Autogestione della terapia antipertensiva
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Argomento: Medicina Clinica


Secondo uno studio inglese l'autogestione della terapia antipertensiva non solo è fattibile, ma è anche in grado, a distanza di un anno, di ridurre i valori medi della pressione arteriosa rispetto alla pratica usuale.

Nella pratica clinica è frequente che il paziente iperteso si misuri la pressione a domicilio e in seguito vari la terapia antipertensiva, aumentando o riducendo la dose o sospendendo momentaneamente uno o più farmaci, in base ai valori riscontrati, anche senza rivolgersi al medico per avere consigli.

Altre volte la variazione di dosaggio o la sospensione momentanea di uno o più farmaci antipertensivi viene attuata perchè compaiono disturbi che, a ragione o a torto, il paziente ritiene siano dovuti ai farmaci che assume.

Inoltre una variazione della terapia viene talora attuata spontaneamente durante la stagione calda quando la pressione arteriosa, in molti soggetti, tende a valori più bassi.

Sono quindi molte le occasioni e le motivazioni per cui il paziente attua una specie di "self management" della terapia. Non è noto se questa pratica sia utile oppure dannosa, soprattutto nel paziente ad alto rischio cardiovascolare.

Ha cercato di far luce sulla questione uno studio, effettuato in practices inglesi, che ha interessato 555 pazienti ipertesi ad elevato rischio cardiovascolare perchè affetti anche da diabete, cardiopatia ischemica, malattia cerebrovascolare o nefropatia.
Dallo studio sono stato esclusi i pazienti con demenza, ipotensione posturale, malattia terminale, gravidanza e quelli che assumevano più di tre farmaci ipotensivi.

I partecipanti sono stati randomizzati o alla cura usuale oppure al self management con automonitoraggio della pressione arteriosa.
I pazienti randomizzati a questo secondo gruppo sono stati istruiti con 2-3 sessioni sia su come assumere la terapa e come effettuare il monitoraggio della pressione sia su come variare la terapia in base ai valori pressori riscontrati, secondo un piano prestabilito. In caso di riscontro di determinati valori pressori i pazienti dovevano rivolgersi prontamente al medico curante.

Al termine dello studio, che è durato un anno, i pazienti del gruppo intervento avevano una pressione arteriosa media inferiore rispetto a quelli del gruppo usual care: 128/74 mmHg versus 139/76 mmHg.

In conclusione: lo studio dimostra che l'automonitoraggio e l'autogestione della terapia antipertensiva è una pratica fattibile ed è anche utile a ridurre i valori medi della pressione artiosa rispetto alla pratica usuale.

Ovviamente rimangono alcuni punti critici che è bene non dimenticare:

1) non tutti i pazienti possono essere avviati a questa pratica: si deve trattare di soggetti ben motivati che dimostrino di aver compreso e di essere in grado di mettere in atto quanto prestabilito con il medico curante

2) è indispensabile avere tempo e personale infermieristico disponibile per addestrare i pazienti.

Infine rimane un punto importante che lo studio recensito in questa pillola non ha avuto la possibilità di chiarire (nè questo era il suo scopo): non è noto se l'autogestione della terapia antipensiva sia in grado, nel lungo periodo, di ridurre mortalità e morbilità associate all'ipertensione.


Renato Rossi


Bibliografia

McManus RJ et al. Effect of self-monitoring and medication self-titration on systolic blood pressure in hypertensive patients at high risk of cardiovascular disease: The TASMIN-SR randomized clinical trial. JAMA 2014 Aug 27; 312:799.







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