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Ancora sul K prostatico: lo scopritore del PSA ci ripensa
Pubblicato da dzamperini in data 18/03/2010 00:00
Medicina Clinica
Secondo lo scopritore del test lo screening con PSA del cancro prostatico sarebbe un vero e proprio disastro per la salute pubblica.
Il test va usato in modo piu' appropriato, pur tenendo conto delle differenze tra sanita' USA e quella italiana



Il New York Times del 9 marzo 2010 ospita un articolo del dr. Richard Ablin, che nel 1970 scoprì il PSA. Secondo Ablin lo screening del cancro prostatico con il dosaggio del PSA è diventato un costosissimo disastro per la salute pubblica. L'articolo è intitolato "Il grande errore prostatico".
Vi si legge che il conto che gli USA pagano ogni anno per lo screening con PSA è di circa 3 miliardi di dollari, ma l'efficacia del test è paragonabile, più o meno, al lancio di una monetina.
Ablin precisa che per anni ha cercato di far capire che il PSA non svela il cancro prostatico perchè molte condizioni, oltre al tumore, possono provocarne l'aumento (infezioni, iperplasia prostatica benigna, farmaci assunti comunemente come l'ibuprofene). Ma, cosa più importante, il PSA non riesce a differenziare fra una forma aggerssiva di tumore, potenzialmente fatale, ed una forma non aggressiva che non porterà a morte il paziente. Pertanto il PSA non dovrebbe essere usato come test di screening in tutti gli uomini con più di 50 anni. Al contrario ha un ruolo utile nei pazienti trattati per cancro della prostata dove un suo rapido incremento indica una recidiva della malattia.
"Non avrei mai pensato che la mia scoperta, 40 anni dopo, avrebbe portato ad un tal disastro di salute pubblica" commenta Ablin. "La comunità medica dovrebbe smetterla di usare in modo inappropriato il PSA, così si risparmierebbero migliaia di dollari e di trattamenti non necessari e disabilitanti."

Fonte:

Commento di Renato Rossi
Le argomemtazioni del dr. Rochard Ablin non dovrebbero meravigliare più di tanto: sono state più volte sottolineate da questa testata.
E' interessante notare, comuqnue, che qualcosa sta cambiando. Qualche tempo fa la United States Preventive Service Task Force aveva emanato delle linee guida in cui si sconsigliava il dosaggio del PSA dopo i 75 anni [1], mentre nel 2009 due studi pubblicati dal New England Journal fo Medicine non erano riusciti a fare chiarezza sull' intricata questione se lo screening del cancro prostatico sia in grado o meno di ridurre la mortalità specifica [2].
Ancora più recentemente l'American Cancer Society ha emanato delle linee guida che invitano alla cautela sullo screening, consigliano una informazione completa ed accurata sui benefici potenziali ma anche sui rischi reali del dosaggio del PSA in soggetti asintomatici e raccomandano una scelta consapevole da parte del paziente [3].
Il dr. Ablin, nel suo articolo, cita queste ultime linee guida, così come la conclusione dell'American College of Preventive Medicine secondo la quale ci sono prove insufficienti per consigliare lo screening routinario con PSA. Per contro l'American Urological Association rimane ancora schierata nella sua posizione favorevole allo screening.
Non rimane comunque che prendere atto della notevole controversia che ancora circonda l'argomento, in attesa dei risultati degli altri RCT in corso. Riusciranno, questi ultimi, a por termine ad una diatriba che si riufiuta di concludersi? Per il momento è giocoforza scrivere, come nei fumetti di una volta "to be continued".
Sicuramente non si sbaglia se si mette in atto quanto da tempo andiamo consigliando: il medico informi accuratamente ed in modo il più possibile asettico il paziente e lasci a quest'ultimo la decisione finale. Ovviamente questo richiede tempo, un medico che conosca e, soprattutto, sia in grado di spiegare problematiche complesse in modo chiaro e comprensibile, un paziente che non pretenda dalla medicina una risposta sempre rapida e sicura ed accetti che esistono aree di incertezza che attualmente non si è in grado di eliminare.

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