"Scienza e Professione"
Mensile di informazione e varie attualita' - Reg. Trib. Roma n. 397/2004 del 7/10/2004
Resp.:   Daniele Zamperini  O.M. Roma 19738 - O. d. G. Lazio e Molise 073422   

Il bambino con ritardo nel linguaggio

Uno dei problemi più grandi nell’affrontare il ritardo del linguaggio nei bambini è la diagnosi del problema stesso. In primo luogo, infatti, il disturbo non è definito in maniera univoca: le statistiche stesse parlano infatti di una incidenza del ritardo del linguaggio sulla popolazione nell’ordine di 1-32% dei bambini. Questo perché i criteri di diagnosi del disturbo del linguaggio non sono stabiliti precisamente. Del resto l’altissima comorbilità del ritardo del linguaggio con altri problemi psichiatrici quali l’autismo, e l’alta percentuale di remissione spontanea del disturbo rendono estremamente difficoltoso il processo decisionale del medico.

Bisogna distinguere tre differenti possibilità: la prima prevede uno sviluppo del linguaggio tipico, nei tempi previsti, senza problemi. La seconda possibilità prevede invece uno sviluppo del linguaggio tipico ma ritardato, traslato nel tempo. Rientrano tutti quei casi in cui il bambino comincia a parlare dopo, ma senza disturbi particolari. Nel terzo caso rientrano tutti i casi con più o meno gravi disturbi della parola. La differenza sostanziale fra lo sviluppo normale ed uno patologico, quindi, non è il tempo necessario al bambino per cominciare a parlare (o non solo), ma la qualità del linguaggio che il bambino riesce (o non riesce) a produrre.
Ipotizziamo a questo punto una madre che vada dal proprio medico perché il bambino di un anno e mezzo (statisticamente le prime parole dovrebbero comparire intorno ad un anno) non parla ancora.
Il medico si trova davanti ad una decisione non facile. Da un lato, le statistiche non definiscono regole certe. Potrebbe essere il classico caso di ritardo semplice della parola, e quindi risolversi autonomamente da li a poco. Dall’altro caso potrebbe trattarsi di una patologia più seria, ed un intervento tempestivo potrebbe aiutare molto il bambino.
Come può fare il medico a decidere se il bambino è da inviare o meno a fare analisi più approfondite?

Alcune linee guida (indicazioni, tutt’altro che esaustive), possono essere le seguenti:
Prima di tutto è importante l’acquisizione della storia completa del parto e della gravidanza. Problemi che sono sovvenuti in queste fasi possono aver compromesso alcune abilità del bambino; parto prematuro, asfissia, infezioni congenite, possono aver danneggiato il sistema nervoso, i centri di produzione ed elaborazione del linguaggio o le capacita di gestione dei sistemi produttori. L’otite ricorrente è statisticamente una causa di un ritardo nello sviluppo del linguaggio, come una meningite batterica.

Una storia di sordità familiare, del resto, potrebbe essere importante nel ritardo della formazione della parola per una questione sia di ereditarietà che di ambiente sociale.

Uno studio del sistema nervoso centrale, ma soprattutto delle strutture dell’orecchio, del naso e della gola sono estremamente importanti per sapere se la difficoltà dipende dal sistema centrale o se è una difficoltà dei centri di produzione del linguaggio periferici.

È inoltre importante raccogliere indizi di eventuali menomazioni all’apparato uditivo (una delle cause della mancata articolazione di suoni intelligibili), mediante l’osservazione dei comportamenti del bambino.

Questi indizi, come già affermato tutt’altro che esaustivi, possono dare al medico una traccia da seguire per decidere se il bambino debba essere mandato a fare accertamenti o se è il caso di attendere qualche tempo.

Guido Zamperini
Fonte: Jamiu O. Busari, Nielske M Weggelaar
BMJ 2004; 328:272-6