In caso di ictus ischemico se l'anticoagulante è stato somministrato da meno di 48 ore la trombolisi non dovrebbe essere eseguita, mentre può essere presa in considerazione la rivascolarizzazione meccanica del vaso occluso. Se si è incerti circa il tempo trascorso dall'ultima somministrazione di anticoagulante vanno dosati aPTT (per dabigatran) e PT (per inibitori del fattore Xa) e se alterati la trombolisi non si deve eseguire. Dopo la fase acuta l'anticoagulante andrebbe ripreso dopo 24 ore se si è trattato di TIA, dopo 3-6 giorni se si è trattato di ictus ad estensione lieve-media, dopo 2-3 settimane in caso di ictus molto estesi.
Un caso che si potrà presentare con una certa frequenza è il paziente che deve essere sottoposto a intervento chirurgico.
Se l' intervento chirurgico è urgente bisogna sospendere subito l'anticoagulante.
Nel caso di interventi programmati bisogna anzitutto considerare il rischio di sanguinamento dell'intervento.
Se l'intervento non è gravato da rischio emorragico importante dal punto di vista clinico (per esempio: coronarografia, procedure dentarie, interventi per cataratta o glaucoma, impianto di pacemaker) lo stesso può essere effettuato 12 ore dopo l'ultima assunzione dell'anticoagulante in casi di doppia somministrazione giornaliera o dopo 24 ore se si tratta di monosomministrazione.
Se si prevede che ci sia un certo rischio emorragico conviene interrompere l'anticoagulante 24 ore prima della procedura.
Se si prevede, al contrario, un rischio emorragico elevato bisogna interrompere l'anticoagulante 48 ore prima (3 giorni prima in caso di insufficienza renale, 4 giorni prima se la clearance della creatinina è inferiore a 50 ml/min).
Le linee guida non considerano la terapia ponte con eparina per mancanza di studi.
La ripresa dell'anticoagulante va effettuata generalmente 24-48 ore dopo l'intervento.
Se si prevede che ci sia un rischio di tromboembolismo venoso (per esempio dopo interventi che richiedono l'immobilizzazione) è opportuno, dopo circa 8 ore dall'intervento, somministrare una eparina a basso peso molecolare e iniziare l'anticoagulante dopo 2-3 giorni.
Un caso particolare è rappresentato dal paziente con fibrillazione atriale che si deve sottoporre a cardioversione. Il nuovo anticoagulante orale deve essere prescritto almeno tre settimane prima della procedura e poi deve essere continuato per almeno un mese. E' sempre necessario eseguire un ecocardiogramma trans-esofageo per escludere la presenza di trombi endocavitari.
Resta da esaminare il caso dei pazienti oncologici. Questi pazienti, con neoplasia in fase attiva, sono stati esclusi dagli studi con i NOACS, per cui se il paziente è in fibrillazione atriale è preferibile usare l'eparina non frazionata oppure un inibitore della vitamina K.
Diverso il caso di un paziente già in trattamento con un anticoagulante di nuova generazione in cui venga posta diagnosi di neoplasia. In generale la terapia anticoagulante può essere continuata ( da ridurre di dosaggio o interrompere se si intraprende un trattamento che sopprime l'attività midollare). In tutti i casi, comunque, è necessaro un monitoraggio dell'emocromo, della funzionalità renale ed epatica.
Renato Rossi
Bibliografia
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6042
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5839
3. Heidbuchel H et al. EHRA Pratical Guide on the use of new oral anticoagulants in patients with non-valvular atrial fibrillation: executive summary. European Heart Journal. Pubblicato online il 16 aprile 2013. Doi:10.1093/eurheart/eht134.
http://tinyurl.com/ma8gnur