Diagnosi di anemia all’elettrocardiogramma
Data:
Argomento: Medicina Clinica




Un recente studio coreano è il primo a evidenziare la possibile applicazione dei segnali elettrocardiografici per la diagnosi di condizioni sistemiche, nel caso specifico l’anemia.


La diagnostica con lettura automatica degli elettrocardiogrammi (ECG) risale a molti anni, peraltro con risultati di scarso rilievo. Recentemente, l’utilizzo degli algoritmi di intelligenza artificiale (IA) ha consentito una maggiore affidabilità e diversi studi ne hanno dimostrato l’efficacia nel decision making per quanto riguarda aritmie, disturbi di conduzione, sindromi coronariche acute, scompenso cardiaco.

ECG e anemia

L’anemia è causa di malattie cardiovascolari ischemiche e di scompenso cardiaco, inoltre si associa ad aumentata morbilità e mortalità cardiovascolare e outcome negativi in pazienti affetti da malattia renale cronica, sindrome coronarica acuta, sepsi, soprattutto negli anziani. Secondo alcuni autori potrebbe essere considerata un nuovo fattore di rischio cardiovascolare [1,2,3].
Lo screening, la diagnosi precoce e il monitoraggio dei soggetti a rischio potrebbero essere pertanto molto utili per prevenire le complicanze multi-organo ad essa riconducibili.
Diversi studi hanno evidenziato che l’anemia, provocando ridotto apporto di ossigeno al miocardio, modifica la morfologia dell’ecg, peraltro a livello minimale, con alterazioni non evidenziabili per l’occhio umano.
Un recente studio coreano, retrospettivo, multicentrico, è il primo a evidenziare la possibile applicazione dei segnali ecgrafici per la diagnosi di condizioni sistemiche, nel caso specifico l’anemia[4]. Gli autori, utilizzando un algoritmo di deep learning, hanno realizzato una mappa di sensibilità per identificare le regioni ecgrafiche più significative per la diagnosi di anemia moderata-severa (< 10 g/dL). La sensibilità della metodica è risultata pari al 90% e il valore predittivo negativo maggiore del 99%, performance migliori di quelle di test di screening validati come la mammografia e il sangue occulto nelle feci. Il valore predittivo positivo è risultato invece molto basso (15%), per la scarsa prevalenza dell’anemia nella popolazione esaminata. E’ previsto per questo uno studio prospettico in pazienti ad alto rischio.
Lo studio, che ha analizzato un data set di oltre 57.000 ECG, ha rilevato che i segni più significativi di anemia erano il basso voltaggio del QRS, la deviazione a dx dell’asse dell’onda T e l’aumento dell’intervallo QT corretto, attribuibili al ridotto apporto di ossigeno.
Secondo i ricercatori gli ECG potrebbero essere acquisiti anche da dispositivi indossabili come patch oppure orologi smart, soprattutto nei paesi senza adeguate infrastrutture per eseguire gli esami di laboratorio. Gli autori auspicano infine che il loro metodo consenta di comprendere le potenziali relazioni tra elettrofisiologia e altre malattie sistemiche.

Conclusioni

La possibilità di diagnosticare patologie non cardiache con l’ECG, strumento familiare per generazioni di medici, apre affascinanti prospettive.
Le aspettative nei confronti dell’IA e la propensione verso l’accettazione acritica dell’innovazione in quanto tale (il cosiddetto pro-innovation bias) rischiano peraltro di sottovalutare i rischi relativi di un utilizzo delle tecnologie non motivato da prove certe.
Ad esempio, lo studio in esame è retrospettivo, osservazionale, pertanto l’efficacia dello screening dell’anemia con l’ECG dovrà essere sottoposto a ulteriore valutazione/verifica, mediante lavori prospettici, metodologicamente robusti, su outcome clinici, eseguiti in contesti di pratica e pubblicati su riviste sottoposte al vaglio della peer review.
Nel caso specifico, il basso valore predittivo positivo della metodica segnala inoltre la necessità di un processo di stratificazione per individuare una popolazione di soggetti a maggior rischio di anemia,
ed anche con valori meno ridotti, sulla quale testare il sistema.
Oltre agli aspetti metodologici, si può inoltre osservare che ’eccessivo (af)fidarsi alle macchine rischia di mettere da parte la clinica: un’anemia inferiore a 10 g/dL non dovrebbe passare totalmente inosservata, per il pallore e anche per l’aumento della frequenza cardiaca, soprattutto in alcuni pazienti e sotto sforzo.
Anche l’idea che nei paesi a basso reddito o disagiati per motivi geografici sia più facile disporre e gestire algoritmi di IA piuttosto che eseguire un emocromo è abbastanza difficile da accettare.
L’IA sta cambiando il paradigma culturale della medicina,
le capacità analitiche degli algoritmi ci prospettano un possibile cambio di paradigma nel potere decisionale. Peraltro, solo l’integrazione tra la tecnologia e l’esperienza clinica dei professionisti della salute potrà consentire di utilizzare tecnologie effettivamente applicabili in contesti clinici reali anziché sperimentali.

Giampaolo Collecchia e Riccardo De Gobbi



Bibliografia

1) Kaiafa G et al. Is anemia a new cardiovascular risk factor ? Int J Cardiol 2015; 186: 117-24
2) Cattadori G et al. Heart failure and enemia: effects on prognostic variables. Eur J Intern Med 2017; 37: 56-63
3) Stucchi M et al. Anemia and acute coronary syndrome: current perspectives. Vasc Health Risk Manag 2018; 14: 109-18
4) Kwon JM et al. A deep learning algorithm to detect anaemia with ECGs: a retrospective, multicentre study. Lancet Digital Health 2020; 2: e358-67







Questo Articolo proviene da Scienza e Professione - (Daniele Zamperini Medico)
http://www.scienzaeprofessione.it

L'URL per questa storia è:
http://www.scienzaeprofessione.it/modules.php?name=News&file=article&sid=2171