Ritardato intervento nell' infarto aggrava il rischio di scompenso
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Argomento: Medicina Clinica


Nei pazienti con infarto miocardico ad ST sopraelevato una riduzione del ritardo di cateterizzazione è associato ad una riduzione del rischio di comparsa di scompenso cardiaco.

Il tempo che intercorre tra la comparsa dei sintomi dell'infarto miocardico e il trattamento è associato ad un aumento del rischio di comparsa di scompenso cardiaco?

Alcuni ricercatori danesi hanno misurato il rischio di scompenso cardiaco congestizio in circa 8.000 pazienti che erano stati sottoposti ad angioplastica percutanea (PCI) a causa di un infarto miocardico con sopraelevazione del tratto ST (STEMI).
Il ritardo del trattamento è stato suddiviso in ritardo dovuto al paziente (dalla comparsa dei sintomi a quando il paziente si rivolgeva al servizio di emergenza) e ritardo dovuto al sistema sanitario (da quando entrava in funzione i sistema di emergenza all'entrata al reparto di emodinamica per eseguire il cateterismo cardiaco).
Il ritardo dovuto al sistema (ma non quello dovuto al paziente) è risultato associato ad un aumento di comparsa di scompenso cardiaco. In particolare quando il ritardo era inferiore ai 60 minuti il rischio era del 10,1%; se il ritardo era fra 61 e 120 minuti il rischio era del 10,6%; se fra 121 e 180 minuti il rischio aumentava al 12,3% e fra 181 e 360 minuti al 14,1%.
Gli autori ammettono però che, come in ogni studio non randomizzato, vi possono essere dei bias di selezione o altri fattori confondenti.
 
 
Fonte:
Terkelsen CJ et al. Health care system delay and heart failure in patients with ST-segment elevation myocardial infarction treated with primary percutaneous coronary intervention: Follow-up of population-based medical registry data. Ann Intern Med 2011 Sep 20; 155:361.
 
Commento di Renato Rossi
 
Come fanno notare gli autori, è noto che un intervento precoce nell'infarto miocardico riduce la mortalità. Ma, aggiungono, i risultati del loro studio suggeriscono che i benefici sono ancora maggiori in quanto intervenire al più presto con una PCI riduce anche il rischio che in seguito compaia uno scompenso cardiaco congestizio.
Vi è un dato che lascia perplessi, vale a dire che solo il ritardo legato al sistema e non quello dovuto al paziente sembra sia associato ad un aumento del rischio. Ci pare un dato difficile da spiegare e questo ci induce a ritenere che i risultati dello studio vadano interpretati con prudenza. Ma non nel senso che siano sbagliati in se stessi, quanto nel fatto che ogni ritardo ci sembra deleterio.
Il messaggio pratico, a nostro avviso, e per il resto già noto, è che il paziente con sospetto infarto miocardico deve rivolgersi immediatamente al Pronto Soccorso, senza perdere tempo a cercare il proprio medico curante o senza aspettare sperando che i sintomi regrediscano. Ma è altresì importante predisporre servizi di emergenza attrezzati sia per la diagnosi immediata sia per il pronto trasferimento al reparto di emodinamica.





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