Benefici a lungo termine della terapia antipertensiva
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Argomento: Medicina Clinica


A lungo termine la terapia antipertensiva, pur non aumentando la sopravvivenza totale, riduce i decessi da cause cardiovascolari. Recenti dati lo confermano.

La terapia antipertensiva prolunga la vita?
La domanda è meno banale di quello che si potrebbe pensare a prima vista in quanto non vi sono molti studi che abbiano valutato l'impatto degli antipertensivi sul lunghissimo termine.

A colmare questa lacuna arrivano ora i risultati dello studio SHEP (1985-1988) che aveva arruolato circa 4700 pazienti ipertesi (età media 72 anni) trattati con placebo oppure clortalidone (più eventualmente atenololo). Al termine dello studio a tutti i partecipanti venne consigliato di assumere la terapia antipertensiva.
Ad un controllo a 22 anni di distanza dalla fine dello studio si è visto che il gruppo inizialmente trattato aveva un guadagno di vita, mediamente, di 105 giorni e un intervallo libero da morte cardiovascolare maggiore.
Anche se non vi era differenza per quanto riguarda la sopravvivenza da mortalità totale, la mortalità da cause cardiovascolari risultava minore nel gruppo inizialmente trattato.
Qualcuno potrebbe obiettare che i benefici della terapia antipertensiva non sembrano molto evidenti visto che nel lungo periodo la mortalità totale era simile nei due gruppi.
A questo rilievo gli autori rispondono come segue:
1) è ovvio che tanto più si prolunga il follow up tanto più è probabile che i partecipanti allo studio muoiano per una qualche ragione
2) il fatto che la terapia antipertensiva abbia ridotto comunque la mortalità cardiovascolare è già un risultato importante perchè significa che i pazienti trattati hanno potuto godere di più di buona salute, se non di una vita più lunga
3) i partecipanti allo studio erano già vecchi quando furono arruolati: se si fosse iniziato il trattamento prima si può pensare che i benefici sarebbero stati maggiori, da cui il consiglio di iniziare precocemenete la terapia antipertensiva

Che dire?
Il ragionamento degli autori ci sembra condivisibile.
John Maynard Keynes, a chi gli faceva notare che le sue teorie economiche non erano praticabili nel lungo periodo, replicava che nel lungo periodo siamo tutti morti. Lo stesso si può dire per gli RCT: è intuitivo che più si prolunga il follow up e più è probabile che la mortalità totale fra i vari bracci del trial sia sovrapponibile.
Se è vero, però, che di qualcosa bisogna pur morire e che comunque la terapia antipertensiva non ci prolunga la sopravvivenza, è anche vero che è senz'altro preferibile vivere i giorni che ci restano liberi da eventi cardiovascolari che potrebbero avere conseguenze molto gravi.
Si pensi, per esempio, all'impatto sulla qualità di vita di un ictus grave o di uno scompenso cardiaco in fase avanzata.

Renato Rossi
Bibliografia
Kostis, JB, Cabrera J, Cheng JQ et al. Association between chlorthalidone treatment of systolic hypertension and long-term survival. JAMA 2011; 306:2588-2593







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