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La Sindrome da Fatica Cronica: il punto e le linee-guida
Pubblicato da dzamperini in data 27/07/2008 00:00
Medicina Clinica Il NICE britannico (National Institute od Clinical Excellence) ha pubblicato le linee guida sulla sindrome da fatica cronica (http://www.nice.org.uk/CG053).
E' l'occasione per fare il punto sullo stato dell'arte di questa patologia oscura.

I sintomi
La sindrome da fatica cronica (nota anche come encefalomielite mialgica) è caratterizzata da malessere e/o affaticamento che compaiono dopo uno sforzo o un'attività fisica. Tipicamente la fatica è ritardata rispetto allo sforzo (di solito compare dopo 24 ore) ed ha la tendenza a risolversi lentamente.
Tuttavia la fatica non è un sintomo sufficiente per sospettare la diagnosi. Deve essere presente almeno un altro dei seguenti: alterazioni del sonno (insonnia, ipersonnia, sonno non riposante, ecc.), dolore muscolare o articolare senza segni obiettivi di flogosi, cefalea, disfunzioni cognitive (difficoltà a concentrarsi, deficit della memoria a breve termine, difficoltà a trovare le parole o a organizzare piani di comportamento e a processare le informazioni), malessere generale o sintomi simil-influenzali, mal di gola, dolore ai linfonodi senza adenomegalia, vertigini e/o nausea, palpitazioni in assenza di patologia cardiaca, peggioramento dei sintomi durante esercizio fisico o mentale.

Ovviamente ognuno dei sintomi menzionati, di per sè, non è specifico della sindrome e potrebbe essere dovuto ad altre patologie potenzialmente gravi. E' consigliabile quindi porre attenzione all' eventuale presenza di sintomi di allarme che potrebbero indicare patologie gravi: perdita di peso, anemia, linfoadenomegalia, segni neurologici, segni di flogosi articolare, apnea del sonno, segni di malattie cardiache o respiratorie o intestinali.
 
La diagnosi
Non esistono test specifici per la sindrome, che rimane quindi una diagnosi di esclusione.
Una batteria di test utili ad escludere altre malattie può essere la seguente: esame completo delle urine, VES, emocromocitometrico, proteina C reattiva, azotemia, creatinina, calcemia, elettroliti, glicemia, CPK, test di funzione epatica compresi quelli per epatite virale, funzionalità tiroidea, test per celiachia, ferritina. Le linee guida del NICE non consigliano test sierologici per determinare se vi siano infezioni virali o batteriche a meno che la storia o alcuni sintomi non indirizzino in questo senso. A mio avviso comunque la ricerca di virus epatitici e un test HIV potrebbero essere utili. Aggiungo anche che talora, per l'esclusione di alcune patologie, è necessario ricorrere ad accertamenti strumentali di imaging radiologica.

La sindrome da fatica cronica dovrebbe essere diagnosticata in assenza di altre condizioni che possono spiegare i sintomi e solo se questi persistono da almeno quattro mesi.
 
La terapia
Purtroppo non esiste una terapia specifica. I farmaci (antidepressivi, steroidi, tiroxina, ecc.) non sono raccomandati, in assenza di evidenze sulla loro efficacia. Le linee guida richiamano invece l'attenzione sul mantenimento di una dieta bilanciata, tuttavia le vitamine, i minerali e in genere gli integratori non sono consigliati. Però è esperienza di tutti i giorni che tali interventi sono quasi sempre richiesti dai pazienti e le linee guida che queste terapie potrebbero essere accettabili come parte del self-management. Importanti sono l'igiene del sonno ed adeguati periodi di riposo. Durante le ricadute sarebbe utile se il paziente potesse mantenere qualche tipo di attività fisica. Se i sintomi sono così gravi da impedirlo il paziente, quando migliora, dovrebbe ritornare gradualmente alle performance precedenti.

L'invio allo specialista dedicato è consigliato se il paziente lo desidera oppure se i sintomi lo richiedono. Comunque una consulenza specialistica è raccomandata entro i sei mesi anche se i sintomi sono lievi.
Lo specialista dovrebbe elaborare un programma personalizzato che comprenda anche sedute di terapia comportamentale e di esercizi graduali. Importante anche la corretta informazione del paziente e il counselling. Nelle forme più gravi, che impediscono al paziente di esplicare le normali attività lavorative quando addirittura non lo costringono a letto per periodi più o meno lunghi, si dovrebbero prevedere servizi domiciliari riabilitativi ad hoc.
Le linee guida riconoscono da una parte la mancanza di servizi e di personale specializzato nella cura di questa patologia e dall'altra la necessità di ulteriori studi in quanto molte delle raccomandazioni sono basate sul consenso più che sul risultato di trials clinici.
 
Renato Rossi
 
 
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