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Somministrazione "camuffata" di farmaci: incertezze e pericoli
Pubblicato da dzamperini in data 18/04/2016 00:00
Medicina Clinica
Cosa succede quando si somministrano farmaci triturati, frammentati, decapsulati, mascherati nel cibo?


Molti pazienti, soprattutto anziani, non riescono ad assumere compresse o capsule per disturbi della deglutizione e/o ridotta compliance, ad esempio in caso di demenza, morbo di Parkinson, disfagia e disturbi psicocomportamentali. Capita quindi spesso di dover somministrare farmaci “alterati”: triturati, decapsulati, mascherati nel cibo. La pratica, spesso indispensabile, non è peraltro scevra da rischi, sia in termini di efficacia terapeutica sia di eventi avversi, tanto da essere inclusa tra i potenziali errori terapeutici. Una recente trattazione dell’argomento è stata effettuata sulla rivista Prescrire Internazional [1], la cui traduzione è disponibile sul sito della rivista Informazione sui Farmaci [2].

Triturare una compressa o aprire una capsula altera la forma farmaceutica e quindi la biodisponibilità, con rischio di sovra- o sottodosaggio. Può essere inoltre ridotta l’efficacia e l’appetibilità del farmaco. Il sovradosaggio è pericoloso in particolare per i farmaci con basso indice terapeutico, per i quali una piccola differenza nelle concentrazioni plasmatiche può provocare gravi reazioni avverse. Ciò può accadere ad esempio con carbamazepina, digossina, litio, teofillina, fenobarbital e altri principi attivi. I pazienti (e i care givers) devono essere istruiti a non aprire anche le capsule di dabigatran perché ciò aumenta la biodisponibilità del 75% e quindi il rischio di sanguinamento. Il sovradosaggio è inoltre possibile se si frantuma o si apre una formulazione a dosaggio modificato, perché il rilasciamento e l’assorbimento non sono più graduali. Sono riportati casi di ipotensione e lipotimia (in pazienti che hanno assunto compresse a lento rilascio frantumate di alfa-1 bloccanti, come prazosina e alfuzosina), e di ipoglicemia con gliclazide.

Le compresse e le capsule gastroresistenti rilasciano il principio attivo dopo il passaggio gastrico. Se il rivestimento viene eliminato, è possibile un sottodosaggio del farmaco, ad esempio con le compresse gastroresistenti di sulfasalazina, bisacodile o di inibitori di pompa protonica. Il rivestimento serve spesso anche a proteggere lo stomaco da effetti lesivi, per cui la somministrazione del farmaco triturato per via orale o attraverso sonda/stomia aumenta il rischio di effetti avversi gastrointestinali.

La frantumazione delle compresse o l’apertura delle capsule può provocare ulcerazioni orali o gastrointestinali per il contatto diretto con il principio attivo. Sono segnalate ulcerazioni in caso di compresse triturate di solfato di ferro o di compresse di bisfosfonato succhiate o sciolte in bocca.

La somministrazione “anomala” rende inoltre il farmaco non identificabile, a rischio di essere somministrato al paziente sbagliato. L’utilizzo delle stesso pestello o mortaio per più pazienti può provocare, in caso di mancata pulizia dopo ogni triturazione, la somministrazione di particelle di farmaco di altri pazienti. Nel caso di prodotti sensibili alla luce o all’umidità, ad esempio furosemide o nifedipina, l’esposizione o la miscelazione con alimenti, in caso di somministrazione ritardata, può portare alla degradazione del principio attivo.

La triturazione di compresse o l’apertura di capsule espone gli infermieri al rischio di intolleranze, allergie da contatto (riportate ad esempio per donezepil, piroxicam, azathioprina), rischi teratogeni. Ciò vale ad esempio per la finasteride, che può provocare anomalie fetali, il cui rivestimento ha proprio l’obiettivo di evitare il contatto cutaneo. La frantumazione di farmaci citotossici espone i sanitari al rischio di intossicazioni, da contatto ed inalazione.
Un recente studio effettuato nel setting delle RSA ha valutato la biodisponibilità di alcuni farmaci mescolati con le sostanze più usate nella pratica, quali acqua, succo di arancia, miele, yogurt, marmellata, acqua addensata. Nella maggior parte dei casi i farmaci infatti non vengono mescolati nel pasto, per evitare il rifiuto in caso di cattivi sapori. Si è evidenziato che, ad esempio, l’atenololo può essere mescolato senza problemi, mentre l’amlodipina ha un assorbimento ritardato con la marmellata. In generale, l’alimento più adeguato alla miscelazione è risultato lo yogurt. Nello studio viene anche segnalato il rifiuto da parte dei pazienti di alimenti o bevande ai quali sono stati miscelati i farmaci, molto spesso per il sapore sgradevole di molti farmaci. Sono riportati come farmaci dal sapore sgradevole il paracetamolo, l’amoxicillina + acido clavulanico, la ticlopidina, la promazina e molti altri [3 ].

Le conseguenze dell’utilizzo anomalo di compresse e capsule sono in genere poco conosciute. Prima di consigliare tale prassi terapeutica il primo passo è quindi quello di cercare informazioni, nelle indicazioni delle case farmaceutiche e nelle schede tecniche, anche se spesso mancano o sono contrastanti. In uno studio, effettuato in tre RSA, viene riportato che per molti farmaci, di uso abituale, non è specificata la possibilità di triturazione, ad esempio furosemide cpr, L-tiroxina cpr, enalapril cpr, carvedilolo cpr, digossina cpr, olanzapina cpr rivestite, perindopril cpr rivestite, domperidone cpr, prednisone cpr, amlodipina cpr divisibili, amiodarone cpr. Il secondo passaggio è valutare se il farmaco è veramente necessario, valutando il bilancio danno/beneficio. Se il trattamento è davvero necessario occorre considerare la possibilità di un’altra via di somministrazione: trans dermica, rettale o parenterale. Se il rischio di aspirazione è basso si può prendere in considerazione una differente forma orale: liquida, effervescente, orodispersibile, in sospensione. Ad esempio il valproato in cpr a rilascio controllato, gastroresistenti, può essere sostituito con la formulazione orosolubile, granulare o in gocce. Si possono inoltre valutare, quando possibile, altri farmaci della stessa classe, disponibili in forma farmaceutica diversa. Peraltro molti farmaci che non devono essere tritati non hanno formulazioni alternative, ad esempio acarbosio cpr, gabapentin cps, potassio cloruro cpr a rilascio controllato o gastroresistenti, propafenone cpr rivestite, duloxetina cps gastroresistenti [4 ].


A cura di Giampaolo Collecchia


Bibliografia

1) Editorial Staff Prescrire International Crushing tablets or opening capsules: many uncertainties, some established dangers. Prescrire Intern 2014; 23: 209-14


3) Di Giulio P et al. I problemi con le terapie in RSA. IsF 2015; 3: 86-88

4) Boeri C, Castaldo A, Giordano A et al. La somministrazione di farmaci tritati e camuffati nelle RSA: prevalenza e implicazioni pratiche. Evidence 2013; 5 (10): e1000060

 
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