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Obbligo del medico di informare
Pubblicato da dzamperini in data 17/04/2022 00:00
Normative di interesse sanitario


L'omessa diagnosi malattia terminale lede l' autodeterminazione
L'omessa comunicazione al paziente di un processo morboso terminale integra un danno risarcibile per lesione del diritto del paziente ad autodeterminarsi.
Torna l’ antica questione sul dovere del medico di informare.
(Cass. Civ. sez. III n. 27682/2021)


I Fatti: 
i congiunti di una persona deceduta chiamano in giudizio i medici che avevano visitato la signora e le strutture ospedaliere presso cui la stessa era stata più volte ricoverata e dimessa senza che le venisse comunicata la diagnosi di leucemia linfatica cronica, poi fatale.

Dopo oltre un anno passato tra visite e ricoveri la paziente era riuscita finalmente a scoprire da cosa era affetta e decideva così di curarsi all'estero, presso un centro oncologico statunitense; tuttavia, nonostante le terapie e l'iniziale remissione della malattia, questa si ripresentava alcuni anni dopo conducendola alla morte.
I congiunti iniziavano una istanza di risarcimento, ritenendo responsabili medici e strutture per omessa tempestiva diagnosi della malattia che avrebbe potuto, invece, consentire di approntare le necessarie terapie. 
La Corte di merito respingeva la domanda ritenendosi insussistente il nesso di causalità tra la condotta dei vari medici che ebbero in cura la donna e l'evoluzione della malattia.
In Cassazione, invece, il ricorso dei congiunti trova accoglimento, limitatamente alla parte con cui viene denunciata una lesione del diritto all'autodeterminazione della donna determinata dal colpevole ritardo diagnostico.
Il Collegio ritiene che la Corte di merito non abbia valutato la risarcibilità di tutti i danni di cui era stato chiesto il risarcimento (era stato chiesto infatti tra gli altri danni, anche di quello personale subito dalla paziente che, se avesse ricevuto la diagnosi in tempi anticipati, avrebbe potuto esercitare il diritto all'autodeterminazione.)
La Cassazione rammenta il principio secondo cui, "in tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza di un danno risarcibile alla persona l'omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, in quanto essa nega al paziente, oltre che di essere messo nelle condizioni di scegliere 'cosa fare', nell'ambito di ciò che la scienza medica suggerisce per garantire la fruizione della salute residua fino all'esito infausto, anche di essere messo in condizione di programmare il suo essere persona e, quindi, in senso lato l'esplicazione delle sue attitudini psico-fisiche, in vista e fino a quell'esito".

In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, l'omessa diagnosi di una malattia terminale integra un danno risarcibile in quanto lede il diritto di autodeterminazione del paziente a decidere sul "fine vita", facendo venir meno un ventaglio di opzioni tra cui lo stesso può scegliere come affrontare l'ultimo tratto del proprio percorso di vita.
Inoltre la sentenza sottolinea che la violazione del diritto di autodeterminare i propri percorsi esistenziali, non coincide con la perdita di "chances" connesse al mancato svolgimento di specifiche scelte di vita, bensì con la lesione di un bene di per sé autonomamente apprezzabile sul piano sostanziale, tale da non richiedere l'assolvimento di alcun ulteriore onere di allegazione argomentativa o probatoria, potendo da solo giustificare una condanna al risarcimento del danno sulla base di una liquidazione equitativa (cfr. Cass. n. 7260/2018).

 In conclusione la Suprema Corte precisa che, in caso di colpevole ritardo nella diagnosi di patologie ad esito infausto, l'area dei danni risarcibili non si esaurisce nel solo pregiudizio recato alla integrità fisica del paziente, né nella perdita di "chance" di guarigione ma si spinge oltre includendo anche la perdita di tutto un "ventaglio" di opzioni con le quali il paziente può scegliere come affrontare l'ultimo tratto del proprio percorso di vita. Ciò rappresenta, secondo i giudici, "lesione di un bene reale, certo (sul piano sostanziale) ed effettivo, apprezzabile con immediatezza, qual è il diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali".

Veniva quindi parzialmente accettata la tesi degli attori, e la sentenza impugnata veniva rinviata per un nuovo giudizio. 

Nota del redattore:
Questo principio era gia’ stato affermato e ribadito da anni, da diverse normative e in diverse occasioni, anche con potenziali diverse conseguenze.
Alcune sentenze risalgono agli anni ’90:
• Carta dei Servizi Sanitari 1995 - Art. 4 Il paziente ha il diritto di ottenere dal medico che lo cura informazioni complete e comprensibili in merito alla diagnosi della malattia, alla terapia proposta e alla relativa prognosi
• Cassazione civile, sent. N. 364/1997: Il paziente capace di intendere e di volere ha il diritto di conoscere la verità sulla sua malattia. I familiari, senza il suo consenso informato, non hanno diritto di prendere decisioni per lui
• Cass. civile, sez. III, 18/9/08, n. 23846: condannato il medico a risarcimento danni per omessa informazione
• Omicidio colposo per il medico che, dopo un’operazione, non comunica la diagnosi di cancro al paziente. Cass. pen Sez. 4,  26/10/07 n. 39609  

E il Codice Deontologico? 
• Art. 30: Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico terapeutiche… Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste… devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà del malato di non essere informato o di delegare ad altri l’informazione deve essere rispettata.
• Si e’ espresso, in passato, anche il Comitato Italiano di Bioetica, affermando che la richiesta dei familiari di fornire al paziente informazioni non veritiere non è vincolante.

Una cosa quindi e’ assodata: il paziente, con tutte le cautele del caso, ha diritto di conoscere la verita’ e di decidere a chi comunicarla o meno.

Un appunto difensivo per il medico da parte di chi scrive: attenzione ai comportamenti anomali: qualora sia stato il paziente a non volere che la diagnosi sia comunicata ai familiari oppure (capita anche questo) che il paziente stesso chieda di non essere informato su una eventuale diagnosi infausta, e’ utile farsi rilasciare una disposizione scritta, a scanso future denunce.

Daniele Zamperini

 
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