Condanna penale ma non radiazione: la Cassazione bacchetta l’ Ordine
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Argomento: Normative di interesse sanitario


Un professionista condannato penalmente per una seriue di reati extraprofessionali veniva radiato dall’ Ordine di appartenenza.
La Cassazione (Sez. II Civile n. 1171 del 21 Gennaio 2014) annullava il provvedimento indicando i corretti criteri da seguirsi.

Daniele Zamperini

Un medico dentista era stato processato e condannato per diversi reati (tra cui quello di violenza sessuale) alla pena di cinque anni di reclusione e interdizione ai pubblici uffici. All’ atto della sua iscrizione all’ albo, inoltre, aveva omesso di indicare la pendenza dei procedimenti penali a suo carico.

Veniva, a seguito di procedura disciplinare, radiato dall’ albo. Anche il ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti professioni sanitarie (organo di secondo grado) veniva respinto e la radiazione confermata.
 
Il medico proponeva allora ricorso in Cassazione sostenendo che , nonostante la condanna penale riportata, fosse ancora in possesso di tutti i requisiti di legge per il mantenimento dell'iscrizione.
 
La Suprema Corte esamina l'intera normativa in materia, soffermandosi in particolare ad analizzare il requisito della "specchiata condotta morale e politica", la cui mancanza, a seguito della condanna penale, avrebbe giustificato a parere dell’ organo disciplinare la radiazione.
 
La Cassazione respingeva pero’ questa tesi sottolineando come si dovesse effettuare una netta distinzione tra condotte “private” e quelle incidenti sulle sue funzioni professionali:
"deve operarsi una netta distinzione tra condotte aventi rilievo e incidenza rispetto alla affidabilità del soggetto per il corretto svolgimento delle funzioni o delle attività volta per volta considerate, e che quindi possono essere legittimamente oggetto di valutazione a questi effetti; e condotte riconducibili esclusivamente ad una dimensione "privata" o alla sfera della vita e della libertà individuale, in quanto tali non suscettibili di essere valutate ai fini di un requisito di accesso a funzioni o ad attività pubbliche comunque soggette a controllo pubblico".
 
La precisa distinzione delle diverse fattispecie va effettuata con particolare rigore nei casi che, come in questo, la sanzione sia di tale gravita’ da comportare la cancellazione dall'albo e quindi una modifica sostanziale della realtà lavorativa del soggetto; vanno seguiti criteri ben precisi onde evitare di sconfinare nell'arbitrio.
Poiche’ il medico non era stato condannato per reati strettamente attinenti l'esercizio della sua professione, veniva dichiarata illegittima la decisione adottata dagli organi disciplinari.
Il ricorso veniva accolto e la decisione cassata con rinvio alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie con nuovo procedimento da basarsi sull’ importante principio enunciato dalla Cassazione.
 
Commento personale:
Nessun automatismo, quindi, e nessun manicheismo.
Capita spesso purtroppo che coloro che si trovino in posizione tale da poter ergersi a giudici dei colleghi vogliano poi dimostrare la propria integerrima riprovazione verso gli altri con una rigida severita’ che spesso non e’ giustificata dalla concretezza dei fatti. Piu’ realòisti del re, piu’ papisti del papa.
Personalmente trovo corretto sanzionare pesantemente chi abusa della professione medica mettendo in atto comportamenti che danneggiano gli assistiti o che creino timore in essi verso la classe medica.
Non trovo corretto una tale  atteggiamento verso comportamenti strettamente mantenuti in ambito privato e che non interferiscano con la professione: per questi e’ gia’ sufficiente il codice penale.





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