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Trattamento intensivo dell'ipertensione in pazienti a rischio
Pubblicato da dzamperini in data 02/11/2025 01:00
Medicina Clinica



Secondo uno studio randomizzato e controllato nei pazienti ad elevato rischio cardiovascolare come per esempio i diabetici o quelli con pregresso ictus un trattamento intensivo dell'ipertensione riduce le complicanze cardiovascolari.


Gli autori di questo studio randomizzato sono partiti dalla constatazione che esistono ancora incertezze se ridurre la pressione arteriosa sistolica (PAS) al di sotto di 120 mmHg sia utile, soprattutto nei diabetici e nei pazienti con pregresso ictus. Per determinarlo sono stati reclutati 11.255 pazienti (di cui 4359 diabetici e 3022 con pregresso ictus) trattati in modo intensivo oppure tradizionale. 
Il follow-up è stato di 3,4 anni. L'endpoint primario era di tipo composto: infarto miocardico, rivascolarizzazione, ricovero per scompenso cardiaco, ictus e decesso da causa cardiovascolare. La PAS media durante il trial fu di 119,1 mmHg nel gruppo trattato in modo intensivo e di 134,8 mmHg nel gruppo di controllo. 

L'endpoint primario si verificò rispettivamente nel 9,7% e nell'11,1% dei casi (HR 0,88; IC95% 0,78-0,99; p = 0,028). Una sincope si ebbe nell'0,4% del gruppo trattamento intensivo e nello 0,1% del gruppo a trattamento standard. Non si notarono invece differenze per altri eventi avversi: ipotensione, alterazioni elettrolitiche, cadute o danno renale acuto.

Gli autori concludono che nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, indipendentemente dallo stato di diabete o di pregresso ictus ridurre la PAS al di sotto di 120 mmHg rispetto ad una riduzione al di sotto di 140 mmHg comporta benefici cardiovascolari con un eccesso di rischi piccolo.

Che dire? Lo studio è senza dubbio importante per la casistica e per il disegno e suggerisce che nei pazienti ad elevato rischio cardiovascolare si dovrebbe arrivare a una PAS inferiore a 120 mmHg. Vi sono però alcune osservazioni che è utile tenere in considerazione. 
Anzitutto non tutti i pazienti ipertesi tollerano un trattamento intensivo e tendono a sospendere o a ridurre la terapia. 
Inoltre un trattamento di questo tipo aumenta il rischio di sincope: seppur il rischio sia molto basso (in pratica, secondo i dati dello studio 1 caso ogni 250 trattati) non va comunque scotomizzato. 
In terzo luogo il numero di soggetti che è necessario trattare per evitare l'endpoint primario dello studio è di 71: questo vuol dire che 70 soggetti trattati con terapia intensiva non ne trarrebbero comunque giovamento. 

Infine se guardiamo la riduzione del rischio relativo vediamo che la stima puntuale della riduzione del rischio è del 12%, con una forchetta cha va da una riduzione relativa del 22% a una di solo l'1%. In altre parole se teniamo per buono che con un trattamento standard nel giro di circa 3 anni e mezzo andranno incontro all'endpoint primario 110 pazienti su 1000, con un trattamento intensivo potrebbero incorrere in questo outcome nella migliore delle ipotesi solo 85, ma nella peggiore 109.

Detto questo, se il paziente tollera la terapia, un target di PAS inferiore a 120 mmHg può essere ragionevole.

Renato Rossi

Bibliografia

Liu J et al. Lowering systolic blood pressure to less than 120 mm Hg versus less than 140 mm Hg in patients with high cardiovascular risk with and without diabetes or previous stroke: an open-label, blinded-outcome, randomised trial.Lancet June 27, 2024. DOI:https://doi.org/10.1016/S0140-6736(24)01028-6

 
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