La responsabilita’ del fumo passivo ricade sul datore di lavoro

Se il datore di lavoro non fa quanto e’ in suo potere per eliminare i danni del fumo passivo, risponde per negligenza, ed e’ tenuto a risarcire i danni

Se il lavoratore non-fumatore ha richiesto ripetutamente al datore di lavoro  di fare rispettare il divieto di fumo nell’ ambiente lavorativo, e questi non ha fatto nulla ed anzi ha tenuto un comportamento ''negligente in termini di doveri di protezione'', e’ possibile chiedere il risarcimento del danno qualora si verifichino conseguenze negative per la salute. Questo principio e’ stato sottolineato dalla Corte di Cassazione (Sezione Lavoro) che ha respinto il ricorso presentato dalla Rete ferroviaria italiana, oppostasi alla richiesta  di una ausiliaria di stazione in servizio a Lecce la quale affermava di aver subito un danno alla salute avendo contratto una serie di affezioni nella stanza d'ufficio satura di fumo di sigaretta.  Si trattava di malanni quali rinite cronica, crisi asmatiche e faringite per cui era stata in malattia per un periodo prolungato con il conseguente taglio di un terzo della retribuzione. Il danno alla salute era stato comprovato da una adeguata certificazione medica per cui la Suprema Corte confermava che se il lavoratore si e' sempre lamentato invano dell’ inosservanza del divieto di fumo, e da questo fumo derivava un danno alla salute, la richiesta di risarcimento era del tutto legittima. La lavoratrice otteneva quindi il reintegro della decurtazione stipendiale e il risarcimento vero e proprio del danno alla salute.

Fonte: ADNkronos