Responsabilita' sanitaria da omessa informazione (sentenza)

Il medico di struttura pubblica, nell' attuare una terapia prescritta da altro sanitario specialista, deve informare chiaramente ed esaurientemente il paziente dei rischi che corre. In mancanza di corretta informazione, il sanitario e l' Azienda Sanitaria ne rispondono, a prescindere dal corretto svolgimento del trattamento stesso. Nessuna responsabilità, invece, per il professionista che ha prescritto la terapia.

La recente sentenza della Cassazione ( III Civ., n. 5444 del 14/3/2006) contiene una serie di spunti molto interessanti.
Si trattava di una paziente sottoposta a terapia radiante in quanto affetta da una grave forma tumorale. La terapia radiante costituiva una cura corretta, per tale patologia, tuttavia in quel caso aveva determinato complicazioni che avevano portato al decesso della donna.
La Corte ha ritenuto la sussistenza della responsabilità dei sanitari per il solo fatto che la paziente, a causa del deficit di informazioni sulle implicazioni della terapia di cui si tratta, non era stata messa in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle implicazioni dello stesso.
Per la configurazione di questa responsabilita', e' del tutto indifferente la correttezza (o meno) del trattamento; tale correttezza e' rilevante per l' esclusione di altri tipi di responsabilita' (legati al concreto svolgimento della prestazione), ma non per la responsabilita' da incompleta informazione.
Viene ribadito, quindi, che la condotta omissiva derivante dalla violazione dell' obbligo del consenso informato che illustri le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente venga sottoposto, comporta, qualora tali conseguenze si verifichino, una responsabilita' professionale del sanitario.
Il consenso informato deve essere chiaro e comprensibile anche a persone mancanti di specifica cultura tecnica, per cui l' informazione fornita circa la possibile insorgenza di "stipsi" non e' idonea ad informare sul rischio di insorgenza di "occlusione intestinale", termini che, nel comune parlare non possono essere considerati sinonimi.
La responsabilita' dell' informativa spetta, in particolare, al sanitario che va ad effettuare la prestazione; e' stata esclusa la responsabilita' dello specialista che, effettuata la diagnosi, aveva prescritto tale terapia radiante: " L' obbligo del consenso informato" stabilisce la Corte " e' a carico del sanitario che, una volta richiesto dal paziente dell' esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia secondo la lex artis di accogliere la richiesta e di darvi corso, a nulla rilevando che la richiesta del paziente discenda da una prescrizione di altro sanitario".

E' interessante sottolineare anche che, benche' i sanitari operassero in regime libero-professionale (c.d. "intramoenia") la Corte ha ritenuto che la ASL ne dovesse ugualmente rispondere a titolo di responsabilita' contrattuale, avendo essa messo a disposizione dei medici le proprie strutture ospedaliere e organizzative.
Daniele Zamperini - Guido Zamperini