Dalla Agenzia Europea Ambiente e dal NEJM due contributi che non possiamo ignorare
Il rapporto sull'inquinamento atmosferico della agenzia Europea per l'ambiente (AEA)(1) ed un interessante articolo del New England Journal of Medicine (NEJM)(2), entrambi pubblicati alcune settimane fa, forniscono dati, notizie ed indicazioni operative tra loro coerenti e molto utili per tutelare il nostro futuro e quello dei nostri figli.
Una premessa importante ed ancora poco nota ai non addetti ai lavori è che l'inquinamento atmosferico dovuto soprattutto al particolato (pm10 e pm 2,5), all'ossido di carbonio, ossido nitrico, ed ozono non si limita a danneggiare attraverso la induzione di processi infiammatori l’intero apparato respiratorio, ma arreca gravi danni anche all'apparato cardiovascolare, in particolare cuore e cervello, in un numero di soggetti superiore a quelli colpiti da malattie respiratorie legate all'inquinamento ambientale.
Tra le numerosissime ricerche sui danni cardiovascolari dell'inquinamento ci limitiamo a ricordarne alcune che hanno evidenziato i principali meccanismi attraverso i quali l’aria inquinata danneggia l’apparato cardio-circolatorio e cerebro-vascolare: stress ossidativo con fenomeni infiammatori vascolari e parenchimali , riflessi neurologici con disfunzione autonomica, disregolazione endocrina( da parte degli interferenti endocrini),disfunzione endoteliale, ipercoagulazione, trombosi,assottigliamento dello strato fibroso vasale, instabilità delle placche ateromasiche con loro rottura ed infiltrazione emorragica(3-6). Secondo i calcoli della AEA, riferiti al 2019 (quelli del 2020 non sono ancora pubblici e comunque saranno fortemente influenzati dai lockdown legati alla pandemia) in Europa ben 307.000 morti sarebbero direttamente conseguenti all'inquinamento atmosferico da particolato,40.400 da ossido nitrico e 16.800 da ozono.
Se i paesi europei avessero rispettato i limiti consigliati dall' OMS ( 5ug/m3), raggiungibili senza difficoltà da un punto di vista tecnologico, ma non raggiunti per scelte politico-economiche, la mortalità avrebbe potuto ridursi del 55% con 178 mila morte evitate.
Per ciò che concerne l'Italia i dati della AEA non sono confortanti:
La Pianura Padana è attualmente la area estesa più inquinata d’Europa ed i valori assoluti di morti in tutta Italia sono tra i più elevati per ciascuna fonte inquinante, mentre i valori pesati per il numero di abitanti vedono ai primi posti i paesi dell’est europeo…
Mortalità evitabile per particolato: L’Italia è al secondo posto per il numero assoluto di vittime in Europa dopo la Germania: 49.900 morti premature, equivalenti 504.500 anni di vita persi.
Mortalità evitabile per esposizione al biossio di azoto: L’Italia detiene il non invidiabile record europeo con 10.640 morti premature e 107.600 anni di vita persi.
Mortalità evitabile per esposizione all'ozono:anche in questo caso l’Italia è al secondo posto dopo la Germania per numero assoluto: 3.170 morti premature e 33.200 anni di vita persi.
Il NEJM esamina i dati del Global Burden of Disease(3) ricavati da ben 204 paesi a livello mondiale, secondo i quali nel 2019 l'inquinamento atmosferico avrebbe causato nel mondo 9 milioni di morti, il 61% dei quali dovuti a cause cardiovascolari, in particolare cardiopatia ischemica ed ictus. La prestigiosa rivista (2) osserva che questi dati sono probabilmente sottostimati in quanto prendono in considerazione solo i principali inquinanti atmosferici (ad esempio non forniscono dati precisi su pericolosi inquinanti quali metalli pesanti in particolare piombo mercurio arsenico e cadmio, composti organici volatili quali benzene ed altri, sostanze chimiche endocrino- mimetiche quali policlorobifenili, ftalati, perfluoroalchilici eccetera. Inoltre le elaborazioni del Global Burden debbono per forza di cose basarsi sui dati trasmessi dai singoli paesi molti dei quali hanno sistemi di rilevazione e di registrazione tuta alto che precisi e completi.
Dopo aver sottolineato l'enorme impatto delle malattie cardiovascolari sulla morbosità e mortalità mondiale ed aver ricordato come l'inquinamento atmosferico sia un fattore di rischio non meno importante di quelli tradizionalmente riconosciuti (diabete, dislipidemia, ipertensione, obesità), NEJM sottolinea che la comunità medica e scientifica dovrebbe dedicare alla riduzione dell'inquinamento atmosferico quantomeno lo stesso impegno che dedica a ridurre i fattori di rischio tradizionali, intervenendo attivamente presso istituzioni e governi.
Commento
I dati della AEA sono chiari ed univoci: non richiedono interpretazioni ma piuttosto azioni, precise e determinate. Un commento fortemente positivo lo merita la review pubblicata dal NEJM: una rivista tra le più autorevoli ed equilibrate al mondo scende in campo con decisione ( anche Lancet lo ha fatto recentemente (8). Il NEJM afferma con chiarezza che l'impegno dei medici e degli scienziati non può limitarsi a generiche esortazioni, ma deve tradursi in una costante azione- personale ed attraverso le rispettive società scientifiche- sui rispettivi governi e istituzioni per accelerare la transizione globale verso forme di energia pulita o comunque meno inquinante.
Il NEJM ricorda che è ormai dimostrato come la odierna società industriale avanzata abbia aumentato esponenzialmente l'inquinamento atmosferico, che è la principale causa dell'effetto serra, il quale attraverso un processo di riscaldamento globale aumenta ulteriormente l'inquinamento in un catastrofico circolo vizioso.
Il rapporto stretto tra inquinanti atmosferici e malattie cardiovascolari, malattie respiratorie e cancro non ci lascia alternative: dobbiamo schierarci non con questo o quel partito politico ma con tutti coloro che nelle più varie organizzazioni politiche culturali non si lasciano guidare da slogan o da visioni semplicistiche nella realtà ma dai problemi e dalle migliori strategie di soluzione.
Riccardo De Gobbi e Giampaolo Collecchia
Bibliografia
1) https://www.eea.europa.eu/publications/air-quality-in-europe-2021/health-impacts-of-air-pollution
2) Rajagopalan S., Landrigan P.: Pollution and the Heart N Engl J Med 2021;385:1881-92. DOI: 10.1056/NEJMra2030281
3) GBD 2019 Risk Factors Collaborators.Global burden of 87 risk factors in 204 countries and territories, 1990-2019: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2019. Lancet 2020; 396: 1223-49.
4) Al-Kindi SG, Brook RD, Biswal S, Rajagopalan S. Environmental determinants of cardiovascular disease: lessons learned from air pollution. Nat Rev Cardiol 2020; 17:656-72.
5) Brook RD, Rajagopalan S, Pope CA III, et al. Particulate matter air pollution and cardiovascular disease: an update to the scientific statement from the American Heart Association. Circulation 2010; 121:2331-78.
6)Rajagopalan S, Al-Kindi SG, Brook RD. Air pollution and cardiovascular disease: JACC state-of-the-art review. J Am Coll Cardiol 2018;72:2054-70.
7) Lippmann M, Chen LC, Gordon T, Ito K, Thurston GD. National Particle Component Toxicity (NPACT) initiative: integrated epidemiologic and toxicologic studies of the health effects of particulate matter components. Res Rep Health Eff Inst 2013;177:5-13.
8) Nick Watts, Markus Amann, Nigel Arnell, et Al.: The 2020 report of The Lancet Countdown on health and climate change: responding to converging crises Published online December 2, 2020 https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)32290-