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Responsabilità penale del chirurgo plastico
Pubblicato da dzamperini in data 26/03/2014 00:00
Normative di interesse sanitario Confermata la condanna per lesioni colpose gravi di un medico specialista in chirurgia plastica in seguito ad intervento mal riuscito di mastoplastica additiva. Respinta l’ esimente invocata in base all’ art. 3 della Legge Balduzzi. Ne’ vale il fatto che le possibili complicazioni fossero contenute nel consenso informato firmato dalla paziente..
(Cass Pen. VI n.2347 del 20 gennaio 2014)

Daniele Zamperini

Un medico aveva operato di mastoplastica additiva una paziente, incorrendo successivamente ( a causa dell’ ineguadezza delle protesi scelte) in una serie di complicazioni che portavano ad un peggioramento dell’ aspetto estetico rispetto allo stato preceente, ed inoltre ne causavano malattia di durata superiore ai 40 giorni.

Era percio’ stato condannato in primo e secondo grado per lesioni personali gravi.
 
Il medico ricorreva in Cassazione sulla base di due motivazioni:
1)      La paziente aveva firmato il modulo di consenso informato sulle possibili complicazioni dell’ intervento
2)      Trattavasi i “colpa lieve” per cui si invocava l’ esimente dell’ art. 3 della cosiddetta “Legge Balduzzi”
 
La Cassazione respingeva entrambi i motivi del ricorso.
 
Per quanto attiene il Consenso Informato, questo (afferma la Corte) non vale a escludere la responsabilita’ penale del medico in quanto l'acquisizione di tale consenso rappresenta solo la condizione di "liceità" della prestazione medico chirurgica ma non influisce sulla valutazione della sua condotta. Esso attiene alla liberta’ di scelta del paziente e concerne il suo diritto alla salute quale bene disponibile ma non costituisce norma scriminante di cui all’ art. 50 c.p.
Questo, a maggior ragione «nell'ambito della chirurgia estetica, che per sua natura non e’ connotata da situazioni di urgenza ma e’ finalizzata a migliorare l'aspetto fisico del paziente in funzione della sua vita di relazione».
 
La Suprema Corte respingeva poi la tesi di applicare alla fattispecie l'articolo 3 della legge Balduzzi (depenalizzazione della colpa lieve).  Tale norma esclude la responsabilita’ penale del sanitario se questi nel suo operato si attiene alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.
Nel caso trattato, tuttavia, non si riscontravano gli elementi indicati dalla norma.
 
Nel comportamento dell'imputato veniva accertata infatti la "colpa grave " rinvenibile "nell'errore inescusabile, che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell'uso dei beni manuali o strumentali adoperati nell'atto operatorio e che il medico deve essere sicuro di poter gestire correttamente o, infine, nella mancanza di prudenza o di diligenza, che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria".
 
Per questi motivi veniva confermata la responsabilita’ penale del chirurgo.
 
Commento personale:
Sebbene non costituisca una novita’, questa sentenza appare interessante perche’ ribadisce alcune nozioni importanti:
1)      Non e’ sufficiente far firmare al paziente un consenso informato che enumeri tutte le possibili complicazioni per esimersi, qualora queste poi si verifichino, dalle responsabilita’. Il fatto che potessero essere in certa misura prevedibili non esime il medico dall’ obbligo di fare di tutto per evitarle. Qualora il suo comportamento non sia idoneo allo scopo, risponde ugualmente delle conseguenze.
2)      L’ art. 3 della Legge Balduzzi sulla colpa lieve e’ applicabile solo nei casi di imperizia, qualora il sanitario abbia agito con diligenza e nel rispetto delle linee-guida e delle corrette metodiche professionali. Non e’ applicabile allorche’ si ravvisino comportamenti negligenti o se non siano rispettate le comuni regole del “buon operare”. In mancanza, non e’ possibile invocare la non punibilita’.
 
Non sono regole nuove ma e’ sempre utile ribadirle.
 
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