3 Responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale:
distinzione e tentativi di superamento
Le due ipotesi di responsabilità per danni che qui
interessano, quella contrattuale e quella extracontrattuale, sono tradizionalmente
distinte e contrapposte per la differente disciplina che le caratterizza, anche se non
mancano in dottrina tentativi di superamento della distinzione in oggetto.
Accennerò brevemente alla distinzione per chiarire i
punti della successiva analisi.
Si ha illecito extracontrattuale -o aquiliano, dal
nome della Lex Aquilia che disciplinava nel diritto romano tale responsabilità- quando
sussista la violazione di un diritto o di una situazione giuridica tutelata in modo
assoluto -erga omnes-, mentre si ha responsabilità contrattuale -o da inadempimento-
quando ci si trovi al cospetto della violazione di un diritto relativo[1].
Si deve tenere presente che comunque l'espressione Qcontrattualef,
riferita alla seconda delle due ipotesi di responsabilità, non deve far pensare alla
necessaria sussistenza di un contratto, integrandosi gli estremi della categoria di
responsabilità in oggetto anche quando si verifichi comunque l'esistenza di un pregresso
rapporto obbligatorio, a prescindere dalla fonte dell'obbligo violato: delitto, contratto,
atto unilaterale, o altro.
Peraltro, la
chiarezza della distinzione parrebbe offuscata dal costante estendersi della sfera di
responsabilità contrattuale[2], soprattutto
quando si ponga attenzione agli artt. 1374 e 1375 cod. civ.[3], che rispettivamente disciplinano
l'integrazione del contenuto obbligatorio del contratto -relativa alle conseguenze
derivanti dalla legge, o in mancanza dagli usi e dall'equità- nonché l'esecuzione
secondo buona fede. Nella misura in cui quest'ultima risulta decisiva per la
determinazione del contenuto dell'obbligazione, risulta agevole apprezzarne il contributo
alla forza espansiva della relativa responsabilità ex contractu.
Le rilevanti
differenze di disciplina che si sogliono ricollegare alla succitata distinzione,
abbracciano sia l'onere della prova che il termine prescrizionale della relativa azione di
responsabilità, nonché gli effetti giuridici relativi al risarcimento del danno.
Quanto alla prima delle tre differenze, l'onere della
prova nell'illecito contrattuale è caratterizzato dalla presunzione di colpa nel caso
d'inadempimento, superabile solo ove il debitore provi che l'inadempimento o il ritardo
non sono a lui riferibili per impossibilità della prestazione
derivante da causa a lui non imputabile. Pertanto all'attore sarà chiesto di provare il
suo credito e la scadenza dell'obbligazione, mentre sarà il debitore che dovrà
dimostrare l'impossibilità della prestazione per una causa a lui non imputabile per
potersi liberare da responsabilità. Nell'illecito extracontrattuale l'onere della prova
non è caratterizzato dalla presenza della presunzione, ma dall'osservanza della regola di
principio secondo la quale l'onere di provare i fatti costitutivi della propria pretesa
spetta a colui che l'avanza: è su colui che pretende il risarcimento dei danni che grava
il relativo onere. Cosicché l'attore dovrà provare che il comportamento del convenuto
gli ha provocato un danno e che tale comportamento è stato caratterizzato da dolo o colpa
(salvi i casi di c.d. responsabilità aggravata o per fatto altrui)[4].
Venendo ora alla
seconda delle differenze succitate, in specie quella inerente al termine prescrizionale,
l'azione di responsabilità per l'illecito extracontrattuale si prescrive in cinque anni,
mentre quella per l'inadempimento dell'obbligazione nell'ordinario termine decennale.
Quanto alla
determinazione del danno risarcibile, vi è un ulteriore differenza da apprezzare,
ricollegata al mancato richiamo, nell'art. 2056 cod. civ.[5], dell'art. 1225 cod. civ.[6]
Infatti l'art. 2056, disciplinante la valutazione dei danni nell'illecito
extracontrattuale, richiama al I c. le disposizioni degli artt. 1223, 1226 e 1227 cod.
civ.[7], relativi rispettivamente alla
configurazione del risarcimento del danno emergente e del lucro cessante in quanto
conseguenza immediata e diretta, la valutazione equitativa del giudice in mancanza della
possibilità di provare il danno nel suo esatto ammontare, la proporzionale diminuzione
del risarcimento dovuto per concorso colposo del creditore nonché, infine, l'esclusione
del diritto al risarcimento per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando
l'ordinaria diligenza.
E' agevole pertanto notare, in questo breve excursus
dei criteri di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, richiamati dall'art.
2056 cod. civ., la mancanza dell'ulteriore criterio della prevedibilità del danno di cui
all'art. 1225 cod. civ., secondo il quale il risarcimento è limitato al danno prevedibile
nel tempo in cui è sorta l'obbligazione ove l'inadempimento o il ritardo non dipendano
dal dolo del debitore. Sicché la limitazione ai danni prevedibili fissata dalla norma
appena richiamata, non si applica all'illecito extracontrattuale; con riguardo a
quest'ultimo la valutazione del danno risente piuttosto dell'esatta configurazione del
criterio di causalità tra l'atto e l'evento dannoso, sul quale si svolgeranno
osservazioni più approfondite nel paragrafo relativo.
Peraltro,
secondo alcuni[8], nell'ottica di una tesi di
parziale vanificazione delle consistenti differenze di disciplina tra le due forme di
responsabilità, la formulazione dell'art. 1225 cod. civ. consentirebbe, nonostante il suo
mancato richiamo ad opera dell'art. 2056 cod. civ., l'estensione della norma anche
all'illecito aquiliano sulla base della sussistenza dell'identità di ratio. A sostegno di
tale argomentazione si cita anche il caso dell'affermata applicabilità dell'art. 2236
cod. civ. all'illecito extracontrattuale[9],
precisando che il mancato esplicito richiamo della norma non significa l'affermazione
dell'assoluta impossibilità di applicazione della norma stessa, non costituendo ostacolo
insormontabile la semplice mancata indicazione.
A prescindere
dall'accennata contrapposizione dottrinale sull'asserita possibilità di superamento[10] della distinzione tradizionale tra
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, nel segno dell'auspicabile uniformità
di disciplina, e venendo ad un ulteriore profilo attinente al tema di fondo, si discute in
dottrina e in giurisprudenza sulla configurabilità del concorso delle due
responsabilità.
Secondo un'autorevole Autore[11], coloro che in passato si sono
pronunciati in senso negativo, fondando la loro argomentazione ora sulla forza assorbente
dell'obbligazione, ora sul rischio che la tesi affermativa potrebbe compromettere
l'efficacia del contratto, in realtà poggiano il loro pensiero su di un errore di
prospettiva, al quale bisogna replicare osservando che i contraenti Qnon
prevedono certo l'azione dannosa di uno di essi e le relative conseguenzef,
pertanto non ne risulta in alcun modo compromessa l'efficacia del contratto; e ancora
considerando la mancanza di incompatibilità tra i due rimedi, non appare giustificabile
l'esclusione della ricorribilità ad entrambi.
Ad una
esclusione dell'ipotesi di concorso osta anche un ulteriore considerazione: ove ricorrano
e i presupposti della responsabilità aquiliana e quelli della responsabilità
contrattuale, non si vede per quale motivo l'interessato non possa scegliere quale rimedio
esperire.
All'ulteriore obiezione secondo la quale il
legislatore sancisce formalmente la possibilità di scelta tra due rimedi, quando intende
concederla, si oppone, secondo l'Autore, una precisa replica: il legislatore prevede
esplicitamente la possibilità di scelta quando la seconda ipotesi sia configurata come speciale[12]
rispetto a quella Qprincipalef,
mentre in questo caso sussistono autonomi e indipendenti requisiti per l'esercizio delle relative azioni.
Pertanto si deve concludere per la configurabilità
del concorso di azioni, sussistendo in capo all'interessato la facoltà di esercitare sia
la prima che la seconda delle azioni, ovvero assieme od alternativamente entrambe.[13]
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha poi
sottolineato anche altri aspetti del problema, osservando che <<la deduzione degli
estremi oggettivi e soggettivi della responsabilità è sufficiente ad indicare la
"causa petendi" di entrambe le forme di
responsabilità>>[14], evitandosi
in tal modo che la tutela del danneggiato, sotto il profilo dell'azione per
responsabilità contrattuale, sia impedita dall'intervenuta prescrizione dell'azione di
responsabilità extracontrattuale.
Altri autori hanno sostenuto che motivi per una
soluzione opposta sarebbero da rinvenire nel principio secondo il quale la norma che
tuteli in modo specifico un interesse prevarrebbe su altra disciplinante genericamente la
difesa dell'interesse medesimo, e ancora che la situazione particolare esplicitamente
voluta dalle parti, che si instaura con il contratto, assorbirebbe in essa la più
generica tutela offerta da altre norme, conseguendone l'inapplicabilità del concorso.
A tali posizioni ha replicato peraltro il De Cupis[15], osservando come non appaia
giustificabile la tesi della specialità della tutela apprestata in modo specifico da
talune norme con forza esclusiva dell'altra garantita da norme generali, poiché non si
vede come potrebbe ritenersi implicitamente posta una rinuncia alla tutela generale -ex
art. 2043 cod. civ.- per il solo fatto di
aver concluso un contratto, costituendo quest'ultimo un mezzo per conseguire un
rafforzamento, non già un esclusione, della propria tutela giuridica.
A margine delle
osservazioni sopra illustrate, può essere interessante affrontare un caso specifico[16], per la soluzione del quale la
Suprema corte di Cassazione ha operato in modo da avvallare le tesi qui precedentemente
prospettate.
Si tratta del delicato caso di un neonato che ha
subito un danno cerebrale dovuto alla prolungata permanenza del feto nel corpo materno.
Tale danno sarebbe stato evitabile operando attraverso un taglio cesareo tempestivo. La
sentenza del Tribunale di Torino, fondandosi sull'applicabilità dell'art. 1 cod. civ.,
negava la responsabilità contrattuale dell'ente ospedaliero, in quanto il soggetto
passivo non avrebbe potuto concludere validamente un contratto con l'ente medesimo prima
della nascita; al contrario, riteneva sussistente una responsabilità extracontrattuale,
peraltro non più azionabile per l'intervenuta prescrizione.
La Corte d'Appello di Torino, investita in secondo
grado, negava la sussistenza di entrambe le responsabilità, sostenendo che il fatto della
nascita si qualificava come presupposto ineliminabile per l'acquisto della capacità
giuridica, non sussistendo la quale nessuna azione poteva essere esercitata. Appare in
tutta la sua evidenza la delicatezza che la fattispecie sottoposta alla Corte di
Cassazione manifestava.
La scelta operata dai giudici della Suprema Corte ha
adottato percorsi diversi, identificando anzitutto il verificarsi del danno solo in parte
al momento precedente la nascita, sostenendo piuttosto il suo verificarsi con la nascita,
andando pertanto ad incidere su di un soggetto giuridicamente capace. A fronte di una
situazione particolare, nella quale non sussistevano comunque più gli estremi dell'azione
di responsabilità extracontrattuale, data l'intervenuta prescrizione, la Corte ha
giocoforza intrapreso la via dell'affermazione di una responsabilità contrattuale, in
linea con le odierne tendenze, evitando però di configurare un contratto a favore di terzo, bensì
riconoscendo l'esistenza di una <<contratto con effetti protettivi a favore del
terzo>>[17].
Dagli elementi
fin qui esposti, peraltro sommariamente, emerge una conseguenza interessante sotto il
profilo dell'evoluzione delle forme di responsabilità, dovendosi notare come di fatto con
questa pronuncia si sottraggano, alla consueta area dei danni da responsabilità
extracontrattuale, fatti dannosi che al contrario vengono ricompresi nella categoria della
responsabilità contrattuale, a conferma dell'evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale
in atto.
Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it
membro dello Studio Legale
Consumerlaw
[1] A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Cedam, 1989, 205 e
segg.
[2] A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, in Comm. del Cod. Civ. Scialoja e Branca, art. 2043,
Bologna-Roma, 1993, 37 e segg.
[3] Art. 1374. - Integrazione del contratto
Il contratto obbliga
le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che
ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità.
Art. 1375. - Esecuzione di buona fede
Il contratto deve
essere eseguito secondo buona fede.
[4]
A. TORRENTE P. SCHLESINGER, Manuale di diritto
privato, XIV ediz., Milano, 1994, 639; sul punto si veda anche A. DE CUPIS, op. cit., in Comm. del Cod. Civ. Scialoja e Branca, art. 2043,
Bologna-Roma, 1993, 34 e segg.
[5] Art. 2056. - Valutazione dei danni
Il risarcimento
dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223,
1226 e 1227.
Il lucro cessante è
valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.
[6] Art. 1225. - Prevedibilità del danno
Se l'inadempimento o
il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che
poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione.
[7] Art. 1223. - Risarcimento del danno
Il risarcimento del
danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal
creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.
Art. 1226. - Valutazione equitativa del danno
Se il danno non può
essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione
equitativa.
Art. 1227. - Concorso del fatto colposo del creditore
Se il fatto colposo
del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la
gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Il risarcimento non
è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria
diligenza.
[8] G. VISENTINI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale,
in Enc. giur. Treccani, Roma 1990, 4; in senso
negativo R. SCOGNAMIGLIO, in Novissimo digesto
ital., voce Responsabilità civile, XV,
Torino, 1968, 672 e segg.
[9] Sul punto si
era già espressa favorevolmente Cass. civ., sez. un., 6 maggio 1971, n. 1282, sul punto
si veda M. ANTINOZZI, Responsabilità medica,
in Dir. e prat. assicur., 1988, 171.
[10]
Cfr. sul punto anche l'opinione favorevole di P. RESCIGNO, op. cit., 206 e segg., nonché la posizione di F.
GIARDINA, Responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale: una distinzione
attuale?, in Riv. critica dir. privato,
1987, 79 e segg. Secondo quest'ultimo Autore anche la stessa configurazione del possibile
concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sarebbe da intendere come
segno della difficoltà di mantenere una distinzione suscettibile di superamento. La
stessa difficoltà rappresentata dalla tradizionale distinzione tra obbligazioni Qdi
mezzif
e Qdi
risultatof,
in corso di superamento, contribuirebbe a sottolineare la fondatezza della sua tesi,
suffragata anche dal progressivo avvicinamento in punto di onere della prova.
[11] R.
SCOGNAMIGLIO, op. cit., 677 e segg.
[12] Il
riferimento è alle ipotesi di cui all'art. 1385 cod. civ.
[13] Cfr. per i
riferimenti giurisprudenziali Cass. civ. sez. III, 19 gennaio 1996, n. 418: QE'
ammissibile il concorso tra la responsabilita' contrattuale e quella extracontrattuale
di fronte ad un medesimo fatto che violi contemporaneamente non soltanto
diritti derivanti dal contratto, ma anche i diritti spettanti alla persona offesa
indipendentemente dal contratto stesso. (Nella specie la
S.C. ha confermato la sentenza impugnata la quale aveva affermato il concorso della
responsabilita' contrattuale ed extracontrattuale
nei confronti del destinatario della
merce trasportata, rispettivamente, del
vettore e del custode, al quale il primo aveva consegnato
la merce che poi era
stata smarrita)., Soc. Alitalia c. Soc.
Gallone, in Giust. civ. Mass., 1996, 85; in Danno e resp., 1996, 611 nota (SIMONE). E ancora,
Cass. civ., sez. III, sent. 9705 del
06/10/1997: Q[
]
con la conseguenza che la omissione di tale dovere di informazione genera, in capo al
medico, nel caso di verificazione dell'evento
dannoso, una duplice forma di responsabilita', tanto contrattuale quanto aquilianaf.
[14] Nella specie
di lamentato danno da ipoacusia, la cassazione ha ammesso a carico del
datore di lavoro il cumulo tra
responsabilita' aquiliana per infortunio sul lavoro e quella contrattuale propria del rapporto di
lavoro subordinato. Si tratta della sentenza della Cass. civ. sez. lav., 23 giugno 1994,
n. 6064, Capitani c. Soc. Scac, in Foro it. ,
1995, I, 201; in Giur. it., 1995, I, 1, 412.
Nello
stesso senso cfr. Cass. civ. sez. lav., 5 ottobre 1994, n. 8090 De Mico c. Soc. S.C.A.C.-Societa' Cementi
Armati Centrifugati, in Giust. civ. Mass.,
1994, 1191 (s.m.).
Per
un caso di responsabilità professionale dei sanitari si veda anche Tribunale Vicenza 27
gennaio 1990: QE'
ammissibile il concorso di responsabilita' contrattuale
ed extracontrattuale nel caso di lesione di diritti assoluti determinati da
attivita' esecutive di prestazioni
professionali in campo sanitario., Sossella e altro c. USL n. 9 Basso Vicentino, in Nuova giur.
civ. commen., 1990, I, 734 (nota).
[15] A. DE CUPIS, op. cit., in Comm. del Cod. Civ. Scialoja e Branca, art. 2043,
Bologna-Roma, 1993, 40 e segg.
[16] Si tratta
della pronuncia della Cass. civ., III sez., 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, 1, I, 550, con nota di D. CARUSI,
Responsabilità contrattuale ed illecito anteriore
alla nascita del danneggiato.
[17] A. PINORI, Contratto con effetti protettivi a favore del terzo e
diritto di nascere sano, in Giur. it.,
1995, 1, I, 321. Nota a margine della sen. Cass. civ., III sez., 22 novembre 1993, n.
11503.