Ridurre il sale nello scompenso cardiaco e' davvero utile?
Data:
Argomento: Medicina Clinica


Uno studio osservazionale suggerisce che la restrizione dell'introito di sodio consigliata nei pazienti con scompenso cardiaco potrebbe essere dannosa in coloro che non assumono farmaci agenti sul sistema renina-angiotensina.


In linea generale le linee guida consigliano di ridurre l'introito di sale nei pazienti con scompenso cardiaco per non aggravare la ritenzione idrica. 

Ma questa pratica comporta una riduzione della mortalità e della morbilità?

Per determinarlo sono stati analizzati i dati dello studio denominato Multihospital HF Adherence and Retention Trial [1] in cui erano stati arruolati 902 pazienti con scompenso cardiaco in classe II o III secondo la classificazione NYHA. Il follow up dello studio era di 3 anni.

La quantità di sodio assunta con la dieta veniva valutata tramite un questionario periodico. 

Si è visto che la restrizione dell'introito di sodio (inferiore a 2,5 grammi/die) era associata ad un aumento della mortalità o del rischio di ricovero per scompenso cardiaco (42% versus 26%).

Tale aumento era dovuto essenzialmente ad un aumentato rischio di ricovero per scompenso cardiaco dell'82%, mentre l'aumento della mortalità cardiaca e della mortalità totale non raggiungevano la significatività statistica.

Gli autori, analizzando i dati, hanno evidenziato anche che l'effetto negativo della restrizione di sodio era limitato ai soggetti che non erano in trattamento con farmaci agenti sul sistema renina-angiotensina (aceinibitori e antagonisti del recettore dell'angiotensina).


Che dire? 

Lo studio non è risolutivo in quanto non si tratta di un trial clinico randomizzato e controllato 
ma di uno studio osservazionale i cui risultati possono essere stati influenzati da vari tipi di bias. Per esempio la quantità di sale assunta con la dieta era determinata tramite un questionario e si basava quindi su quanto riferito dai pazienti e potrebbe non essere del tutto affidabile. 
Per questo gli autori auspicano che venga effettuato un RCT per stabilire la reale necessità di una pratica ampiamente consolidata e consigliata ma che manca delle necessarie evidenze sperimentali. 

Insomma, come non di rado accade, il medico si trova di fronte ad un'area grigia di incertezza circa una prescrizione che non sappiamo se potrebbe essere utile oppure, al contrario, dannosa per i nostri pazienti. 

In conclusione si potrebbe dire così: la restrizione di sodio non sembra nè utile nè dannosa nei pazienti che assumono aceinibitori o sartani mentre potrebbe essere dannosa in chi non li assume. Anche se, per la verià, quasi tutti i pazienti con scompenso cardiaco, attualmente, sono trattati con i farmaci che agiscono sull'asse renina-angiotensina a meno che non vi siano controindicazioni o importanti effetti collaterali. Per cui gli effetti negativi della restrizione di sale sarebbero limitati a pochi pazienti.


Renato Rossi



Bibliografia

1. DoukkY R et al. Impact of Dietary Sodium Restriction on Heart Failure Outcomes. JACC Heart Fail. 2016 Jan;4:24-35







Questo Articolo proviene da Scienza e Professione - (Daniele Zamperini Medico)
http://www.scienzaeprofessione.it

L'URL per questa storia è:
http://www.scienzaeprofessione.it/modules.php?name=News&file=article&sid=1411