Diabete tipo 2: controllo glicemico secondo Cochrane
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Argomento: Medicina Clinica


Una revisione Cochrane conferma che la terapia ipoglicemizzante intensiva non riduce le maggiori complicanze macrovascolari del diabete, mentre potrebbe essere utile per le complicanze microvascolari.
 

Questa testata ha più volte affrontato il problema di quale dovrebbe essere, nel diabete di tipo 2, il target del controllo glicemico [1].

 
Le linee guida, recependo le indicazioni provenienti dalla letteratura, consigliano un approccio personalizzato [2]. In particolare nei diabetici giovani di nuova diagnosi, con lunga aspettativa di vita, si consiglia di mantenere l'emoglobina glicata a livelli inferiori al 7% (preferibilmente attorno al 6,5%). Al contrario, nei diabetici di vecchia data, negli anziani con poca aspettativa di vita, nei soggetti con complicanze cardiovascolari già in atto oppure nei pazienti che hanno avuto gravi e numerosi episodi ipoglicemici è preferibile mantenere valori di emoglobina glicata attorno a 7,5% - 8% o anche più.
 
Una revisione dei dati della letteratura arriva ora per merito della Cochrane Collaboration [3].
Lo scopo di questa risivitazione era di confrontare due strategie diverse: il controllo intensivo dell'equilibrio glicemico paragonato al controllo convenzionale nel diabete tipo 2. In realtà l'analisi è un aggiornamento di una revisione precedente in cui erano stati esaminati 20 RCT per un totale di quasi trentamila pazienti. L'aggiornamento ha ritrovato altri 8 trials per cui il numero totale di pazienti arruolati è aumentato a quasi 35.000.
 
Si è visto che non c'era differenza tra i due tipi di controllo glicemico per quanto riguarda la mortalità totale e quella cardiovascolare, il rischio di ictus non fatale, di rivascolarizzazione cardiaca o periferica. Il controllo glicemico intensivo ha ridotto il rischio di infarto miocardico non fatale del 13% e di amputazione di un arto inferiore del 35%, ma questi dati potrebbero essere inficiati dalla presenza di bias negli studi.
 
Il controllo glicemico intensivo comporta benefici sulle complicanze microvascolari: riduzione del rischio di nefropatia diabetica del 25%, di retinopatia del 21% e di fotocoagulazione retinica del 23%.
 
L'altro lato della medaglia è rappresentato dall'aumento del rischio di ipoglicemia lieve e grave e di reazioni avverse serie associato alla terapia intensiva. In particolare il rischio di ipoglicemia grave aumenta del 30%.
 
Nessuna differenza tra i due tipi di controllo glicemico per quanto riguarda la qualità di vita, lo stato fisico e mentale.
 
Gli autori della revisione, però, lamentano che i dati sui vari outcomes sono pochi e che il rischio di distorsioni dei trials è alto: solo due trials possono essere considerati privi di rischio di bias. Infatti concludono che la riduzione delle complicanze microvascolari sembra esserci, ma si deve non tener conto del rischio di bias presente negli studi.
 
Che dire?
 
Anche dalla Cochrane arriva la conferma che il controllo intensivo dell'equilibrio glicemico probabilmente non comporta una riduzione della mortalità e della morbilità cardiovascolari.
Le complicanze microvascolari sembrano invece beneficiare del controllo glicemico intensivo, ma conclusioni definitive sono difficili da trarre a causa del rischio di bias presente in molti studi.
 
Insomma, dopo decenni di studi e ricerche sul diabete esistono ancora zone di incertezza.
Quel che è certo è che, nonostante l'ampio armamentario terapeutico a disposizione del medico per il trattamento dell'iperglicemia, il diabete si conferma una patologia ostica che mette a dura prova le nostre abilità terapeutiche.
 
Ci sembra, per il momento, ragionevole seguire quanto raccomandato, in merito, dalle linee guida e perseguire un target glicemico ambizioso solo in pazienti selezionati [1]: diabetici giovani, di nuova diagnosi e con lunga aspettativa di vita. E' probabile infatti che in questi pazienti le arterie siano "relativamente sane" e le alterazioni aterosclerotiche non si siano ancora instaurate o siano comunque in fasi non avanzate per cui è più probabile che un equlibrio glicemico più stringente ottenga benefici clinici che sono invece difficili da raggiungere in pazienti più anziani e con diabete di più lunga durata in cui l'albero vascolare è più compromesso.
 
Renato Rossi
 
Bibliografia
 
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5568
 
2. Inzucchi SE et al. Management of hyperglycemia in type 2 diabetes: A patient-centered approach. Position statement of the American Diabetes Association (ADA) and the European Association for the Study of Diabetes (EASD). Diabetes Care 2012 Jun; 35:1364.
 
3. Hemmingsen B et al. Targeting intensive glycaemic control versus targeting conventional glycaemic control for type 2 diabetes mellitus. Cochrane Database Syst Rev. 2013 Nov 11;11:CD008143.





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