La mancata collaborazione tra medici comporta responsabilita' sanitaria
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Argomento: Normative di interesse sanitario


Il ginecologo che affida la paziente ad un collega senza collaborare per chiarire il quadro clinico, e' responsabile dei danni che ne conseguono (Cass. Civ. III sez, n. 4029/2013) 
Daniele Zamperini



Uaa paziente ventenne si sottoponeva a prolungate terapie di stimolazione ormonale con gonadotropine per curare irregolarita’ mestruali che non consentivano la gravidanza. Una gravidanza si concludeva pero’ con un aborto. A questo segui’ l’ asportazione di entrambe le ovaie e un intervento di salpingectomia bilaterale per una cisti sull'annesso di sinistra.

La paziente citava per danni il ginecologo.

 Il tribunale accoglieva la domanda di risarcimento danni sulla base  di  una CTU che riteneva non necessario l’ intervento in quanto le condizioni non erano tali da renderlo indispensabile,  e corresponsabile il ginecologo.

Il medico proponeva appello, che veniva accolto escludendo il nesso di causalità tra il precedente trattamento ormonale praticato dal ginecologo, e l'intervento chirurgico che aveva determinato l’  asportazione di una ciste e quindi delle ovaie che si erano ingrandite in seguito alla terapia ma non al punto di determinare la radicale asportazione mutilante.
L’ errore, secondo la Corte, doveva essere ascritto esclusivamente ai chirurghi (non chiamati in causa)  che avrebbero dovuto eseguire accurati esami e quindi rinviare l'intervento.


La paziente ricorreva allora in Cassazione, che invece accoglieva il ricorso.


In particolare la paziente lamentava che non si fosse considerata la condotta omissiva del ginecologo che non aveva informato i chirurghi circa le effettive condizioni della paziente provocando cosi’ l’ erroneo e rovinoso intervento chirurgico.
Il ginecologo si difendeva sottolineando la scissione tra il fatto invalidante provocato dall'intervento presso la casa di cura, in condizioni di ricovero urgente, ed il comportamento del medico successivamente alla visita della paziente, che ì consulenti ritengono non diligente per non aver consigliato una idonea struttura ospedaliera e per non avere informato i chirurghi della clinica del trattamento praticato alla donna.


La Cassazione sottolinea invece la responsabilita’ per contatto sociale tra medico,struttura e paziente, considerando giuridicamente errato la scissione tra fatto dannoso e invalidante (intervento eseguito in una casa di cura non attrezzata per una situazione di emergenza)  e la condotta omissiva e negligente del medico curante, che aveva consigliato il ricovero ma non era intervenuto per dare ai medici che operano in condizioni di urgenza le necessarie informazioni sulle cure, i farmaci assunti, la necessità di evitare interventi ablatori su un soggetto giovane ed integro e dunque in grado, se adeguatamente curato, di procreare.
La condotta del ginecologo, proprio in relazione all'obbligo anche deontologico di garanzia e di compartecipazione alle scelte del ricovero urgente, evidenzia una gravissima condotta negligente ed omissiva verso i medici che intendevano effettuare un intervento, che non doveva essere ablativo, ma conservativo e con tutte le attenzioni e cautele del caso.
“Resta allora evidente che, sotto il profilo causale, l'inadempimento del medico al dovere di cura e di compartecipazione in una situazione di emergenza, non è occasione di sventura, ma concausa, e se tale concausa ha natura omissiva, è tuttavia fattore determinante di un intervento chirurgico che avviene presso una struttura inidonea al punto che un intervento conservativo si trasforma nella lesione della integrità della giovane donna che mai avrebbe pensato e acconsentito di venire sterilizzata”.


Va sottolineato, per la Corte, il “fattore causale determinante della omissione anche informativa del medico di fiducia, che non collabora, ma affida la propria paziente alla inesperienza della casa di cura”.
Per questo motivo la causa veniva rinviata alla Corte di appello con invito ad attenersi ai principi sopra esposti.


Commento personale:
E’ ormai storia di tutti i giorni il fatto che il medico venga chiamato a rispondere di ogni evento avverso che capiti al paziente, sia che abbia attuato una condotta commissiva sia che abbia preferito un atteggiamento omissivo.
Ormai si e’ creata la mentalità’, anche nella magistratura giudicante e purtroppo nei medici legali chiamati a CTU, di una corrispondenza automatica tra danno e colpa. E' ormai diffusa la cosiddetta "blame culture", o "cultura del capro espiatorio" per cui ad ogni evento sfavorevole debba sempre corrispondere un profilo di responsabilita'.
Cio' e' particolarmente vero in ambito civilistico, e viene spesso sfruttato, in tempi di crisi, per un ristoro economico, quasi che la classe medica sia divenuta una specie di "ammortizzatore sociale".


Ne ho parlato diffusamente su http://www.scienzaeprofessione.it/public/nuke/modules.php?name=News&file=article&sid=705
 
Ne riparleremo ancora
Daniele Zamperini 





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