Serve lo screening dei fattori di rischio cardiovascolare?
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Argomento: Medicina Clinica


Uno studio randomizzato e controllato evidenzia che, a livello di popolazione, lo screening dei fattori di rischio cardiovascolare non riduce la cardiopatia ischemica, l'ictus e la mortalità.



Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nel mondo occidentale. Perciò è prassi comune effettuare uno screening su persone sane dei vari fattori di rischio cardiovascolare (fumo, diabete, ipercolesterolemia, ipertensione, etc.).

Ma è davvero utile?

Per determinarlo è stato effettuato in Danimarca uno studio clinico randomizzato e controllato che ha arruolato 59616 soggetti sani di età compresa tra i 30 e i 60 anni.
I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: un gruppo intervento di 11629 soggetti e un gruppo controllo di 47987.

Gli appartenenti al gruppo intervento sono stati invitati allo screening e sottoposti alla valutazione del rischio cardiovascolare; a loro sono stati forniti consigli, eventalmente anche con incontri di gruppo per smettere di fumare e per praticare attività fisica. Infine sono stati inviati al loro medico curante per l'eventuale prescrizione di farmaci se ritenuti necessari.

L'intervento ha avuto una durata di 5 anni.

L'endpoint primario era rappresentato dalla cardiopatia ischemica, mentre endpoint secondari erano l'ictus, l'infarto, la combinazione di ictus e infarto, la mortalità totale.
Questi endpoint sono stati valutati dopo 10 anni.
Non si è registrata una differenza statisticamente significativa nè per l'endpoint primario nè per quelli secondari tra gruppo intervento e gruppo controllo.

Che dire?

Lo studio è sicuramente intrigante perchè suggerisce che un intervento di screening a livello di popolazione dei vari fattori di rischio cardiovascolare associato ad un programma per migliorare lo stile di vita (ed eventualmente a terapie farmacologiche se necessarie) non è in grado di ridurre l'incidenza di cardiopatia ischemica, ictus e mortalità.
Da considerare che i soggetti randomizzati al gruppo intervento sono stati sottoposti a valutazione al baseline, a uno, a tre e a cinque anni; inoltre quelli ritenuti ad alto rischio sono stati sottoposti a ben sei incontri di gruppo al fine di migliorare il loro stile di vita.
Nel mondo reale è probabile che una gestione di questo tipo sia difficile da implementare, per cui i risultati che si possono ottenere possono essere ancora più dubbi.

Gli autori citano i dati di due lavori che confermano i loro risultati.

Il primo è l'unico studio, oltre a quello recensito in questa pillola, che abbia valutato gli effetti dello screening dei fattori di rischio cardiovascolare a livello di popolazione [2].
Anche in quel caso non si registrò alcuna dimunzione della cardiopatia ischemica, dell'ictus e della mortalità nel gruppo screenato.

Il secondo è una revisione Cochrane [3] che suggerisce che interventi su multipli fattori di rischio cardiovascolare non sono in grado di ridurre l'incidenza della malattia coronarica.

Quindi, tutto da rifare? Dobbiamo abbandonare la prevenzione cardiovascolare primaria?

Ci sembra troppo presto per farlo.

Gli stessi autori dello studio riconoscono alcuni limiti: solo circa il 50% dei soggetti invitati allo screening si presentò effettivamente; inoltre il follow up è durato 10 anni, un periodo di tempo forse troppo breve per valutare l'impatto dello screening a livello di popolazione.

Infine va considerato che un conto è un intervento di questo tipo sulla popolazione generale, un altro è l'intervento personalizzato del medico sul singolo paziente.

Insomma: lo screening generalizzato dei fattori di rischio cardiovascolare a livello di popolazione potrebbe essere meno utile di quanto si creda, uno screening opportunistico eseguito dal medico curante su "quel" paziente e il trattamento in caso di rischio elevato è una questione diversa.


Renato Rossi

Bibliografia

1. Jørgensen T et al. Effect of screening and lifestyle counselling on incidence of ischaemic heart disease in general population: Inter99 randomised trial. BMJ 2014;348:g3617

2. Wilhelmsen L et al. The multifactor primary prevention trial in Göteborg, Sweden.
Eur Heart J 1986; 7:279-88

3. Ebrahim S et al. Multiple risk factor interventions for primary prevention of coronary heart disease. Cochrane Database Syst Rev2011;(1):CD001561.






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