Vitamina D, calcio, fratture e altro (parte prima)
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Argomento: Medicina Clinica




Una rivisitazione su un argomento di grande interesse pratico: l'ipovitaminosi D e gli effetti della supplementazione vitaminica sulla prevenzione delle fratture, del rischio di caduta e delle neoplasie.



 Ci sono numerosissimi studi e altrettante revisioni sistematiche e metanalisi che hanno cercato di chiarire i rapporti tra livelli plasmatici di vitamina D, screening dell'ipovitaminosi D, supplementazione con vitamina D (associata o meno al calcio) e prevenzione delle fratture e dei tumori.

La questione è molto complessa e dibattuta e diventa difficile anche solo riassumerla nel breve spazio di una pillola.

Com'è noto la vitamina D è un pro-ormone che gioca un ruolo essenziale nell'assorbimento del calcio e pertanto viene ritenuta indispendabile per la salute dell'osso.
Tuttavia una metanalisi [1] che ha valutato gli effetti della supplementazione di vitamina D sulla densità minerale ossea ha mostrato che i benefici sono probabilmente minori di quanto si crede comunemente e che non è giustificato l'uso diffuso della supplementazione con vitamina D in soggetti senza fattori specifici di rischio di deficit per tale vitamina.

Numerose ricerche osservazionali suggeriscono che vasti strati della popolazione presentano un deficit di vitamina D. Vi è da dire tuttavia che non vi è ancora accordo generale su quale debba essere il cut off al di sotto del quale si può parlare di ipovitaminosi D.
Inoltre sono disponibili varie metodiche per la misurazione della vitamina D e uno studio ha dimostrato che il dosaggio della vitamina D può dare risultati non sempre affidabili [2].

Secondo lo IOM (Institute of Medicine) valori di 16 ng/mL garantiscono livelli di vitamina D sufficienti per almeno la metà della popolazione generale mentre a 20 ng/mL il 97,5% della popolazione risulta coperto; livelli superiori a 20 ng/mL non sembrano portare a vantaggi clinici significativi [3]. Secondo lo IOM livelli di vitamina D di 16 - 20 ng/mL garantiscono sia un buon assorbimento del calcio sia un buon controllo del paratormone.

Se si usano, al contrario, i valori definti dalla Endocrine Society americana [5] (valori normali compresi tra 30 e 100 ng/mL, valori insufficienti compresi tra 20 e 30 e carenza per valori inferiori a 20) si avrà che la maggior parte della popolazione presenta un test anormale. Infatti secondo questa impostazione si stima, sulla base di alcuni studi epidemiologici, che fino all'80% - 90% della popolazione generale sarebbe in uno stato di insufficienza o carenza di vitamina D. Si dovrebbe trattare tutte queste persone?
Queste linee guida infatti sono state criticate e definite premature [6].

Un interessante editoriale del New England Journal of Medicine [4], scritto da alcuni degli autori delle linee guida dello IOM, si chiede se questa pandemia di ipovitaminosi D sia reale. Tralasciamo le tecnicalità con cui gli autori spiegano la loro tesi perchè non adatte alle finalità di questa pillola. Contano però le conclusioni. Se si usano correttamente i valori suggeriti dallo IOM (Institute of Medicine) solo il 13% degli americani sarebbe a rischio di ipovitaminosi e meno del 6% avrebbe un vero deficit di vitamina D (valori sierici di 25(OH)D inferiori a 12,5 ng/ml). Usare questo valore come cut off per definire la carenza di vitamina D porterebbe, quindi, ad eliminare l'ipotetica pandemia.

Come si vede vi sono varie posizioni che dipendono dal fatto che al momento non sono disponibili dati da studi randomizzati che abbiano valutato se mantenere determinati livelli di vitamina D piuttosto che altri migliori esiti clinici rilevanti.

In generale si ritiene che valori inferiori a 10 ng/mL identifichino con sicurezza uno stato di carenza. Tuttavia non vi è consenso nel definire i valori ottimali di vitamina D. 
In altre parole non è noto se un determinato livello sia o meno "ottimale" per "quel" determinato individuo rispetto ad un altro. Esistono, per esempio, persone in buono stato di salute e del tutto asintomatiche, che presentano valori di vitamina D di 15 - 20 ng/mL o inferiori.

In questa incertezza diventa difficile fornire suggerimenti per il medico pratico, comunque nella terza parte di questa miniserie daremo alcuni consigli su come comportarsi di fronte ai diversi valori di vitamina D.


Renato Rossi


Bibliografia

1. Reid IR. Effects of vitamin D supplements on bone mineral density: a systematic review and meta-analysis. Lancet. 2014 Jan 11;383:146-55. 

2. Snellman G et al. Determining Vitamin D Status: A Comparison between commercially available assays. PLoS ONE 2010; 5(7):e11555. 

3. Ross AC et al. IOM (Institute of Medicine). 2011. Dietary Reference Intakes for Calcium andVitamin D. Washington, DC: The National Academies Press

4. Manson JE et al. Vitamin D deficiency. Is there really a pandemic?
N Engl J Med 2016 Nov 16; 375:1817-1820.

5. Holick MF et al. Evaluation, treatment, and prevention of vitamin D deficiency: An Endocrine Society clinical practice guideline. Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 2011.

6. Bouillon R et al. Optimal vitamin D status: a critical analysis on the basis of evidence-based medicine. J Clin Endocrinol Metab. 2013 Aug;98:E1283-304.  







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