La presenza di anomalie elettrocardiografiche in anziani asintomatici risulta comunque associata ad un aumento del rischio coronarico
Il calcolo del rischio cardiovascolare viene normalmente effettuato considerando vari e classici fattori (l'età, il sesso, il fumo, l'ipertensione, la colesterolemia, il diabete, etc.).
Il web permette l'uso di software che forniscono una stima del rischio personalizzando il calcolo per ogni singolo paziente.
Uno di questi software, appositamente sviluppato per la popolazione italiana, è reperibile al seguente indirizzo dell'Istituto Superiore di Sanità: http://www.cuore.iss.it/sopra/calc-rischio.asp.
Chi scrive lo trova molto comodo e di facile uso.
Tuttavia è noto che questi software possono sottostimare il rischio perchè non tengono conto di altre varabiabili che influiscono sulla possibilità di eventi cardiovascolari: obesità, familiarità per cardiopatia ischemica, elevati valori di proteina C reattiva, etc.
Ci sono inoltre evidenze che anche anomalie elettrocardiografiche asintomatiche possono migliorare la valutazione del rischio.
In uno studio osservazionale [1] sono stati arruolati 2192 soggetti (età compresa tra 70 e 79 anni) senza malattia cardiovascolare nota. Ai partecipanti è stato registrato un elettrocardiogramma di superficie di base e uno dopo 4 anni. Il follow up è durato in tutto 8 anni.
Si è visto che chi aveva anomalie elettrocardiografiche andava incontro con una maggior frequenza a cardiopatia ischemica. Le anomalie elettrocardiografiche riscontrate con maggior frequenza erano alterazioni minori dell'onda Q, ipertrofia ventricolare sinistra, aritmie (BEV, fibrillazione atriale), alterazioni del tratto ST e dell'onda T.
Trattandosi di uno studio osservazionale gli autori hanno corretto i dati per i maggiori fattori di rischio coronarico che altrimenti avrebbero potuto portare a gravi distorsioni nei risultati. Anche dopo questa correzione si è visto che le alterazioni elettrocardiografiche erano in grado di predire gli eventi coronarici: per le alterazioni minori dell'ECG vi era un aumento del 35%, per le alterazioni maggiori l'aumento era del 51%.
L'aggiunta del risultato dell'ECG ai tradizionali fattori di rischio portava a riclassificare oltre il 13% dei partecipanti inizialmente ritenuti a rischio medio. Curiosamemte però questa riclassificazione avveniva nella maggior parte dei casi verso il basso rischio e non verso il rischio elevato.
I risultati di questo studio ci dovrebbero convincere ad uno screening elettrocardiografico negli adulti-anziani asintomatici?
A nostro avviso la risposta è negativa, come d'altra parte suggerisocno le linee guida della United States Preventive Services Task Force [2].
In effetti non ci sono studi randomizzati e controllati che abbiano confrontato screening con ECG versus non screenig. Pertanto non sappiamo se lo screening sia in grado di migliorare gli outcomes coronarici o non porti piuttosto a sovratrattamenti. In teoria, sulla base dei risultati dello studio recensito in questa pillola, si potrebbe anche ipotizzare che l'aggiunta dell'ECG alla classica valutazione del rischio porti a una riclassificazione verso il basso con potenziale rischio di mancato trattamento.
Nondimeno spesso i pazienti vengono sottoposti ad ECG, non tanto per screening ma perchè esistono alcune condizioni cliniche che consigliano l'esame (per esempio l'ipertensione o il diabete).
In questa evenzienza riteniamo sia opportuno tenere nel debito conto eventuali anomalie elttrocardiografiche riscontrate (per esempio alterazioni del tratto ST, aritmie ventricolari, ipertrofia ventricolare sinistra, etc.) considerando che il paziente potrebbe avere un rischio coronarico maggiore di quanto non evidenziato dal calcolo tradizionale.
Renato Rossi
1. Auer R et al. Association of major and minor ECG abnormalities with coronary heart disease events. JAMA 2012 Apr 11; 307:1497-1505.
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5323