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Trattamento dell'ipertensione in base al rischio cardiovascolare
Pubblicato da dzamperini in data 06/01/2017 12:09
Medicina Clinica


Una metanalisi suggerisce che i farmaci antipertensivi sono efficaci qualsiasi sia il livello di rischio cardiovascolare basale, ma lo sono di più, in termini di numero di soggetti da trattare per evitare un evento, quando il rischio è elevato.


L'ipertensione arteriosa può essere trattata secondo due strategie differenti. 
La prima prevede di usare farmaci qualora i valori di pressione arteriosa superino una determinata soglia stabilita generalmente da un consenso di esperti
La seconda prevede l'uso di farmaci in presenza di un determinato rischio cardiovascolare, mutuando la strategia usata per il trattamento dell'ipercolesterolemia.


Le linee guida usano, in generale, un mix di entrambe le strategie.


Per esempio le linee guida americane [1] consigliano comportamento diversi a seconda se siano o meno presenti diabete e nefropatia cronica.
Nei soggetti non diabetici e non nefropatici:
1) se età >/= 60 anni:
- iniziare il trattamento per valori di PAS >/= 150 mmH e di PAD >/= 90 mmHg
- il target pressorio da raggiungere deve essere inferiore a 150/90 mmHg, tuttavia si può arrivare anche a valori inferiori a 140 mmHg se il trattamento è ben tollerato
2) se età < 60 anni:
- iniziare il trattameto per valori di PAS >/= 140 mmHg e di PAD >/= 90 mmHg
- il target pressorio da raggiungere deve essere inferiore a 140/90 mmHg
Nei diabetici e nei nefropatici cronici (>/= 18 anni):
- iniziare il trattamento per valori di PAS >/= 140 mmHg e di PAD >/= 90 mmHg
- il target pressorio da raggiungere deve essere inferiore a 140/90 mmHg


Le linee guida britanniche (NICE) consigliano di iniziare il trattamento [2]:
1) nel caso di ipertensione stadio 1 (valori di PAS compresi tra 140 e 159 mmHg e di PAD compresi tra 90 e 99 mmHg) associata a segni di danno d'organo (per esempio ipertrofia ventricolare sinistra, albuminuria, proteinuria), malattia cardiovascolare nota, nefropatia, diabete o rischio cadiovascolare a 10 anni >/= 20%.
2) nel caso di ipertensione stadio 2 (PAS >/= 160 mmHg e PAD >/= 100 mmHg).


In realtà non sappiamo se effettivamente il trattamento dell'ipertensione comporti benefici per ogni livello di rischio cardiovascolare oppure funzioni solo per un rischio cardiovascolare elevato o molto elevato.


Per stabilirlo la Blood Pressure Lowering Treatment Trialists' Collaboration ha effettuato una metanalisi di 11 trials per un totale di oltre 67.000 pazienti, valutando i dati individuali di ogni partecipante. Di quasi 52.000 partecipanti erano disponibili dati per poter calcolare il rischio cardiovascolare.
E' stato possibile identificare quattro classi di rischio cardiovascolare a 5 anni: 6%, 12,1%, 17,7% e 26,8%.
Si è visto che il trattamento ipotensivo riduce, in termini relativi, il rischio di eventi cardiovascolari (ictus, infarto, scompenso cardiaco e morte da cause cardiovascolari), rispettivamente del 18%, del 15%, del 13%, del 15%.
La riduzione del rischio è, quindi, di entità simile indipendentemente dal valore del rischio cardiovascolare basale. 
Tuttavia se si esprimono i dati in termini di numero di eventi evitati si nota che nel gruppo con rischio basale a 5 anni del 6% si evitano, in quattro anni di trattamento, 14 eventi ogni 1000 trattati, nel gruppo con rischio del 12,1% si evitano 20 eventi ogni 1000 trattati, nel gruppo con rischio del 17,75 si evitano 24 eventi ogni 1000 trattati e nel gruppo con rischio del 26,8% si evitano 38 eventi ogni 1000 trattati.


Secondo gli autori questi dati dovrebbero portare, in futuro, ad una rivalutazione, nelle linee guida, del rischio cardiovascolare come criterio principale per decidere se intraprendere o meno un trattamento ipotensivo. Insomma i medici dovrebbero basarsi più sul rischio cardiovascolare globale di un paziente piuttosto che sul semplice valore della pressione arteriosa.


Come si può vedere si tratterebbe dello stesso approccio che viene consigliato da alcune linee guida (non da tutte per il vero) per il trattamento dell'ipercolesterolemia, in cui la scelta se usare o meno i farmaci ipolipemizzanti si basa più sul calcolo del rischio cardiovascolare che sul valore in sè del colesterolo. 


In effetti se volessimo esprimere l'efficacia del trattamento ipotensivo come NNT (numero di soggetti che è necessario trattare per evitare un evento) vedremmo che per le quattro classi di rischio cardiovascolare avremmo rispettivamente un NNT di 71, 50, 41, 26.
In altre parole anche per l'ipertensione vale la regola che l'efficacia è maggiore quanto più alto è il rischio cardiovascolare: in caso di basso rischio occorre trattare per circa 4 anni 71 pazienti per evitare un evento, nel caso di rischio molto elevato basta trattarne 26.
Detto con parole ancora diverse: i farmaci antipertensivi funzionano sempre, anche nel basso rischio, ma esprimono tutto il loro potenziale nei soggetti a rischio elevato o molto elevato.


A questo punto però si pone la domanda: qual è il livello di rischio oltre il quale è giusto iniziare il trattamento? Come si può capire la soglia è arbitraria e non è difficile prevedere che se, in futuro, le varie linee guida abbracceranno la strategia suggerita dagli autori della metanalisi recensita in questa pillola probabilmente lo faranno adottando cut off di rischio diversi.



Renato Rossi



Bibliografia



1, http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5987


2. NICE clinical guideline 127. Clinical management of primary hypertension in adults. August 2011.


3. The Blood Pressure Lowering Treatment Trialists' Collaboration. Blood pressure-lowering treatment based on cardiovascular risk: a meta-analysis of individual patient data. Lancet 2014 Aug 16; 384:591-598.

 
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