Bypass coronarico o angioplastica: i risultati dello studio SYNTAX
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Argomento: Medicina Clinica


Il follow up a lungo termine dello studio SYNTAX suggerisce che il bypass rimane la scelta migliore nei casi di lesioni coronariche complesse, nei casi di lesioni meno complicate l'angioplastica (PCI) può essere una valida alternativa.
 

In una pillola precedente abbiamo già riportato i risultati ad un anno dello studio SYNTAX [1] in cui erano stati arruolati 1800 pazienti affetti da stenosi della coronarica principale sinistra o di tre vasi.

I partecipanti erano stati randomizzati a PCI (con stent medicato) oppure a by-pass coronarico. L'end-point primario era costituito da morte da ogni causa, infarto, stroke o necessità di rivascolarizzazione nei 12 mesi successivi alla randomizzazione. Per ogni paziente veniva determinato se la rivascolarizzazione poteva essere eseguita con entrambi i metodi. I pazienti che, per ragioni cliniche o anatomiche, potevano essere sottoposti solo ad una delle due metodiche venivano inseriti in un registro parallelo di PCI o by-pass.
L'end-point primario si manifestò nel 17,8% del gruppo PCI e nel 12,4% del gruppo by-pass (p = 0,002), soprattutto per una minore necessità di rivascolarizzazione (13,5% vs 5,9%). Lo studio era di non inferiorità per cui non si è riusciti a dimostrare la non inferiorità della PCI versus il by-pass.
A 12 mesi la morte e l'infarto miocardico erano simili nei due gruppi, mentre il rischio di stroke era maggiore nel gruppo by-pass (2,2% vs 0,6%; p = 0,003).
Un rischio maggiore di eventi cardiaci e cerebrali si osservò nel gruppo PCI nei pazienti con malattia coronarica più grave, ma non nel gruppo by-pass: l'end-point primario, in questo sottogruppo di pazienti, si ebbe rispettivamente nel 23% e nell'11% dei casi.
 
Vengono ora pubblicati i risultati a cinque anni [2].
 
L'endpoint primario si verificò nel 26,9% del gruppo bypass e nel 37,3% del gruppo PCI.
L'infarto miocardico e la necessità di ripetere la rivascolarizzazioni furono meno frequenti nel gruppo bypass (rispettivamente 3,8% e 13,7%) che nel gruppo PCI (rispettivamente 9,7% e 25,9%).
La mortalità totale invece non differiva tra i due gruppi.

Per tali motivi gli autori concludono che nei pazienti con lesioni coronariche complesse il bypass rimane il trattamento di scelta.

Tuttavia nei soggetti con lesioni meno complesse oppure con interessamento della coronaria principale sinistra la PCI può essere un'alternativa ragionevole. Infatti in questi pazienti l'endopoint primario non differiva sostanzialmente tra bypass e PCI.
 
Che dire?
 
Ci sembra ancora valido quanto si scrisse in precedenza [1]. Se è vero che il bypass è la soluzione da preferire nei casi con lesioni più complesse mentre nei casi meno impegnativi si può consigliare sia il bypass che la PCI, vanno comunque tenuti in considerazione due punti. Anzitutto le preferenze del paziente che, pur con indicazioni forti per il bypass, potrebbe optare per la PCI in quanto intervento meno invasivo. E, in secondo luogo, va considerato che talora l'anatomia delle lesioni o le condizioni cliniche possono far diventare la PCI o il bypass una scelta quasi obbligata.
 
Renato Rossi
 
Bibliografia
 
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4489
 
2. Mohr FW et al. Coronary artery bypass graft surgery versus percutaneous coronary intervention in patients with three-vessel disease and left main coronary disease: 5-year follow-up of the randomised, clinical SYNTAX trial. Lancet 2013 Feb 23; 381:629





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