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I test sierologici per il coronavirus
Pubblicato da dzamperini in data 05/05/2020 00:00
Medicina Clinica



Centinaia di laboratori in tutto il mondo stanno accelerando la ricerca di test sierologici specifici per il nuovo coronavirus, in grado di confermare la presenza di un’infezione in atto (IgM) o pregressa (IgG). I test ricercano in modo selettivo nel sangue intero, plasma o siero del paziente anticorpi che riconoscono porzioni specifiche del virus, in genere le glicoproteine “spike” presenti sulla superficie necessarie al virus per entrare nelle cellule e infettarle. 


Perché i test

L’utilità dei test, in corso di validazione dalla comunità scientifica, è la valutazione dell’andamento della pandemia, la diffusione del virus, in particolare il numero dei contagiati, soprattutto asintomatici e oligosintomatici quasi sempre non diagnosticati, dei soggetti che non hanno avuto contatto con il virus, oppure di quelli in fase iniziale della malattia, con tampone negativo ma in grado di diffondere il virus. Il test può anche identificare la fase di esaurimento dell’infezione, con la presenza di entrambi gli anticorpi o l’esaurimento della fase acuta con la presenza delle IgG, mediamente presenti dopo circa 12 giorni. 
La diagnostica sierologica potrebbe in particolare consentire l’individuazione dei contagiati tra medici, infermieri e altre figure professionali in prima linea contro il Covid-19 che, avendo sviluppato l’immunità, potrebbero lavorare in maggiore sicurezza. In generale i soggetti che hanno superato l’infezione potrebbero interrompere il distanziamento sociale e riprendere il lavoro o le lezioni scolastiche. 
La sierologia potrebbe anche apportare ulteriori conoscenze scientifiche rispetto ad un fatto importante ed inquietante: alcune malattie virali, come la Dengue, possono presentare sintomi più gravi nei soggetti che hanno sviluppato in precedenza immunità parziale, mediante un meccanismo di eccessiva risposta immunitaria. Secondo alcuni esperti questo potrebbe spiegare la maggiore letalità della Covid-19 negli anziani rispetto ai bambini, meno esposti ad altri coronavirus [1]. 

Ma funzionano ?

Sono in corso valutazioni in merito agli aspetti immunologici, in particolare tempi di comparsa degli anticorpi e loro evoluzione, e soprattutto studi di sensibilità e specificità delle metodiche diagnostiche in commercio. Queste spesso vantano ottimi risultati ma al momento la loro attendibilità è da dimostrare perché la valutazione è qualitativa e non quantitativa, inoltre gli studi sono condotti su piccoli numeri e solo pochi kit sono validati con il marchio CE e l’iscrizione al Ministero della Salute come Dispositivi Medici. 
Il test può ad esempio risultare positivo se una persona è stata infettata da un altro coronavirus, ma il test non è abbastanza sensibile per distinguere i due patogeni. Questo è un limite importante della metodica: se consideriamo che circa un quinto dei comuni, benigni raffreddori, sono causati da altri Coronavirus ( NON COVID 19) [2] è evidente come potremmo avere un numero elevato di falsi positivi. 
Questo limite della metodica andrebbe approfonditamente valutato, in quanto una positività aspecifica non equivale ad immunità per il Covid e potrebbe indurre ad ingiustificati ottimismi ed a comportamenti a rischio. 
Il test può anche risultare negativo se eseguito troppo presto rispetto al momento del contagio, prima che il sistema immunitario abbia attivato la risposta. La persona potrebbe quindi, inconsapevolmente, estendere il contagio. Sembra infatti che debbano passare almeno 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi: qualsiasi test sierologico effettuato prima di questo arco di tempo potrebbe risultare negativo, anche se il paziente ha effettivamente contratto il virus [3]. 
Un quesito non risolto è la durata dell’immunità. Per altri coronavirus si è visto che può durare diversi mesi, ma in seguito comincia a decrescere. Sono stati riportati in Cina e in Giappone alcuni casi di persone guarite dal Covid-19 che, anche dopo un test molecolare negativo, sarebbero state infettate di nuovo. Tuttavia è possibile che in realtà non si sia trattato di nuove infezioni, ma di test non validati o non eseguiti correttamente. 
In estrema sintesi possiamo sperare che a breve si ottengano test affidabili. La sfida è trovare il giusto equilibrio tra rigore scientifico e rapidità nell’affrontare un’epidemia che la comunità medico-scientifica sta imparando a conoscere quasi giorno dopo giorno. 


Giampaolo Collecchia e Riccardo De Gobbi


Bibliografia 

1)Vogel G. New blood tests for antibodies could show true scale of coronavirus pandemic https://www.sciencemag.org/news/2020/03/new-blood-tests-antibodies-could-show-true-scale-coronavirus-pandemic#

2)https://www.lescienze.it/news/2020/02/06/news/coronavirus_causano_infezioni_raffreddore_polmonite-4673102/

3) Bin Lou et al. Serology characteristics of SARS-CoV-2 infection since the exposure and post
symptoms onset https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.03.23.20041707v1.full.pdf 

 
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