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Evoluzione delle cure primarie in atto negli USA
Pubblicato da dzamperini in data 29/11/2012 00:00
Pensieri e opinioni professionali
Negli Stati Uniti d’America è in atto una profonda e radicale trasformazione del Sistema Sanitario, che inevitabilmente coinvolgerà la Medicina Generale.
Malgrado le importanti differenze tra uk SSN italiano e il SS USA molte osservazioni possono rivestire notevole interesse anche per i medici italiani.



In un report ad una conferenza tenutasi in USA nel maggio 2011, sponsorizzata dalla Fondazione Josiah Macy Jr, viene stimata una riduzione di circa 100.000 medici statunitensi entro metà del prossimo decennio, che colpirà in modo particolare i General Pratictioners. Un altro report della Robert Wood Johnson Foundation, inoltre, viene evidenziata, a fronte di una riduzione dei medici di medicina generale nelle aree rurali, una crescita, stimata attorno al 9% per anno degli infermieri cosiddetti ‘di famiglia’ dal 1999 al 2005.

La dottoressa Christine Sinsky ed il dottor Thomas Bodenheimer, in un progetto teso a valutare il grado di soddisfazione ed appagamento dei medici nell’esercizio della loro professione, hanno notato che l’informatizzazione e l’eccessiva burocratizzazione della Medicina Generale hanno apportato un aumento delle attività non mediche tali da impiegare due terzi dell’attività professionale medica in lavoro d’ufficio.

Abraham Verghese, professore della Facoltà di Medicina dell’Università di Stanford, è convinto che l’informatizzazione degli ambulatori di medicina generale, divenuta ubiquitaria in USA, abbia negativamente modificato il rapporto medico-paziente, riducendo il tempo che viene impiegato per l’esame obiettivo a fronte della necessità di registrare i dati nei computers, ed auspica che in futuro, durante gli anni di formazione clinica nelle scuole mediche, vengano previsti dei periodi di internato negli ambulatori dei General Pratictioner per permettere loro di apprendere la semeiotica direttamente sul campo. La riforma del sistema sanitario statunitense prevede un maggiore interesse per le patient-centered medical home. Per molti anni le residencies della medicina di famiglia hanno ospitato giovani medici tirocinanti, che apprendevano strategie collaborative operando con farmacisti e psichiatri membri del team. Secondo Frank deGuy, professore e direttore del dipartimento di Medicina di Famiglia all’University of Colorado School of Medicine, nel corso di studi previsto dall’Università del Colorado i giovani medici apprendono anche strategie di management atte a realizzare un team per le cure primarie, ottimizzare le professionalità di ciascuna figura ivi operante ed ottenere un gruppo che progressivamente rivaluti ed incrementi i propri standard di qualità. Tuttavia, deGruy ammette le difficoltà presenti nell’introduzione di tale sistema nella medicina rurale, sia per lo scarseggiare di specialisti e strutture, sia per la carenza di finanziamenti. Per ottenere il numero di medici di medicina generale previsti dalla riforma del sistema sanitario, occorre reclutare un elevato numero di studenti, soprattutto da aree decentrate, ed investire nella formazione dei general pratictioners. George Thibault, presidente della Macy Foundation, professore di educazione medica e formatore all’Harvard Medical School, spera in un percorso formativo che inizi più precocemente per i giovani medici che vogliono esercitare la Medicina Generale, ed afferma che nei programmi didattici di formazione della Macy Foundation è previsto un corso formativo per l’apprendimento del lavoro in team e la promozione della collaborazione tra diverse figure professionali.

Fonte
Susan Okie, The Evolving Primary Care Physician, NEJM 366;20: 1849-1853.

Commento di Mirene Anna Luciani
I medici di medicina generale saranno progressivamente sostituiti da infermieri ed assistenti? Diventeranno partners o leaders in team multidisciplinari, impiegando la maggior parte del loro tempo nel controllare altri piuttosto che interagire con i pazienti? La maggior parte di loro sarà impiegata in associazioni e sistemi sanitari più vasti, e la medicina generale dei singoli e dei piccoli gruppi scomparirà per sempre?

Queste sono le domande con le quali la dottoressa Susan Okie apre quest’importante perspective, ed è evidente come i quesiti possano esser riferiti anche alla condizione della medicina generale italiana.

Alcuni punti analizzati rivestono particolare interesse:

1 – La crisi del sistema economico globale impone una riduzione delle risorse per l’assistenza sanitaria, con ripercussioni negative ma inevitabili anche per la medicina del territorio.

2 – La riduzione del numero dei medici di medicina generale può provocare un vero e proprio vuoto assistenziale soprattutto nelle aree rurali.

3 – La crescente burocratizzazione dell’attività ambulatoriale allontana il medico di medicina generale dalla vera essenza, più squisitamente clinica, della sua professione, e ciò deve essere combattuto.
4 – La nascita delle nuove strutture di medicina di associazione può rendere finalmente ragione dell’implementazione della Formazione in Medicina Generale, fungendo da sedi di tirocinio e di attività lavorativa sul campo.
5 – Diviene sempre più chiaro che anche durante il corso di laurea in medicina e chirurgia occorre introdurre dei tirocini negli ambulatori di medicina generale, proprio alla luce delle peculiarità esclusive della professione, che vanno conosciute non solo per migliorare l’apprendimento della semeiotica, di per sé basilare per il corretto esercizio della pratica clinica quotidiana, ma anche per migliorare la collaborazione tra le diverse figure professionali specialistiche.
6 - Negli ambulatori dei medici di medicina generale italiani è ormai indispensabile la presenza di figure professionali di supporto e collaborazione, quali segretari, infermieri, specialisti e collaboratori, ma nessuno di essi può e deve sostituire il ruolo del MMG.

Questi temi sono gli stessi che dovranno essere affrontati nel percorso di riforma della medicina generale italiana. E questo percorso rappresenta un’occasione unica per la categoria, ma soprattutto per la Formazione, che avrebbe finalmente la possibilità di veder riconosciute le proprie identità e dignità.  
 
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