La storia infinita della Legge 104: licenziato chi la usa per riposarsi
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Argomento: Normative di interesse sanitario





E’ legittimo il licenziamento del lavoratore che usufruisce del permess ex L. 104/92 per assistere la zia malata ma se ne resta a casa a riposarsi. Tale comportamento lede il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente. ( Cass. n. 18411/2019)


Un’ Azienda aveva documentato, tramite il ricorso ad investigazioni private, che un dipendente, in permesso retribuito ex L. 104/92, in due occasioni non era uscito di casa per l’ intera giornata, omettendo quindi l’ assistenza alla zia handicappata.

Il lavoratore sosteneva una "regolare assistenza alla zia come era abitudine, ad eccezione di alcune ore della giornata", smentito pero’ dalle prove testimoniali e dalle indagini investigative.
Licenziato, la Corte d’ Appello confermava il licenziamento.

Ricorreva avverso la sentenza d'appello il dipendente lamentando tra l'altro supposti errori da parte degli investigatori e la mancanza di piena prova sui fatti contestati.

La Cassazione, con sentenza n. 18411/2019, respingeva il ricorso del dipendente in quanto le censure sollevate erano finalizzate a un nuovo giudizio nel merito, non consentito in sede di legittimita’. 
"La Corte territoriale ha, con motivazione logicamente congrua, affrontato la questione relativa all'abuso dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 di due (dei quattro) giorni contestati al lavoratore osservando che la relazione investigativa prodotta dal datore di lavoro (e confermata dall'investigatore in sede di prova testimoniale) dimostrava che il *****, nelle giornate del 5 e 8 settembre 2015, non era uscito né entrato nella propria abitazione in orario compreso fra le 6.30 e le 21,00. 
Cio' strideva insanabilmente con le giustificazioni rese dai lavoratore in sede di audizione disciplinare (nell'ambito delle quali aveva dichiarato di aver prestato regolare assistenza alla zia come era abitudine, ad eccezione di alcune ore della giornata), considerato altresì che il dipendente non aveva mai dedotto di aver prestato assistenza in orario precedente le 6.30 o posteriore alle 21.00; inoltre, prova ulteriore (che si aggiungeva a quella "dirimente" innanzi citata) della mancata assistenza alla zia doveva ritenersi fornita dall'appostamento dell'investigatore altresi' nella strada ove era ubicata l'abitazione della zia, non esplicando incidenza determinante l'errore di due numeri civici quale sede dell'appostamento, trattandosi (come riferito dai testimoni) di strada "a senso unico e molto stretta", con numeri civici "adiacenti".

Confermato, quindi, il licenziamento del lavoratore.

Daniele Zamperini






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