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Utilità dei nuovi farmaci antitumorali
Pubblicato da dzamperini in data 03/12/2024 00:00
Medicina Clinica


Alcuni autori hanno valutato l’utilità aggiuntiva dei farmaci antitumorali approvati tra il 1995 e il 2020.


Quanto beneficio aggiuntivo comportano i farmaci antitumorali approvati negli ultimi decenni rispetto alle terapie più datate? Se lo sono chiesto alcuni ricercatori [1] che hanno valutato i farmaci oncologici approvati dall’EMA (European Medicines Agency) tra il 1995 e il 2020.
Il beneficio aggiuntivo è stato analizzato consultando quanto pubblicato dalle agenzie di valutazione delle tecnologie sanitarie degli Stati Uniti, della Francia, della Germania e dell’Italia. Inoltre sono state analizzate le valutazioni di due società oncologiche e di un drug bulletin.

Questo ha permesso di classificare ogni farmaco in una delle seguenti classi:
farmaco che comporta un beneficio aggiuntivo negativo o non determinabile;
farmaco che comporta un beneficio aggiuntivo minimo;
farmaco che comporta un beneficio aggiuntivo reale o maggiore.
L’analisi ha preso in considerazione 131 farmaci approvati per 166 indicazioni. 
Si è visto che nel 41% delle valutazioni il beneficio aggiuntivo era negativo o non determinabile. Questo si verificava soprattutto per quei farmaci che erano stati autorizzati con procedure condizionate o per situazioni eccezionali (per esempio per patologie in cui mancava qualsiasi alternativa terapeutica).

Gli autori dell’analisi recensita in questa pillola hanno determinato anche gli aspetti economici. È risultato che i costi sostenuti per la ricerca e lo sviluppo viene recuperato nel giro di pochi anni per la maggior parte dei farmaci esaminati, anche se il tempo di recupero è maggiore per esempio per i farmaci che sono stati autorizzati con procedure condizionate. Il tempo medio per il recupero dei costi è risultato essere di circa 3 anni.

Che dire?
L’analisi qui descritta suscita una domanda importante: le agenzie regolatorie dovrebbero essere più rigide nell’approvare l’uso di farmaci oncologici? Dovrebbero basarsi solo su studi clinici randomizzati e controllati di buona qualità che abbiamo valutato endpoint clinicamente rilevanti o su loro metanalisi? Oppure un’autorizzazione può essere rilasciata anche in caso di studi su endpoint surrogati o di minore qualità, soprattutto nel caso di patologie oncologiche orfane di trattamenti efficaci?
Da una parte va considerato che nulla osta che un farmaco approvato inizialmente su basi deboli dimostri in seguito di apportare benefici aggiuntivi: negarne l’uso in attesa di ulteriori prove priva i pazienti di una terapia efficace anche per anni.
Dall’altra usare farmaci costosi non migliori dei trattamenti già esistenti comporta un aggravio per i bilanci dei vari servizi sanitari che diviene sempre più insostenibile.

La soluzione a questo dilemma dovrebbe essere quella di rivedere periodicamente l'utilità dei farmaci approvati non sulla base di forti evidenze cliniche. Per esempio la FDA in data 23 febbraio 2024 ha ritirato l'approvazione di un farmaco che era stato approvato in modo accelerato per la terapia del mieloma [2].


Renato Rossi


Bibliografia

1. Brinkhuis F, Goettsch WG, Mantel-Teeuwisse AK, Bloem LT. Added benefit and revenues of oncology drugs approved by the European Medicines Agency between 1995 and 2020: retrospective cohort study. BMJ. 2024 Feb 28;384:e077391. doi: 10.1136/bmj-2023-077391. PMID: 38418086; PMCID: PMC10899806.

2.http://www.fda.gov/drugs/drug-safety-and-availability/fda-issues-final-decision-withdraw-approval-pepaxto-melphalan-flufenamide#:~:text=FDA%20issues%20final%20decision%20to%20withdraw%20approval%20of%20Pepaxto%20(melphalan%20flufenamide),-Share&text=Pepaxto%20Update%20%5B2%2F23%2F,certain%20patients%20with%20multiple%20myeloma

 
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