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PPI diuretici e ipomagnesiemia
Pubblicato da dzamperini in data 27/03/2017 00:00
Medicina Clinica


 Una rivisitazione su PPI, diuretici e ipomagnesemia. 



 Gli inibitori di pompa protonica (PPI) sono attualmente la terapia più importante per il reflusso gastro-esofageo, l’ulcera peptica, la dispepsia non-ulcerosa e per la prevenzione della gastropatia con l’uso di farmaci antinfiammatori non-steroidei. L’ampio spettro di indicazioni e il profilo di sicurezza favorevole ne hanno fatto uno dei farmaci di uso più comune. Per il loro uso diffuso e spesso a lungo termine, la sicurezza dei PPI ha ricevuto attenzione fin dalla loro prima introduzione in commercio. Dal 2006, sono stati riportati casi di ipomagnesiemia in associazione all’uso di PPI, talora accompagnata da ipopotassiemia e da ipocalcemia. La ipomagnesiemia grave può esitare in tetania, convulsioni o aritmia cardiaca. Sebbene le ipomagnesiemia di media entità sia spesso asintomatica, potrebbe essere comunque rilevante, poiché studi di popolazione hanno mostrato che anche la media ipomagnesiemia è associata a rischio aumentato di diabete, osteoporosi, malattia cardiovascolare e mortalità. Anche se casi di grave ipomagnesiemia non sono stati riportati con l’uso di antagonisti dei recettori 2 dell’istamina (H2RA), uno studio recente ha mostrato che il loro uso a lungo termine è associato ad ipomagnesiemia.

Poiché l’uso di PPI è stato associato ad ipomagnesiemia in case reports e in studi di coorte ospedalieri, gli autori di questo studio prospettico di coorte si sono posti l’obiettivo di determinare se l’uso di PPI fosse associato ad ipomagnesiemia in una popolazione generale ed anche se ipomagnesiemia fosse riscontrata in soggetti utilizzatori di antagonisti dei recettori 2 dell’istamina (H2RA). E’ stato misurato il valore sierico di magnesio, vlutando ipomagnesiemia un valore di magnesio sierico ≤ 1.44 mEq/L. L’analisi è stata aggiustata per sesso, età, BMI, funzionalità renale, condizioni di comorbilità, uso di alcool e di diuretici. 

Risultati:  

Il livello di magnesio sierico era più basso di 0.022 mEq/L negli utilizzatori di PPI (n = 724; 95% IC, −0.032 −0.014 mEq/L) rispetto ai non utilizzatori. L’uso di PPI era associato a rischio aumentato di ipomagnesiemia (n = 36; OR, 2.00; 95% IC, 1.36–2.93) rispetto al non uso. Una modifica dell’effetto è stata trovata tra uso di PPI e di diuretici dell’ansa; nei partecipanti che usavano diuretici dell’ansa (n = 270), l’uso di PPI era associato ad un ulteriore incremento di rischio di ipomagnesiemia (n = 5; OR, 7.22; 95% IC, 1.69–30.83) rispetto al non uso. L’aumento di rischio con i PPI si vedeva solo dopo utilizzo prolungato (range, 182–2,618 giorni; OR, 2.99; 95% IC, 1.73–5.15). L’introduzione alimentare di magnesio nella dieta non alterava i risultati (disponibile per 2.504 partecipanti, compresi 231 utilizzatori di PPI). Anche gli utilizzatori di H2RA (n = 250) avevano un livello sierico di magnesio più basso (−0.016 [95% IC, −0.032 −0.002] mEq/L) ed un rischio aumentato di ipomagnesiemia (n = 12; OR, 2.00; 95% IC, 1.08–3.72) rispetto al non uso, ma non vi erano interazioni con i diuretici dell’ansa.
Gli autori concludono che l’uso di PPI è associato ad ipomagnesiemia nella popolazione generale. In particolare, l’uso prolungato e l’associazione con i diuretici dell’ansa sono associati ad un più forte aumento del rischio. Simili, ma più deboli associazioni sono state riscontrate negli utilizzatori di H2RA, tranne l’associazione con i diuretici dell’ansa. 

Fonte: 

Proton Pump Inhibitors and Hypomagnesemia in the General Population: A Population-Based Cohort Study.Kieboom BC e coll. Am J Kidney Dis. 2015 Nov; 66(5):775-82.

Commento di Patrizia Iaccarino: 

Nella comunicazione della FDA del 2011 (1) si affermava che il meccanismo d’azione della ipomagnesiemia da PPI non era noto; nel corso di questi anni, invece, si è ritenuto legato al ridotto riassorbimento intestinale di magnesio. Poiché, però, gli autori di questo lavoro hanno riscontrato un aumento del rischio con l’associazione con i diuretici dell’ansa, e non con i diuretici tiazidici, hanno avanzato altre ipotesi che ci sembra interessante riportare. I diuretici dell’ansa possono compromettere il riassorbimento renale di magnesio necessario a compensare le perdite intestinali di magnesio. I diuretici tiazidici possono causare ipomagnesiemia anche aumentando le perdite renali di magnesio e sono utilizzati circa il doppio dei diuretici dell’ansa, nella popolazione in studio. Il che suggerisce che quantitativamente, il riassorbimento di magnesio nell’ansa di Henle (su cui agiscono i diuretici dell’ansa), per compensare le perdite intestinali di magnesio, è più importante che nel tubulo convoluto distale (dove agiscono i diuretici tiazidici). In alternativa, vi possono essere differenze nel meccanismo compensatorio. E’ ben noto che l’uso di diuretici esita in un aumento compensatorio del riassorbimento in quelle parti del nefrone che non sono bloccate dai diuretici. Recentemente è stato dimostrato che i PPI causano una riduzione minore, ma significativa, del potenziale del recettore tipo melastina 6 (TRPM6) nel rene, situato sul tubulo convoluto distale. Il che potrebbe implicare che il TRPM6 non può compensare più a lungo le aumentate perdite fecali e urinarie di magnesio indotte dall’uso combinato di PPI e diuretici dell’ansa. Invece, il riassorbimento di magnesio paracellulare di magnesio nell’ansa di Henle può rimanere intatto, per prevenire la ipomagnesiemia con l’uso combinato di PPI e diuretici tiazidici. 
In definitva, da questo lavoro si evince che è necessaria maggiore attenzione, da parte dei medici di medicina generale, ai livelli di magnesio in pazienti con uso prolungato di PPI, soprattutto se associati a diuretici dell’ansa. 

Riferimenti:

http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5200

 
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