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Aceinibitori e sartani nella cardiopatia ischemica
Pubblicato da dzamperini in data 09/09/2010 00:00
Medicina Clinica
 L'aggiunta di un aceinibitore alla terapia standard nei pazienti con cardiopatia ischemica stabile e funzione sistolica conservata migliora gli esiti clinici; ci sono evidenze minori per i sartani. La terapia combinata non sembra migliore del solo aceinibitore ed aumenta gli effetti collaterali.



Lo scopo di questa revisione sistematica è stato di valutare i benefici ed i rischi degli aceinibitori e degli antagonisti dell'angiotensina II (sartani) da soli od in combinazione nei pazienti con cardiopatia ischemica stabile e funzione ventricolare sinistra conservata.
La ricerca ha permesso di ritrovare 41 studi.
In 7 trials di qualità moderata od elevata (32.559 pazienti) si è visto che gli aceinibitori riducono il rischio di morte del 13% (RR 0,87; 95%CI 0,81-0,94) e quello dell'infarto non fatale del 17% (RR 0,83; 0,73-0,94). Nello stesso tempo aumentano il rischio di sincope (RR 1,24; 1,02-1,52) e di tosse (RR 1,67; 1,22-2,29).
In un trial (per 5.926 pazienti) si è visto che i sartani riducono un endpoint composto da mortalità cardiovascolare, infarto non fatale e stroke (RR 0,88; 0,77-1,00), ma non i singoli componenti dell'outcome. In un altro trial (per 25.620 pazienti) si è visto un effetto simile per la mortalità totale (RR 1,07; 0,98-1,16) e per l'infarto (RR 1,08; 0,94-1,23), ma anche un aumento del rischio di ipotensione e sincope con la terapia combinata (aceinibitore e sartano) rispetto al solo aceinibitore.
Limiti degli studi considerati: in molti casi è stata notata una mancata valutazione sistematica dei rischi della terapia oppure una non adeguata reportistica dei benefici e dei rischi in sottogruppi di pazienti.
Gli autori concludono che l'aggiunta di un aceinibitore alla terapia standard nei pazienti con cardiopatia ischemica stabile e funzione sistolica conservata migliora gli esiti clinici; ci sono evidenze minori per i sartani. La terapia combinata non sembra migliore del solo aceinibitore ed aumenta gli effetti collaterali.


Fonte:

Baker WL et al. Systematic Review: Comparative Effectiveness of Angiotensin-Converting Enzyme Inhibitors or Angiotensin II–Receptor Blockers for Ischemic Heart Disease. Ann Intern Med 2009 Dec 15; 151:861-871


Commento di Renato Rossi

Questa revisione sistematica è una conferma che gli aceinibitori dovrebbero essere farmaci di scelta anche nei pazienti con cardiopatia ischemica stabile, mentre i sartani sono indicati nei casi di intolleranza agli aceinibitori. Inoltre la revisione conclude che l'associazione delle due classi di farmaci non sembra portare a benefici aggiuntivi e può aumentare il rischio di effetti collaterali.
D'altra parte non si tratta di una novità [1]. Come si faceva notare in quell'occasione [1], rimane il dubbio se l'associazione possa essere vantaggiosa nei pazienti con scompenso cardiaco. In effetti in questa tipologia di pazienti i risultati degli studi sono in parte contrastanti. Così nello studio CHARM-added e nel Val-HEFT l'associazione aceinibitore/sartano ha migliorato alcuni endpoint rispetto al solo aceinibitore, anche se non ha ridotto la mortalità totale. Al contrario nello studio VALIANT non si è notato benefici ulteriori con l'associazione, ma solo un aumento degli effetti collaterali. Va considerato, comunque, che in questi studi i pazienti presentavano una insufficenza cardiaca con funzione ventricolare sinistra ridotta. Nel braccio dello studio CHARM in cui erano stati arruolati pazienti con frazione di eiezione conservata (>= 40%) l'associazione non si è dimostrata superiore al solo aceinibitore.
Come concludere, in attesa di ulteriori RCT?
L'associazione potrebbe essere presa in considerazione in pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta che non rispondono alla terapia standard con l'aceinibitore e che richiedono frequenti ospedalizzazioni. In questi casi va attuato un attento monitoraggio della funzionalità renale e dell'equilibrio elettrolitico.


Referenze



(pillole.org)

 
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