Se il medico ha ottenuto un consenso informato per una patologia che poi si rivela diversa, non occorre,. Operando in condizione di urgenza, rinnovare il consenso stesso.
La Cassazione annulla la condanna dei medici. (Cass Pen sez. IV n. 18185 del 19 aprile 2013).
Daniele Zamperini
I fatti
Una minore era stata operata per asportare una massa tumorale cerebrale diagnostica da diversi medici, in base ad esami TAC e Risonanza Magnetica, come di natura altamente maligna..
L’ esame istologico effettuato contestualmente all’ intervento, era risultato non dirimente, essendosi prospettata la duplice ipotesi di un tumore a basso o ad alto grado di malignita’ (“glioblastoma a basso grado di malignità” e “glioblastoma di IV grado ad altissima malignità”), per cui i medici, operando in regime di urgenza, avevano operato in modo invasivo.
L’ esame istologico definitivo confermava l’ ipotesi di tumore ad alto grado di malignita’ per cui la bambina veniva sottoposta a cicli di chemio e radioterapia.
Ricoverata successivamente presso un diverso Istituto, gli ulteriori accertamenti permettevano di riconoscere invece la presenza di un preocesso infiammatorio (una forma molto rara, una ventina di casi in tutto il mondo) ed escludevano la presenza di neoplasia.
La Corte territoriale d’appello (in difformita’ dalle conclusioni del CTU, Consulente Tecnico d’ Ufficio, che aveva concluso che eventuali ulteriori accertamenti non avrebbero potuto dirimere il dubbio diagnostico ne’ porre indicazione ad un tipo diverso di intervento, e in difformita’ anche dalla sentenza assolutoria di primo grado) aveva invece condannato i medici per lesioni gravissime ritenendo che vi fosse stata imperizia e negligenza dei medici per il fatto di non aver preventivamente disposto una visita dall'oncologo, e per aver omesso di informare i genitori della bambina dell’ esito contraddittorio della biopsia.
Secondo i giudici di merito i medici avrebbero dovuto chiedere nuovamente il consenso informato dei genitori, prima di dar corso all’ intervento.
Il medico ricorreva in Cassazione osservando che la fattispecie configurava una ipotesi patologica assolutamente complessa ed estremamente rara ma che questa fu circostanza accertata ex post, mentre nell’imminenza dell’intervento tutti gli accertamenti diagnostici orientavano indiscutibilmente (e non solo con probabilita’) verso l’esistenza di una forma di neoplasia cerebrale dolendosi oltretutto dell’inconsistenza logico-giuridica della motivazione della sentenza che condannava il medico per negligenza ed imperizia per “mancata sottoposizione a visita oncologica” della paziente prima dell’intervento e circa “l’omessa richiesta di rinnovazione del consenso informato dei genitore della bambina alla prosecuzione” una volta acquisito l’esito della biopsia.
La Cassazione accoglieva il ricorso sottolineando che il quadro clinico, a detta dei Consulenti, deponeva senza dubbio per una neoplasia ad altro grado di malignita’ e che, a parere unanime, cio’ rendeva necessario ed indispensabile un intervento chirurgico d’ urgenza.
Gli esisti negativi dell’ erroneo intervento (gli esiti cicatriziali del catetere venoso, nonche’ l’ unico ciclo di chemioterapia effettuato) non avevano portato esiti penalmente rilevanti.
Percio’, conclude la Cassazione, poiche’ l'intervento doveva essere eseguito con urgenza, veniva esclusa ogni responsabilità dei medici e, per la stessa ragione si è escluso che si possa addebitare ai medici il fatto di non aver richiesto il rinnovo del consenso.
La sentenza di condanna veniva quindi annullata con rinvio per nuove conclusioni.
Commento personale: vale quanto detto a commento della sentenza riportata nell’ articolo precedente su Consenso informato 1: situazioni analoghe possono essere valutate diversamente in ambito civile o penale, con buona pace dei poveri chirurghi.
Daniele Zamperini