cui viene presentato(o si presenta) il caso influenza fortemente il giudizio. In ambito diagnostico si tende molto più spesso a confermare, cercando dati di conferma anziché di smentita · Inerzia Diagnostica-Terapeutica( Omission Bias): è la tendenza a non intervenire per non complicare le cose, in base ad un malinteso principio di non-maleficienza · Pensiero Verticale ( Vertical line thinking): è la tendenza alla rigidità ed alla riproposizione di schemi già validati ma non ottimali in situazioni nuove o particolari · Incapacità di estrarre i dati (Failure to unpack): è la incapacità di cogliere gli elementi significativi e di rielaborarli costruendo una ipotesi alternativa Conclusioni Il caso clinico presentato ha un particolare interesse per la medicina pratica in quanto si tratta di un errore diagnostico tra due affezioni piuttosto comuni: una infezione urinaria ed una complicanza della comune diverticolosi. Quanto descritto dai colleghi inglesi potrebbe verificarsi con straordinarie analogie anche nel nostro contesto. Cosa ci insegna dunque questo sfortunato caso clinico? Per ciò che concerne il primo collega l’errore è in parte giustificabile per la atipicità del caso ed in particolare per la modesta resistenza addominale. Diversa è la situazione per gli operatori che intervengono successivamente: vale in questi casi la regola aurea di non farsi influenzare dall’effetto “cornice” indotto dall’inquadramento effettuato dai colleghi intervenuti in precedenza: ogni contatto con un nuovo paziente dovrebbe comportare una valutazione critica di quanto in precedenza effettuato e diagnosticato. Il rifiuto del radiologo di effettuare la Tac e la inerte accettazione da parte dei colleghi clinici senza che alcuno cerchi una soluzione alternativa, mettono in luce il grave problema della interazione tra le varie figure professionali e della mancanza di un progetto comune: è molto triste constatare come si possa perdere una vita per la rigidità mentale e la inerzia di alcuni colleghi. Infine in merito all’ultimo collega che ha visitato la paziente già ipotesa ma non ancora in stato di shock non si può non osservare da un lato la inerzia, dall’altro la incapacità di cogliere con prontezza il nuovo elemento e di rivalutare alla luce di quello tutta la storia clinica, formulando ipotesi alternative. L’errore in medicina è inevitabile e, ove concorrano diverse figure professionali le probabilità di errore aumentano; le soluzioni consistono da un lato,come ci hanno insegnato Reason e Nolan, nell’introdurre procedure di riduzione dell’errore nel sistema, dall’altro, visto che il sistema è formato da esseri umani, nel prendere sistematicamente in considerazione correggendoli, i tunnel mentali in cui facilmente si incuneano i nostri ragionamenti se non sono sorretti da una continua valutazione critica. Riccardo De Gobbi Biblografia 1. Newman-Toker De et al.: Diagnostic Errors-the next frontier for patient safety. Jama 2009;301:1060 2. Reason J: Human Error: models and management. BMJ 2000:320:768 3. Nolan TW: System changes to improve patient safety. BMJ 2000;320:771 4. Graber M et Al.: Reducing diagnostic errors in medicine: what’s the goal? Acad Med 2002;77:981 5. Croskerry P.: The importance of cognitive errors in diagnosis and strategies to minimize them. Acad.Med. 2003;78:775 6. Neale G et al.: Misdiagnosis: analysis based on case record review with proposal aimed to improve diagnostic processes Clin. Med. 2011;11:317
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