Anastrozolo per la prevenzione del cancro mammario
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Argomento: Medicina Clinica


Lo studio IBIS-II dimostra che anastrozolo riduce l'incidenza di cancro mammario in donne in post-menopausa ad alto rischio di sviluppare questa neoplasia.

In alcune pillole precedenti abbiamo visto come sia i modulatori selettivi dei recettori per gli
estrogeni (tamoxifene, raloxifene, arzoxifene e lasofoxifene) sia l'exemestane (un inibitore dell'aromatasi) siano in grado di ridurre l'incidenza di cancro mammario in donne ad alto rischio per lo sviluppo di questa neoplasia [1,2].

E' ora il turno dell'anastrozolo (un altro inibitore dell'aromatasi) che è stato testato in uno studio controllato, in doppio cieco, denominato IBIS-II.
Sono state reclutate quasi 4000 donne (età 40-70 anni), randomizzate a ricevere anastrozolo (1 mg per os/die) oppure placebo per 5 anni.

L'endpoint primario dello studio era la comparsa di carcinoma mammario istologicamente accertato.
L'analisi è stata effettuata secondo l'intenzione a trattare.

Al termine dello studio un cancro mammario si è sviluppato nel 2% delle donne del gruppo anastrozolo e nel 4% delle donne del gruppo placebo: riduzione del rischio relativo del 53%, statisticamente significativa.
Non si è registrata una differenza statisticamente significativa per i decessi totali (18 nel gruppo anastrozolo e 17 nel gruppo placebo).
Secondo gli autori questi risultati suggeriscono l'uso dell'anastrozolo a scopo profilattico in donne in post-menopausa ad alto rischio di sviluppare un cancro mammario.

Un editorialista, nel suo commento, si chiede se in realtà lo studio IBIS-II non rappresenti che un modesto passo in avanti, in quanto circa due terzi dei benefici dell'anastrozolo si sono avuti in tumori svelati con lo screening mammografico (che come è noto comporta una certa percentuale di sovradiagnosi), per cui un'eventuale riduzione della mortalità specifica legata alla chemioprevenzione sembra piccola [4].

Che dire?

Nello studio non si è registrata una riduzione della mortalità totale, per cui acquistano importanza, al fine della decisione se intraprendere o meno la profilassi, i noti effetti collaterali della terapia antiestrogenica.
Ovviamente vale l'obiezione che lo studio ha avuto una durata troppo breve per poter dimostrare una riduzione della mortalità che, invece, potrebbe rendersi manifesta con un periodo di osservazione più prolungato.

In conclusione, i dati a nostra disposizione indicano che le varie opzioni proposte per la chemioprevenzione primaria del cancro mammario in donne ad alto rischio sono efficaci nel ridurre l'incidenza di questa neoplasia. Per ora non c'è una dimostrazione che a questo corrisponda una riduzione della mortalità, anche se, come s'è detto, questo potrebbe dipendere dai follow up troppo brevi degli studi per un outcome così hard.
Un punto critico è la soglia di rischio oltre la quale consigliare la chemioprevenzione, soglia che varia tra le diverse linee guida.
Per esempio alcuni consigliano di usare il modello di Gail e di proporre il trattamento se il rischio di sviluppare un cancro mammario a 5 anni supera il valore di 1,66%, altri innalzano tale soglia al 3%.
Considerando che la chemioprevenzione non è esente da effetti collaterali associati ai vari farmaci è naturale che la decisione dovrà essere presa in accordo anche con le preferenze della paziente.



Renato Rossi


Bibliografia

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5825

2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5279

3. Cuzick J et al. Anastrozole for prevention of breast cancer in high-risk postmenopausal women (IBIS-II): an international, double-blind, randomised placebo-controlled trial. Lancet 2014 Mar 22; 383:1041-1048.

4. Cameron DA. Breast cancer chemoprevention: little progress in practice?. Lancet 2014 Mar 22; 383:1018-1020.






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