La Sanita' digitale nella visione dell’Unione europea
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Argomento: Pensieri e opinioni professionali


  Avv. Chiara Rabbito
L’Unione europea, fin dagli anni ’90 del secolo scorso, ha mostrato particolare interesse nei confronti delle applicazioni telemediche e molta maggiore sensibilità circa le opportunità offerte dalla telemedicina di quanta non abbia dimostrato il legislatore italiano.


Non a caso una delle più valide definizioni della telemedicina è stata elaborata, proprio nel 1990, in seno alla UE.

Il programma di ricerca “Advanced Informatics in Medicine – AIM”, finanziato dalla Comunità europea, elaborò nel 1990 una delle più efficaci definizioni del termine “telemedicine”.

Essa venne definita, in considerazione dei suoi molteplici impieghi, come “il controllo, il monitoraggio e la gestione dei pazienti, nonché la loro educazione e quella del personale sanitario, attraverso l’uso di sistemi che consentano un tempestivo accesso alla consulenza di esperti e alle informazioni del paziente, indipendentemente da dove il primo o le seconde risiedano”.

 
La definizione citata di “telemedicina” mette in evidenza come la sua finalità non sia solo quella di assicurare assistenza medica a pazienti distanti dai centri sanitari, agevolando la comunicazione paziente – medico - struttura sanitaria, ma anche quella di rendere adeguati ed aggiornati i servizi sanitari nazionali degli Stati membri, con particolare attenzione alla informazione e alla formazione del paziente e del personale sanitario e all’aggiornamento professionale di quest’ultimo.

Solo l’anno successivo intervenne l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che definì la nuova scienza applicata con maggiore specificità, quale “l’erogazione di servizi di cura e assistenza, in situazioni in cui la distanza è un fattore critico, da parte di qualsiasi operatore sanitario attraverso l’impiego delle tecnologie informatiche e della comunicazione, per lo scambio di informazioni utili alla diagnosi, al trattamento e alla prevenzione di malattie e traumi, alla ricerca e per la formazione continua del personale sanitario, nell’interesse della salute dell’individuo e della comunità” (WHO – 1991).

 
Una quindicina d’anni dopo, con la Comunicazione “e-Health - making healthcare better for European citizens: An action plan for a European e-Health Area 2004”, del 30 maggio 2004, la Commissione europea ha inaugurato un “piano d’azione” che si è prefisso alcuni obiettivi concreti, per una pianificazione condivisa fra gli Stati membri dei provvedimenti in materia telemedica da adottare entro il 2009.

 
Il piano indica tre obiettivi cruciali: sviluppare strategie e metodologie comuni tra gli Stati membri, accelerare l’avvio della telemedicina attraverso azioni complessive, verificare i risultati delle esperienze attraverso la diffusione delle best-practices e la valutazione degli effetti quali-quantitativi dei progetti di e-Health effettivamente realizzati conformi a tali best-practises.

 
All’Action Plan e-Health 2004 hanno fatto seguito la Comunicazione della Commissione del 4 novembre 2008[1] e la Decisione della Commissione del 23 febbraio 2009, che adotta il Piano di lavoro per il 2009 per l’attuazione del secondo programma d’azione comunitaria in materia di salute (2008 - 2013) e che stabilisce i criteri di selezione e di attribuzione per l’erogazione dei contributi finanziari alle azioni di tale programma.

 
Nella Comunicazione del 2008, la Commissione europea prende atto del fatto che, nonostante il potenziale offerto dall’e-Health, i suoi innegabili vantaggi e la maturità tecnica delle sue applicazioni, il ricorso ai servizi telemedici è ancora limitato e il relativo mercato presenta tuttora un alto grado di frammentazione.

Il principale limite riscontrato dalla Commissione è ben noto ai promotori dell’informatizzazione presso la Pubblica Amministrazione italiana, ovvero il famoso e ormai trito problema della “macchia di leopardo”: la maggior parte delle iniziative in questo settore è rappresentata da progetti singoli e di piccola scala, che stentano ad integrarsi nel sistema di assistenza sanitaria. Le imprese che se ne occupano hanno dimensioni medio-piccole e non riescono ad affermarsi nel mercato, né ad imporre standard a livello internazionale.

La Commissione si prefigge pertanto di supportare gli Stati membri nella difficile opera di procedere all’integrazione dell’e-Health con i sistemi nazionali di assistenza sanitaria. Il tassello mancante, secondo la Commissione è la fiducia: la fiducia da parte del sanitario circa l’efficacia di queste metodologie di lavoro, la fiducia del paziente nei confronti di queste nuove soluzioni di cura e di contatto con le strutture sanitarie, la fiducia dell’economia, che non investe in queste nuove imprese. Per dirlo con le sue stesse parole, la Commissione si propone di “fornire elementi atti a creare fiducia e di favorire l’accettazione” dei servizi di telemedicina presso i singoli Stati membri.

Accanto a questo primario obiettivo, e con funzione strumentale rispetto ad esso, la Commissione europea, consapevole che “soltanto pochi Stati membri hanno assetti normativi chiari su cui si fonda l’esercizio della telemedicina”, ritiene indispensabile contribuire ad “apportare chiarezza del diritto”. Ed un primo baluardo giuridico che dovrà essere riconosciuto dagli Stati è quello di adeguate garanzie a “tutela dei dati personali, nonché le più elevate norme di sicurezza per i pazienti”.

Il terzo step - ma si noti bene, è solo al terzo posto - consisterà nel risolvere i problemi tecnici secondo parametri di interoperabilità ed agevolare lo sviluppo del mercato di queste soluzioni tecnologiche.

La stessa Commissione conclude la Comunicazione affermando: “E’ tempo che la telemedicina migliori la vita dei pazienti ed offra nuovi strumenti ai professionisti della sanità: la telemedicina può essere d’aiuto ad affrontare le sfide principali per i sistemi sanitari e può offrire opportunità considerevoli all’industria europea”.

Tuttavia, l’Unione europea riconosce che l’impegno reale dei singoli Stati è fondamentale: “La telemedicina realizzerà il suo pieno potenziale unicamente se gli Stati membri si impegneranno attivamente ad integrarla nei loro sistemi sanitari”.

 
A partire dagli anni ’90 e con sempre maggiore convinzione, l’Unione europea ha quindi stimato il grande valore dell’evoluzione tecnologica - anche in senso informatico-telematico - dei servizi socio-sanitari nazionali ed è arrivata a considerare tale evoluzione quale elemento strategico per il loro miglioramento e una delle soluzioni essenziali per far fronte all’aumento dei costi assistenziali e sanitari di una popolazione europea caratterizzata da un progressivo invecchiamento e da cronicità delle patologie principali, in un quadro di crisi economica che si andava aggravando.

 
Il 3 marzo del 2010 la Commissione europea ha presentato la strategia politica da adottarsi nel prossimo futuro da parte dell’Unione europea con la pubblicazione della Comunicazione “Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”.

Tra le sette iniziative di riferimento da mettere in atto nell’ambito di Europa 2020, è l’Agenda europea del digitale[2] che si propone di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) per favorire l’innovazione, la crescita economica e il progresso.

L’obiettivo finale è favorire la creazione di un mercato unico del digitale, caratterizzato da un elevato livello di sicurezza e da un quadro giuridico chiaro.

Nel citato documento la Commissione europea sollecita il miglior utilizzo delle TIC in alcuni settori, tra i quali la gestione dell’invecchiamento demografico. In quest’ambito sarà fondamentale l’impiego dell’e-Health e di sistemi e servizi di telemedicina.

 
Inoltre, il 9 novembre 2011 la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento riguardante il 3° programma pluriennale dell’Unione europea per la salute in Europa, dal titolo Salute per la crescita, che afferisce al periodo 2014-2020.

Nella proposta, la Commissione prende atto della necessità di una riforma dei sistemi sanitari europei che tenga conto dei cambiamenti demografici e sociali e permetta ai paesi europei – tra gli altri obiettivi – di offrire servizi di assistenza sanitaria più sostenibili e di favorire l’innovazione nel settore.

Il programma si prefigge di finanziare la diffusione di soluzioni innovative per migliorare la qualità, l'efficienza e la sostenibilità dei sistemi sanitari, ponendo l'accento sul capitale umano e sullo scambio delle buone pratiche i servizi di assistenza sanitaria. In particolare, l’obiettivo 2.1 prevede di “Sviluppare strumenti e meccanismi comuni a livello dell'UE volti ad affrontare la carenza di risorse umane e finanziarie e agevolare l'adozione dell'innovazione nell'assistenza sanitaria, al fine di contribuire a sistemi sanitari innovativi e sostenibili”.

Per il conseguimento di tale obiettivo sarà necessario a giudizio della Commissione “incoraggiare il trasferimento di importanti risorse del settore verso i prodotti e i servizi più innovativi e di valore, che permettono al contempo di usufruire del miglior potenziale di mercato e di risparmiare sui costi nel lungo periodo”. Insomma, è necessario che i sistemi statali investano nella ricerca e nelle nuove tecnologie.

 
Ed ecco nel 2012 esordire il nuovo piano d’azione per la Sanità elettronica - eHealth Action Plan 2012-2020 - varato dalla Commissione europea nel dicembre 2012 allo scopo – testualmente – di far cadere le “barriere al pieno utilizzo delle soluzioni digitali nei sistemi sanitari europei”. Gli obiettivi sono il miglioramento delle prestazioni sanitarie a beneficio dei pazienti, l’offerta a questi ultimi di un maggiore controllo delle proprie cure mediche e la riduzione i costi.

 
Insomma la Commissione europea ci dice che è ora, che non bisogna più temporeggiare. E aggiunge, quasi ironicamente: “mentre la telemedicina suscita l’entusiasmo di pazienti e operatori sanitari che già la usano e milioni di Europei hanno scaricato applicazioni per smartphone che consentono di tenere d’occhio il proprio stato di salute e di benessere, il settore della sanità deve ancora sfruttare appieno il cospicuo potenziale offerto dalla svolta digitale per migliorare i propri servizi e realizzare risparmi di efficienza”.

 
Il piano d’azione intende, il più rapidamente possibile: chiarire le aree di incertezza del diritto, migliorare l’interoperabilità tra i sistemi, sensibilizzare pazienti e operatori sanitari ai benefici della telemedicina, conferire al paziente un ruolo centrale, con iniziative di gestione personale della salute, promuovere la ricerca nel campo della medicina personalizzata, offrire consulenza giuridica gratuita per l'avvio di imprese nel settore della sanità elettronica.

Preso atto del fatto che ormai il mondo ragiona in termini di applicazioni “mobile” e che il cittadino europeo utilizza gli smartphone nella vita quotidiana a moltissimi scopi, la Commissione si è impegnata a pubblicare entro il 2014 un Libro verde sulle applicazioni sanitarie mobili (mHealth), prestando particolare attenzione agli aspetti della qualità e della trasparenza. Insomma, lasciati ormai indietro i governi nazionali, decisamente antiquati nella visione e nelle proposte, la stessa UE “rincorre” il cittadino, che ormai, regolamentate o no, previste o no, le tecnologie le cerca e le usa.

Chiara Rabbito, Avvocato in Bologna 

c.rabbito@goodlink.it


[1] “Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato europeo , al Comitato economico e al Comitato delle Regioni sulla telemedicina a beneficio dei pazienti, dei sistemi sanitari e della società” COM (2008) 689.
[2] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 19 maggio 2010, intitolata «Un’agenda digitale europea» COM(2010) 245.






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