Medico in intramoenia allargata: pubblico ufficiale
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Argomento: Normative di interesse sanitario


Il medico che svolge attivita’ professionale privatistica in intramoenia “allargata” al di fuori dei locali ASL, e che riceva direttamente denaro dagli assistiti, e’ per tale aspetto un pubblico ufficiale.  Benche’ la qualifica di pubblico ufficiale non possa essergli attribuita per l’ attivita’ sanitaria (svolta in regime privatistico), deve invece essergli attribuita allorche’, come qualsiasi altro pubblico dipendente, sia in condizione (per prassi consolidata) di riscuotere e detenere denaro di pertinenza della pubblica amministrazione. Per tale motivo una eventuale distrazione di tale denaro comporta il priu’ grave rato di peculato (Cass. Pen Sez VI  33150/2012).
Daniele Zamperini

 La Cassazione, esaminando il caso di un dipendente opedaliero che, per costante prassi locale, era stato autorizzato ad effettuare prestazioni in intranoenia in un suo studio privato e che riceveva direttamente il compenso dai pazienti omettendo pero’ di versare all’ Ospedale la quota di sua spettanza,  ha stabilito che questa condotta rivestisse le caratteristiche del peculato, reato punito piu’ gravemente della semplice appropriazione indebita in quanto commesso da Pubblico Ufficiale.

 "Integra il delitto di peculato la condotta del medico il quale, avendo concordato con la struttura ospedaliera lo svolgimento dell'attività professionale consentita dal D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270 (intra moenia) e, ricevendo per consuetudine dai pazienti (anziché indirizzarli presso gli sportelli di cassa dell'ente) le somme dovute per la sua prestazione, ne ometta il successivo versamento all'azienda sanitaria. Infatti per quanto la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio non possa essere riferita al professionista che svolga attività intramuraria (la quale è retta da un regime privatistico), detta qualità deve essere attribuita a qualunque pubblico dipendente che la prassi e le consuetudini mettano nelle condizioni di riscuotere e detenere denaro di pertinenza dell'amministrazione”.

La corte ha quindi messo l’ accento non sull’ attivita’ professionale, ma sul fatto che, virtualmente, il medico si fosse sostituito ai funzionari amministrativi, svolgendo attività pubblica di riscossione dei pagamenti.
La Corte ha specificato che il medico convenzionato, pur non potendosi qualificare dipendente pubblico, riveste la qualità di pubblico ufficiale per la parte della sua attività inerente al versamento delle somme che, in base alle norme vigenti in materia di attività intra moenia, sono dovute alla azienda sanitariai.
La Corte ha invece assolto il medico dal reato di truffa per aver effettuato attivita’ professionale completamente abusiva presso un diverso studio,  in quanto tali prestazioni sono state realmente effettuate e, seppure non pagate alla ASL, non sono riscontrabili artifici o raggiri che concretizzerebbero il reato di truffa.

Commento:
Questa sentenza ribadisce un concetto ormai consolidato (v. sentenza 25255 del 26.06.2012, che abbiamo gia’ commentato in un precedente articolo (http://www.scienzaeprofessione.it/public/nuke/modules.php?name=News&file=article&sid=742 )  e che riguarda la qualifica di pubblico ufficiale, con le relative conseguenze in caso di distrazione di denaro.

Cio’ che ha colpito come novita’ e’ l’ esclusione della truffa nel caso di attivita’ professionale totalmente abusiva, perche’ effettuata senza “artifici o raggiri” ma in totale (e, aggiungiamo, spudorata) autonomia.

La Corte di merito aveva considerato che la stessa condotta abusiva configurasse il raggiro richiesto dalla legge, ma la Cassazione e’ stata in disaccordo. Meglio per il medico, che si e’ visto scontare sei mesi di pena, ma una certa confusione tra gli operatori del settore, poco adusi alle esreme sottigliezze giuridiche….





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