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Covid-19: un esempio di modello sindemico
Pubblicato da dzamperini in data 08/12/2020 00:00
Medicina Clinica


Il termine sindemico è la crasi delle parole sinergia, epidemia, pandemia ed endemia


 Secondo Richard Horton, direttore del Lancet, La CoViD-19 è un esempio di sindemia [1], intesa come interazione sinergica tra due o più malattie, nel caso specifico la sindrome respiratoria acuta e una serie di patologie non trasmissibili quali diabete, cancro, malattie cardiovascolari, e le situazioni socioeconomiche in cui tali affezioni si realizzano. La loro influenza reciproca negativa risulta infatti notevolmente accentuata in contesti caratterizzati da condizioni sociali quali disuguaglianza, povertà, migrazione, discriminazione, violenze.

Il concetto di modello sindemico, introdotto negli anni 90 da un antropologo medico, M. Singer, è stato inizialmente applicato proprio per le malattie infettive, in particolare HIV/AIDS e tubercolosi, ma è utilizzabile per l’analisi delle interazioni di condizioni patologiche di qualunque tipo [2]. 
Il modello sindemico è applicabile sia a livello individuale, clinico, che di popolazione, soprattutto in comunità con sfavorevoli condizioni di vita per difficoltà economiche, disuguaglianza sociali, inadeguato accesso alle cure. Esso presenta un deciso orientamento ad evidenziare le reti di connessione tra lo stato di salute/malattia e i determinanti socioeconomici in grado di determinarne la diffusione e la progressione, evitando la frammentazione assistenziale tipica dei sistemi sanitari classici. 

Implicazioni pratiche

Considerare la CoViD-19 una sindemia significa attirare l’attenzione e suscitare consapevolezza su un tema cruciale, che attualmente è vissuto anche nella nostra realtà, caratterizzata da un esponenziale aumento della povertà e delle disuguaglianze sociali. 
Tale approccio fornisce una cornice concettuale per un’analisi delle connessioni biosociali utile per realizzare interventi appropriati, in ambito clinico e di politiche sanitarie e invita a considerare l’intreccio dei pattern di fattori sociali, strutturali e fisiopatologici che interagiscono tra loro e modificano negativamente le traiettorie delle singole malattie, aumentandone il carico complessivo [3]. 
Applicare un approccio sindemico può essere pertanto innovativo e rilevante perché invita, soprattutto il clinico, ad allargare lo “sguardo” per identificare le barriere e le circostanze che causano o comunque esacerbano le condizioni patologiche. 
Il problema non risolto è come tenerne conto effettivamente/efficacemente nella pratica professionale. 

Un approccio syndemics-oriented può essere innovativo e rilevante se non si limita ad essere strumento di lettura qualificata della realtà ma se influisce sull’azione, per realizzare una progettualità esplicita, documentabile, effettiva. 
La gestione effettiva dei determinanti extraclinici di salute, da parte dei professionisti sanitari, è infatti generalmente poco praticata, soprattutto a causa di una formazione accademica che tradizionalmente mantiene separati gli aspetti clinici ed extraclinici, enfatizzando i modelli di spiegazione biomedici, potenti ed efficaci ma scotomizzanti la soggettività del paziente e il suo contesto di vita. 
La teoria sindemica sottolinea inoltre la necessità di un approccio epidemiologico assistenziale, in grado di definire percorsi, strumenti, metodi per descrivere/raccontare le storie degli incroci tra popolazioni, contesti (sanitari e non), istituzioni e realizzare un’organizzazione dei servizi, sanitari e non, appropriata per i bisogni delle persone e non soltanto auto-compatibile con modelli e risorse pre-definiti, in una società nella quale la salute è “di fatto” uno degli indicatori dell’economia e non risponde a criteri di diritto ma di compatibilità-sostenibilità economica[4]. 

Una logica sindemica dovrebbe condurre alla ricerca/sperimentazione di profili di salute per una presa in carico dei diritti di cittadinanza delle persone, identificare i gruppi di popolazione a rischio e analizzare le diseguaglianze nella salute mediante interventi settoriali e intersettoriali rivolti a specifici determinanti di salute (ambiente, lavoro, stili di vita, etc. …). E’ necessaria per questo una evidence-based policy, peraltro difficile da realizzare, per motivi tecnici, ad esempio la necessità di una multidimensionalità degli interventi e della integrazione di dati qualitativi e quantitativi, ma soprattutto culturali, legati alla controcultura medicalizzante della società e del mercato delle malattie. 

La necessità di considerare la maggior parte delle comuni malattie, nella loro complessità, non solo negli aspetti prettamente clinici, ma anche come una questione di salute pubblica, invita anche a utilizzare i big data delle attuali tecnologie computazionali per lo sviluppo di politiche sanitarie multidimensionali e sistematiche in grado di integrare i determinanti biologici della salute con quelli economici e sociali[5]. 
Il modello sindemico allontana infatti l’idea che malattie come la CoViD-19 originano da forze misteriose ma solleva il problema della responsabilità delle politiche sanitarie nei loro confronti, evidenziando la necessità di un continuo impegno da parte delle istituzioni a mantenere effettivo il diritto alla salute degli individui e delle popolazioni[6] . 


Giampaolo Collecchia


Bibliografia

 1) Horton R. Offline: Covid-19 is not a pandemic. Lancet 2020; 396: 874
 2) Singer M et al. Syndemics and the biosocial conception of health. Lancet 2017; 389: 941-50
 3) Fruhbeck G, Kiortsis D, Catalan V. Precision Medicine: diagnosis and management of obesity. Lancet 2017; http://dx.doi.org/10.1016/S2213-8587(17)30312-1
 4) Tognoni G et al. Salute e Diritto. Pensieri per una progettualità di ricerca. Postfazione in: A caro prezzo. Le diseguaglianze nella salute. 2° Rapporto dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale. ETS, Pisa, 2006
 5) Collecchia G. La medicina di precisione e le scienze omiche: risultati, promesse, disincanti. Assist Inferm Ric 2018; 37: 52-55
 6) Collecchia G. Il modello sindemico in medicina. Recenti Prog Med 2019; 110: 271-4

 
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