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Ancora a proposito di target pressori
Pubblicato da dzamperini in data 16/01/2019 00:00
Medicina Clinica


Un recente articolo forse metterà d’accordo le Linee Guida europee e americane che continuano a non essere d’accordo circa il target da raggiungere con terapie più o meno aggressive.


Ancora a proposito di target pressori
Un recente articolo forse metterà d’accordo le Linee Guida europee e americane che continuano a non essere d’accordo circa il target da raggiungere con terapie più o meno aggressive
Il nostro amico Renato Rossi che si è già lungamente occupato del problema (1) perdonerà l’invasione di campo ma appena letto l’articolo di Khan (2) ho pensato con sollievo che forse abbiamo trovato l’anello mancante nell’evoluzione teorica del pensiero relativo ai target pressori, anche perché quel lavoro di origina da una analisi post-hoc del trial SPRINT (3) del quale due diverse interpretazioni generano il conflitto attualmente stridente tra linee guida europee e americane. I risultati del trial SPRINT, infatti, mostrano che il trattamento intensivo di pazienti ipertesi con almeno 50 anni di età fino ad un target di pressione arteriosa sistolica di 120 mmHg ha ridotto significativamente gli eventi cardiovascolari del 30% e la mortalità di quasi il 25% rispetto ai pazienti trattati per un target di 140 mmHg. Tale studio, che ha arruolato pazienti ipertesi con almeno un altro fattore di rischio cardiovascolare o malattia renale preesistente, è stato interrotto in anticipo dopo 3,3 anni (il completamento dello studio era previsto per il 2018) a causa del beneficio della strategia intensiva. 

Ma Krumboltz, il discussant della sessione AHA dedicata al trial SPRINT, commentando questi risultati rilevava che i criteri di inclusione dello studio che non arruolava i diabetici ed i pazienti con storia di malattia cerebrovascolare, di fatto impediscono di applicare i risultati ottenuti ai 5/6 della popolazione reale. I criteri di misurazione della pressione adottati dallo studio non sono peraltro  facilmente riproducibili nella vita reale, La durata dello studio di 3,3 anni non è poi considerata sufficiente per un serio follow-up. Infine su cento pazienti trattati/anno si sono verificati un caso di severa ipotensione con rischio di morte, un caso di sincope e due di progressione grave di insufficienza renale. Le conclusioni di Krumboltz sono che alcune persone potrebbero avere una minore probabilità di beneficiare di un trattamento intensivo e viceversa un maggiore  rischio di presentare eventi avversi . Secondo gli autori dello studio gli eventi cardiovascolari evitati sono maggiori di quelli provocati dal trattamento intensivo dell’ipertensione. 
L’Europa ha recepito le tesi di Krumboltz ritenendo di non dover adeguare le proprie Linee Guida, 
L’America ha viceversa accolto l’evidenza delle conclusioni del trial SPRINT indipendentemente da tutte le criticità di selezione e metodologia sopra riportate. 
Credo la logica assicurativa che è alla base del sistema americano non sia estranea a questa decisione. 

E adesso arriva questa analisi post-hoc del trial  SPRINT che ci dimostra che “ A J-shaped relationship with diastolic pressure was observed in both treatment arms in patients with or without cardiovascular disease (P nonlinearity ≤0.002). When diastolic pressure fell <55 mm Hg, the hazards were at least 25% higher relative to 70 mm Hg (P=0.29). The hazard ratios (95% CI) of diastolic pressure <55 mm Hg versus 55 to 90 mm Hg were 1.68 (1.16–2.43), P value 0.006 and 1.52 (0.99–2.34), P value 0.06 in patients without and with prior cardiovascular disease, respectively “ . 

Un trattamento intensivo, bassi valori basali di PAD, un'elevata pressione differenziale, il sesso maschile, l'età avanzata, la storia di malattia cardiovascolare ed elevati valori di creatinina erano associati al rischio di raggiungere bassi valori di PAD. 
Pertanto, un trattamento intensivo dei valori pressori può determinare un aumento del rischio di eventi cardiovascolari, se la PAD scende fino a valori inferiori a 55 mmHg. Alla luce di questi risultati, nei pazienti ipertesi in terapia è opportuno prestare attenzione non solo alla PAS ma anche alla PAD, soprattutto nei pazienti più anziani, con storia di malattia cardiovascolare o con creatinina elevata, esposti maggiormente al rischio di bassi valori diastolici. Per i pazienti ipertesi con diabete o pregressa patologia cerebrovascolare. non arruolati nel trial SPRINT, non è possibile trarre alcuna evidenza circa il fatto che un trattamento intensivo dell’ipertensione sia più efficace di un trattamento standard.  
Lo studio SPRINT non può, quindi, modificare le consolidate conclusioni di altre Linee Guida Europee per l’ipertensione arteriosa ESC 2013 cui si rimanda per la terapia dell’ipertensione nei pazienti con diabete mellito e/o con malattia cerebrovascolare

In conclusione, potremmo dire che il trattamento intensivo si addice ad un paziente platonico o del mondo delle idee: l’iperteso puro. Per i pazienti aristotelici, o del mondo reale: gli ipertesi più anziani, magari di sesso maschile, con storia di malattia cardiovascolare o con creatinina elevata è consigliabile maggiore prudenza mirata al perseguire un trattamento standard che si prefigga di raggiungere target meno ambiziosi. Per i pazienti con diabete o storia di malattie cerebro vascolare è preferibile continuare a seguire le Linee Guida 2013 ESC basate sull’analisi corretta di tutte le evidenze senza enfatizzarne o sopravalutarne alcuna. 

P.S.  Apprendo ora che sono state svelate le Linee Guida 2018 ESC per l’ipertensione. Ad una prima lettura il nuovo target per la PAS è variabile essendo dipendente dall’età; il target di PAD è per tutti < 80mmHg: una apertura verso la flessibilità di trattamento ma ancora nessuna indicazione circa quanto inferiore a 80 mmHg debba essere il target della PAD.  La saga continua mentre io mi sto domandando come si possa conciliare la promozione della terapia sartoriale personalizzata con indicazioni generiche e generalizzate. Vedremo……. Questo articolo, troppo recente per essere stato considerato dagli estensori delle linee guida 2018 ESC, sembra comunque consigliare un target di PAD compreso tra valori di 55 e 80 mmHg!

Enzo Pirrotta


 
Bibliografia

1. Il target pressorio del trattamento antiipertensivo secondo Cochrane
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6850
Discussioni su quanto ridurre la pressione arteriosa nell’iperteso
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6791
Quale dovrebbe essere il target pressorio nel trattamento dell’ipertensione
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6505
Trattamento intensivo dell’ipertensione: i risultati dello studio SPRINT
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6436
Il controllo intensivo della pressione arteriosa non aumenta il rischio di cadute
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6280
Nel paziente nefropatico quale dovrebbe essere il target del trattamento antiipertensivo?
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5202
Serve ridurrre la pressione arteriosa al di sotto di 140/90 mmHg?
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4736
Obiettivi pressori nei pazienti con diabete di tipo  2
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=182

2. Khan NA et al.  Effect of lowering diatolic pressure in patients with and without cardiovascular disease Hypertension. 2018;71:840-847
3. The SPRINT Research Group N Engl J Med 2015; 373:2103-2116 November 26, 2015DOI: 10.1056/NEJMoa1511939

 
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