Quando inizia la storia della medicina? I testi specializzati risalgono ai Greci, agli Egiziani o ad altre popolazioni antiche di migliaia di anni, pero’ lo sviluppo della Medicina come la conosciamo noi ha origini molto piu’ recenti, e risale al massimo a qualche centinaio di anni fa.
Non e’ facile reperire documentazione utile, ma a volte il caso ci puo’ mettere lo zampino. E’ cosi’ che, frugando negli archivi di un notaio cinquecentesco si possano rinvenire inaspettatamente documenti che raccontano particolari inediti sulle pratiche mediche in uso nello Stato Pontificio intorno al 1400-1500.
L’ “Ordine dei Medici” E’ poco noto, ad esempio, come gia’ nel 1400 esistessero delle istituzioni che apparivano molto simili a quelli che sono gli odierni Ordini dei Medici, che permettevano l’ esercizio della medicina solo a coloro che presentassero particolari requisiti e superassero alcuni esami. Questo aspetto e’ stato documentato, attraverso una lettera (datata 1425) del Vice Camerario della Camera Apostolica, Benedetto Guidalotti. Costui conferiva il titolo di Dottore in Medicina all’egregio “et scientificus vir magister” Andrea de Alferiis, presentato all’esame di laurea da un illustre promotore ( l’esimio dottore in medicina Paolo della Valle, quello che ai nostri tempi corrisponderebbe al “relatore” di laurea), con parere favorevole espresso precedentemente dal Consiglio. La lettera riassume sinteticamente sia l’articolarsi delle prove d’esame sostenute (“legendo, referendo et respondendo argumentis, questionibus, interrocacionibus et opposicionibus ...”) sia le solennita’ legate al conferimento delle “insegnae doctoratus”.
Il Collegio Medico (a capo del quale era posto il Priore o Protomedico Generale, coadiuvato da due consiglieri) compare qui nella sua funzione scolastica che allora (a Roma, come in altre citta’ e specialmente in quelle che fossero sedi di uno studium generale) partecipava alla formazione professionale anche intervenendo sull’iter scolastico, sull’esame finale e sulla consegna dei gradi accademici.
Le notizie in questo periodo sono, come abbiamo detto, molto frammentarie, proprio per la perdita della documentazione specifica; e’ stata quindi una vera fortuna ritrovarne casualmente un certo numero in alcuni archivi notarili romani.
I “barbitonsori” Sappiamo cosi’ che il Collegio Medico (diretto all’ epoca, come abbiamo detto, da un “Protomedico”) aveva compiti molto ampi: distribuiva, ad esempio, patenti per esercitare la chirurgia ai barbieri: in un atto notarile del 1482 il Protomedico rilasciava ad un barbiere la licenza di praticare la chirurgia in tutti i territori della Chiesa per una validita’ di tre anni con attivita’ pero’ limitata solo alle operazioni di ordinaria amministrazione (pestilenze, bubboni e altri lievi atti chirurgici) mentre per tutti gli altri casi era indispensabile un consulto con un Dottore in Medicina.
Questi ultimi erano muniti di una “licentiam praticandi” per la medicina, che veniva rilasciata solo a soggetti esaminati dal Protomedico e da due consiglieri; coloro che fossero ritenuti idonei erano tenuti al pagamento di una tassa, che poteva avere un costo piuttosto alto, soprattutto nei casi in cui la licenza fosse di validita’ perpetua.
Gli “speziali” La stessa Commissione (Protomedico e due Consiglieri) rilasciava licenze agli speziali (o “aromatarii”, i farmacisti dell’ epoca) che vendevano “unguenta, electuaria, et olea, et pulveres”, autorizzati ad intervenire direttamente con atto medico ma solo “in minimis casibus”.
I rapporti medici-farmacisti erano complicati gia’ all’ epoca, in quanto gli speziali romani cercavano di difendere la propria autonomia soprattutto per quanto riguardava la possibilita’ di ricettare senza la supervisione di un medico; nel 1400 era permesso agli speziali romani sottoscrivere le proprie ricette per medicine o sciroppi, mentre la legge vietava di visitare i malati o di preparare medicine usando la ricetta di un altro speziale. Per prescrizioni piu’ complesse era invece indispensabile la supervisione di un Dottore in Medicina. Questa norma venne inserita poi ufficialmente nello Statuto del Collegio Medico nel 1531.
E’ quasi certo tuttavia che a livello informale gli speziali intervenissero anche con medicazioni, soprattutto a chi non poteva permettersi di pagare un medico. Fatto curioso (ma non troppo, se si pensa che entrambe le professioni facevano capo ad un unico apice gerarchico) e’ che una stessa persona poteva essere contemporaneamente Medico e Speziale, come e’ stato documentato a proposito del medico chirurgo “Antonius de Ripolis, aromatarious de Regione Parionis” (farmacista del Rione Parione) che venne assunto il 15 Ottobre 1485 nella sua qualita’ di medico dall’ “Ospedale del Salvatore” per curare le persone ivi ricoverate.
Gli ebrei Esisteva all’ epoca, nello Stato Pontificio, una particolare discriminazione per i medici ebrei: questi dovevano sottostare come gli altri all’ autorita’ del Protomedico di Roma ma pagavano il triplo delle tasse, ed erano esclusi dalla composizione del Collegio Medico.
Il potere disciplinare e la “malasanità” Gia’ dal 1400, tra le competenze dei Collegi Medici vi era di norma anche quella disciplinare e giudicante, affidata alla Magistratura del Protomedicato, costituita dal Protomedico assistito in determinate circostanze da due consiglieri. Questa Magistratura aveva giurisdizione sulle controversie tra medici, su quelle tra medici e pazienti per malasanita’ o per insolvenza e aveva potere di interdizione alla professione e di provvedimenti pecuniari o disciplinari. E’ stata rinvenuta documentazione che illustra alcune sentenze con quelli che forse sono tra i primi provvedimenti disciplinari a cui siano stati sottoposti dei medici per “malasanita’”.
La prima sentenza e’ registrata dal notaio Giovan Battista De Iays e venne emessa il 7 Luglio 1487 dal Protomedico Tommaso Veterani. Si discuteva la controversia tra Bernardo Rocca, penitenziere della Basilica Vaticana e il medico Consalvo, il quale aveva operato dichiarandosi chirurgo pur non avendone i titoli (“temerarie se magistrum in cirurgia asserentem”). Il Consalvo aveva operato di cataratta il paziente che, mentre prima vedeva male, dopo l’ intervento non vedeva piu’.
E’ poi riportato un interessante caso, per molti aspetti simile a quanto si verifica ai giorni nostri, in cui davanti a Tommaso Veterani compariva nel 1488 il medico chirurgo Cosmo de Sirodis il quale era stato condannato in primo grado per imperizia nella cura di un paziente, tal Pietro Rosso, il quale era stato ferito gravemente a un occhio (forse in un agguato o in un combattimento, negli atti non viene specificato) ed era deceduto una decina di giorni dopo l’incidente, malgrado le cure mediche.
Il maestro Cosmo respingeva le accuse e ricostruiva l’iter sanitario del ferito: questi era stato curato dapprima da Mose’ (medico chirurgo ebreo), quindi da lui stesso e da ultimo da un terzo medico di nome Giovanni Andrea. Quest’ ultimo, dopo la morte del paziente, aveva anche prodotto una perizia medica accertando in modo incontrovertibile come la ferita all’occhio del paziente fosse mortale “a principio” e quindi senza possibilita’ di guarigione. Durante il processo venivano chiamati diversi testimoni e, per completezza, veniva anche effettuata una autopsia che, come era uso in quei tempi, si svolgeva pubblicamente. In realta’ l’ autopsia era pubblica solo nominalmente in quanto alla dissezione del cadavere potevano presenziare soltanto i componenti delle categorie mediche, i quali dovevano pagare oltretutto, per il privilegio, una tassa piuttoto salata.
La sentenza, che scagionava completamente il chirurgo Cosmo (che, a quanto risultava aveva fatto tutto il suo dovere nel migliore dei modi) veniva emessa solo un anno piu’ tardi, indice di una non celere giustizia, gia’ da quei tempi....
Daniele Zamperini
Fonte: Anna Esposito “Roma moderna e contemporanea” – Genn.-Mar 2005
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