La Cassazione (Ord. 27/05/2024 n. 14725) ha affrontato il caso di contrasto tra il contenuto del certificato del medico curante e gli accertamenti compiuti dal medico INPS. Il diverso ruolo non elimina la possibilita’ di valutazione esterna preferenziale da parte del Giudice.
I fatti: Una donna, assunta come operatrice generica di assistenza e con tale inquadramento aveva svolto mansioni di assistenza a diretto contatto con i pazienti e che da settembre 2005 era stata adibita a mansioni inferiori di addetta alla lavanderia, a causa delle sostanze chimiche usate, aveva contratto rizoartrosi alle mani, per cui si era dovuta assentare dal lavoro.
Aveva preso contatti per concordare la ripresa del lavoro ma veniva invece inviata al medico competente, il quale, a seguito di visita medica l'aveva dichiarata ancora inidonea. Aveva quindi presentato a giustificazione dell'assenza da lavoro altri certificati medici del curante, parzialmente difformi da quelli INPS e infine era stata licenziata per asserito superamento del periodo di comporto di 180 giorni.
La lavoratrice respingeva il licenziamento rivolgendosi dapprima al Tribunale (che respingeva la richiesta), poi alla Corte d'Appello che dichiarava nullo il licenziamento e condannava societa’ al risarcimento del danno e alla riammissione in servizio.
La questione si poneva (in estrema sintesi) sull’ interpretazione dei vari certificati medici (sia del MsdF che del medico INPS), contraddittori nel calcolo del periodo di malattia effettivamente trascorso a causa soprattutto delle interruzioni temporali. Infatti, a seconda dei criteri e della autorevolezza attribuita ai vari certificati (anche in base ad alcune testimonianze) il periodo di comparto poteva essere considerato o no superato.
La questione finiva in Cassazione per dirimere quali certificazioni facessero fede:
“Come riconosce anche la ricorrente [la Societa’ ndr] in presenza di certificato del medico curante in contrasto con quello emesso dal medico INPS in sede di visita fiscale di controllo, il giudice deve procedere alla loro valutazione comparativa al fine di stabilire quale delle contrastanti certificazioni sia maggiormente attendibile.”
In particolare la Corte sottolineava che "Nel caso di contrasto tra il contenuto del certificato del medico curante e gli accertamenti compiuti dal medico di controllo, il giudice del merito deve procedere alla loro valutazione comparativa al fine di stabilire (con giudizio che è insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato) quale delle contrastanti motivazioni sia maggiormente attendibile, atteso che le norme che prevedono la possibilità di controllo della malattia, nell'affidare la relativa indagine ad organi pubblici per garantirne l'imparzialità, non hanno inteso attribuire agli atti di accertamento compiuti da tali organi una particolare ed insindacabile efficacia probatoria che escluda il generale potere di controllo del giudice".
Nel caso di specie la Corte territoriale, anche sulla base di testimonianze, ha ritenuto più attendibile l’ interruzione del periodo di malattia e il mancato superamento del periodo di compart con conseguente esclusione dell'assenza contestata. Il ricorso della Societa’ veniva quindi respinto.
Indipendentemente dal caso specifico, cio’ che viene sottolineato e’ che i certificati medici non sono mai tassativi e insindacabili, ma possono sempre essere contestati.
Daniele Zamperini
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