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Fibrillazione atriale nei paz. fragili: quale anticoagulante?
Pubblicato da dzamperini in data 01/03/2025 00:00
Medicina Clinica


 Lo studio FRAIL-AF suggerisce che negli anziani fragili con fibrillazione atriale trattati con un anti-vitamina K il passaggio a un NOAC risulta associato a un maggior rischio emorragico senza una contemporanea riduzione degli eventi trombotici.


Attualmente nei pazienti con fibrillazione atriale si preferisce in generale gli anticoagulanti non antagonisti della vitamina K (NOAC) per la loro maneggevolezza (non richiedono monitoraggio ematochimico) e un minor rischio emorragico.
Tuttavia non è certo se negli anziani fragili già in trattamento con un antagonista della vitamina K sia preferibile passare a un NOAC. Proprio per rispondere a questa domanda è stato effettuato lo studio randomizzato denominato FRAIL-AF [1] in cui sono stati arruolati 1330 pazienti anziani con uno punteggio di 3 o superiore misurato tramite il Groningen Frailty Indicator. Questo indice (facilmente reperibile in rete) valuta i seguenti item: mobilità, visione e udito, perdita di peso, comorbilità (uso di 4 o più farmaci), funzione cognitiva, fattori psicosociali, fitness fisica. I partecipanti erano in trattamento con un antagonista della vitamina K per la presenza di fibrillazione atriale. Sono stati esclusi i pazienti con una VFG < 30 ml/min o con una fibrillazione atriale valvolare.

Il motivo che ha spinto gli autori ad effettuare lo studio risiede soprattutto nel fatto che i dati sui pazienti anziani fragili trattati con anti-vitamina K o NOAC derivano soprattutto da analisi per sottogruppi di trial non specificamente tarati per questa popolazione. Infatti in questi studi tale categoria di pazienti era sottorappresentata o per la presenza di controindicazioni ai NOAC oppure perché i medici esitano a reclutare in un RCT pazienti con queste caratteristiche.

I partecipanti sono stati randomizzati a continuare l'anti-vitamina K oppure al passaggio a un NOAC.
Il follow-up è stato di 12 mesi e l'endpoint primario erano gli eventi emorragici gravi mentre quelli tromboembolici erano un endpoint secondario.

Dopo la comparsa di 163 eventi primari (101 nel braccio NOAC e 62 in quello anti-vitamina K) il trial è stato interrotto per “inutilità”. Nel gruppo NOAC, infatti, vi era un aumento del rischio di eventi emorragici maggiori del 69% (HR 1,65; IC95% 1,23-2,32). Non emerge una differenza statisticamente significativa per gli eventi tromboembolici, che però era un endpoint secondario.

Gli autori concludono che, negli anziani fragili con fibrillazione atriale, il passaggio da una terapia con anti-vitamina K a un NOAC risulta associato a un maggior rischio di complicanze emorragiche senza che vi sia una riduzione degli eventi tromboembolici. Per questo in un riquadro iniziale in cui vengono sommariamente riassunti i risultati dello studio gli autori consigliano prudenza prima di passare a un NOAC in un paziente anziano fragile trattato con un anti-vitamina K, a meno che non vi sia una chiara motivazione clinica.

I risultati sembrano sorprendenti se si considera che i NOAC sono generalmente considerati più sicuri degli anti-vitamina K per quanto riguarda le emorragie. Vedremo se in futuro altri studi con disegno simile arriveranno alle stesse conclusioni o le confuteranno.


Renato Rossi


Bibliografia

Joosten LPT, van Doorn S, van de Ven PM et al. Sicurezza del passaggio da un antagonista della vitamina K a un anticoagulante orale non antagonista della vitamina K nei pazienti anziani fragili con fibrillazione atriale: risultati dello studio randomizzato controllato FRAIL-AF. Circolazione. 23 gennaio 2024;149(4):279-289.

 
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